mercoledì 18 dicembre 2019

Bambini sottratti, in Germania l’incubo chiamato ‘Jugendamt’


Articolo di Marco Gregoretti, pubblicato da Imola Oggi il 17 dicembre 2019
‘Jugendamt’ è l‘ente tedesco con poteri assoluti e tristemente noto a tanti genitori italiani




 Della sua storia si sono occupati a lungo i giornali. Le hanno cucito addosso un racconto “criminale” di mamma che aveva rapito i figli. L’hanno perfino portata due volte nel carcere milanese di San Vittore. Una ingiustizia da togliere il fiato. Ma di quel che è capitato non ha più tanta voglia di parlare. Di certo c’è che non vede i figli da quasi dieci anni, di fatto rapiti dalla cattiveria burocratica di uno Stato straniero, quello tedesco, contro cui l’Italia, con una diplomazia tappetino, tribunali accondiscendenti, forze dell’ordine costrette a eseguire provvedimenti assurdi, non fa nulla. ”Signora!”si sentiva ripetere negli uffici “con tutto quello che c’è in ballo con la Germania, non possiamo certo metterci a fare questioni per restituire a una mamma la possibilità di riabbracciare i figli”. Quella donna, sembrano dire l’ex marito tedesco e le istituzioni, non è più vostra madre. Scordatevela, dimenticatevela. Piuttosto andate in un istituto.

Ecco perché Marinella Colombo milanese, con la sua associazione (sportello Jugendamt), che lavora in sinergia con altre due associazioni, una francese e una svizzera, è diventata la combattente perpetua contro lo Jugendamt, l’ente che, in maniera totalmente discrezionale, senza controllo, senza controparte “amministra la gioventù” in Germania. E la amministra proseguendo il modello organizzativo realizzato dal Terzo Reich per porre sotto controllo del commissario politico locale (che oggi non c’è più, naturalmente) tutte le amministrazioni e gli operatori a contatto con bambini e adolescenti.



Nella legge fondamentale tedesca si legge: “Lo Jugendamt lavora nell’ambito dell’autonomia dei comuni così come garantita dall’articolo 28”. E ancora, tanto per far capire come questa istituzione abbia potere di vita e di morte sulle famiglie: non esiste un supervisore e lo Jugendamt, che controlla la famiglia e la giustizia famigliare, si autocontrolla. Ergo: se dalla Germania arriva l’ordine di portare via un figlio a una madre e di arrestare la madre, le forze dell’ordine italiane devono eseguire nel giro al massimo di 48 ore. Se una madre o un padre italiani fanno un ricorso presso un tribunale tedesco per riavere o rivedere i figli, possono passare anche alcuni mesi prima che arrivi una risposta. Che sarà quasi sicuramente negativa.

Non basta lo Jugendamt cerca, a volte con successo, di andare a riprendere dei bambini in un altro Stato. A una coppia, lei francese e lui tedesco, è successo che un funzionario dello Jugendamt, dopo dieci anni, sia andato a suonare alla porta della loro casa francese. “Andatevene, siete in uno stato straniero” ha urlato la madre al telefono quando ha saputo dalla figlia maggiorenne (l’altra, minorenne, per fortuna era a scuola) che cosa fosse accaduto. Ancora qualche giorno dopo sotto casa sostava un’automobile nera con targa tedesca.

Sono decine, centinaia, forse migliaia, i bambini prelevati senza possibilità di opposizione, dallo Jugendamt, e messi in istituti ove possono restare anche anni senza che la famiglia sappia che fine abbiano fatto. Soprattutto quando uno dei due genitori non è tedesco. Per loro fortuna la coppia franco-tedesca era in contatto con Marinella Colombo.

“Quando mi hanno portato via i mie due figli “dice a Nuova Cronaca Colombo “mi sono detta: per ogni mio figlio che non vedo più, ne devo salvare dieci. Ci siamo: ne ho fatti rientrare a casa sottraendoli alle manipolazioni tedesche, almeno venti”. Recentemente è riuscita restituire il sorriso a un papà, un operaio italiano. È padre di un figlio avuto da una donna rumena. Lei è scappata in Germania nel 2017 inventando un castello di false accuse. “Ci sono voluti due anni, ma questa battaglia l’abbiamo vinta” conclude Colombo. “Ora quella donna è di nuovo in Italia, nella città dove vive il padre del bambino. Che può vedere quando vuole”.

A trent’anni dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia ancora troppi minori senza tutela e diritti

A trent’anni dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia ancora troppi minori senza tutela e diritti 
di Cristiana Muscardini


Il 20 novembre 1989, trenta anni fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, composta da 54 articoli e da tre protocolli opzionali che riguardano il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, la vendita di bambini e il loro utilizzo in attività pornografiche e di prostituzione, e le procedure di reclamo. Questo è stato il primo documento nel quale sono elencati tutti i diritti che devono essere riconosciuti ai bambini di tutto il mondo. Ad oggi la Convenzione è stata ratificata da 196 Stati e il 20 novembre, ogni anno, viene ricordato con la giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Purtroppo ancora oggi sono più di 380 milioni i bambini che non hanno una minima istruzione, più di 220 milioni i bambini che lavorano e spesso effettuano lavori pericolosi e più di 20 milioni le bambine o adolescenti costrette a matrimoni forzati, più di un milione i bambini vittime di sfruttamento sensuale. Numeri spaventosi, realtà agghiaccianti non solo per quello che questi bambini subiscono ma anche perché non potranno diventare i portatori di una società migliore avendo subito così tanta ingiustizia e violenza. Il mondo si sta tranquillamente privando del suo futuro non tutelando i più piccoli e deboli e distruggendo l’ambiente. Ma a questo breve ma spaventoso elenco mancano altri bambini, altri numeri fortunatamente più piccoli ma comunque inquietanti, i bambini strappati ingiustamente alle loro famiglie nelle tante Bibbiano non solo d’Italia e manca qualunque riferimento a quel triste istituto tedesco, lo Jugendamt, in italiano “Amministrazione per la gioventù”, strutturato durante il nazismo e mai abolito, ma anzi potenziato.
Questa istituzione affida sempre i bambini al genitore tedesco in caso di separazione e spesso a famiglie affidatarie tedesche, se i genitori sono entrambi stranieri, per esempio italiani emigrati in Germania. Non importa dove è nato il bambino e quale nazionalità abbia. Dopo sei mesi di residenza in Germania questi bambini diventano proprietà tedesca. I genitori così “cancellati” non avranno più nessun contatto con il bambino, ma solo l’obbligo di pagare. Con il genitore straniero viene cancellata anche la lingua e la cultura non tedesca, così come tutto quel ramo familiare.
Tutto questo è possibile in barba a Convenzioni e Regolamenti, semplicemente con un semplice stratagemma interpretativo: in Germania l’interesse superiore del minore coincide con la sua permanenza in quel paese e con la sua educazione tedesca, anche se per questo perderà i genitori. Ormai sempre più voci si levano parlando di “germanizzazione”.
I membri dell’Unione Europea tacciono, fingono di non sapere o minimizzano.
L’Italia, nonostante le centinaia di vittime italiane, è il Paese più silenzioso. Sia i governi di centro destra, sia quelli di centro sinistra non hanno mai mosso un dito per difendere i diritti dei bambini sottratti dallo Jugendamt, sia direttamente, sia imponendo tali scelte ai tribunali.
La Convenzione resta un caposaldo importante, ma la politica sembra decisa ad accontentarsi di aver scritto una serie di buone intenzioni. Nei fatti le violenze e le ingiustizie contro i bambini continuano anche in quei paesi dove il livello di civiltà e cultura dovrebbe averle azzerate, bambini violentati nel corpo e nella mente dalla pedopornografia, bambini usati come corrieri della droga, bambini rapiti da assistenti sociali corrotti o impreparati, bambini che vivono nel degrado di case senza igiene e anche bambini italiani che lo Jugendamt si porta via nel più totale silenzio delle nostre autorità.