martedì 23 ottobre 2018

Comunicazione di servizio




Comunicazione di servizio del 23 ottobre 2018
Dedicata a tutti coloro che interessano ai bambini italiani abbandonati dallo Stato italiano e a quelli ostaggio dello Stato tedesco.






















Qui di seguito un breve aggiornamento.

-       Dalla Germania arrivano nuove richieste di aiuto ormai con cadenza quasi ingestibile;

-       Molti di quei genitori, nostri concittadini, hanno ormai capito di essere in trappola;

-       Molti dei loro bambini sono stati affidati al genitore tedesco e, se entrambi i genitori sono italiani, ad una famiglia affidataria tedesca. In entrambi i casi i bambini perdono ogni contatto con il/i genitore/i italiano/i e vengono germanizzati;

-       Anche i bambini residenti in Italia, dopo una visita in Germania, vengono trattenuti;
-      Gli avvocati tedeschi, sempre più spesso, trasformano un caso di sottrazione internazionale in una disputa sull’affido, trasferendo così la competenza giurisdizionale in Germania … dove il genitore non-tedesco perde per definizione;

-         Aumentano anche i casi di bambini con disabilità che vengono tolti al/ai genitore/i non-tedesco per essere rinchiusi in psichiatria o in altri centri dove regrediscono. Ai genitori non è dato sapere con certezza quali farmaci vengono loro somministrati. Spesso si tratta di farmaci ancora in fase sperimentale;

-         Le sottrazioni avvengono anche senza decisione giuridica, solo perché così ha deciso e attuato lo Jugendamt (=Amministrazione per la Gioventù e assolutamente NON servizio sociale);

-        Se il genitore tedesco si è reso colpevole di reati penali, il procedimento penale viene archiviato e l’affido trasferito ugualmente al genitore tedesco. L’insistenza e la preoccupazione del genitore non-tedesco vengono usate in tribunale contro di lui;

-        Gli uomini tedeschi iniziano a prediligere la fecondazione in vitro così, in caso di separazione dalla compagna/moglie non tedesca, è più facile procurarsi un decreto nel quale il giudice tedesco sentenzia che “l’unico genitore biologico del bambino è il padre tedesco” (!). Inutile aggiungere che anche di questo abbiamo i documenti.

A tutto questo, il Parlamento Europeo reagisce con una richiesta di risoluzione contro la Germania e le discriminazioni perpetrate da decenni dal sistema familiare di quel paese.
Speriamo che si arrivi ad una netta presa di posizione inequivocabile nella riunione plenaria del novembre 2018.

Invece la reazione dello Stato italiano con l’attuale Governo non ha purtroppo ancora dato nessun segno di cambiamento, rispetto ai Governi precedenti:

-         Si parla spesso e volentieri di inasprimenti delle pene e delle incarcerazioni, dimenticando (?) che questo peggiorerà, anziché risolvere il problema, per via della diversa applicazione nei vari Stati, delle stesse Convenzioni e Regolamenti;

-         La Farnesina dice (come da sempre) di seguire con attenzione ogni caso, ma, nella migliore delle eventualità non fa nulla, nella peggiore aiuta il genitore straniero (non-italiano);

-        Gli avvocati italiani, ignari dei codici di procedura degli altri Stati, procedono come se in tutti i tribunali del mondo ci si comportasse in maniera esterofila come in quelli italiani, con il risultato che il bambino perde ogni legame e contatto con l’Italia e il suo genitore italiano;

-         I Tribunali Italiani emettono decreti (quando li emettono!) il cui filo conduttore è la convinzione che il futuro migliore per un bambino italiano sia quello di crescere lontano dall’Italia. Di conseguenza ignorano anche tutti gli studi sul "concetto di residenza abituale" nel caso di un neonato;

-         I Consoli italiani non sanno (?) che esiste una Convenzione di Vienna, dunque non si recano alle udienze dei loro concittadini all’estero e ancora meno ricordano di esercitare il loro ruolo di Giudice tutelare del minore italiano all’estero; I rari consoli che si comportano onestamente e in favore dei loro concittadini vengono “bacchettati” dall’Ambasciata italiana di riferimento;
-          Le Ambasciate italiane insistono nell’atteggiamento di negazione della realtà: “il problema non esiste”;

-       Tanto per complicarci la vita, l’Italia, unico paese in Europa, prevede che per l’emissione o il rinnovo del passaporto del genitore italiano (del genitore, non del bambino!) serva il consenso scritto dell’altro genitore, magari quello del genitore che è sparito con il figlio comune e non sia reperibile.
Abbiamo presentato una petizione al Parlamento europeo. Chiunque voglia firmare può mandarci la sua mail alla quale invieremo il testo e il modulo firme.

In Italia tutte le persone sensibili, le Associazioni umanitarie, le Onlus a vario titolo, ecc. si preoccupano dei minori non accompagnati o dei bambini africani: quelli Italiani sono figli di nessuno, in ogni caso non sono buoni per fare incetta di donazioni.

Stiamo indefessamente e ripetutamente tentando di sensibilizzare il nuovo Governo su questo tema.

Iscrivetevi al blog, vi terremo aggiornati.

domenica 14 ottobre 2018

Incompatibilità tra diritti di famiglia italiano e tedesco

Incompatibilità tra diritti di famiglia italiano e tedesco: 
ricadute sul processo nostrano per reati endofamiliari. 
Brevissime note
di 
Francesco Trapella
(Avvocato a Rovigo – Assegnista di ricerca in
Diritto processuale penale, Università di Ferrara)


La famiglia è un valore che rientra nell’ordine pubblico europeo: sia il diritto dell’Unione, sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo la pongono a fondamento del tessuto sociale, quale luogo di crescita e di formazione dell’individuo.
            Nel 1993, ad esempio, nel caso Hoffman, la Corte di Strasburgo si è concentrata sull’idea di educazione, come diritto/dovere dei genitori ad indirizzare i figli e, al contempo, diritto dei figli ad essere guidati verso un traguardo di convinzioni etiche, sociali o religiose che permetta loro un proficuo accesso alla vita associata.
            Ancora, e sempre procedendo per esempi, l’art. 33 della Carta di Nizza protegge espressamente la vita familiare, facendo seguito alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 14 marzo 1984, alla Convenzione dell’Aja del 1996 o alla Decisione del Consiglio 2003/93/CE (19 dicembre 2002) che si occupano di tutelare le relazioni tra genitori e figli.
            Insomma, i diritti europei si occupano della famiglia, nelle sue molteplici sfaccettature: l’educazione dei giovani, il ruolo dei genitori (di entrambi: quindi viene esaltato il valore della bigenitorialità), la posizione – personale e patrimoniale – dei figli, ecc.
            Da questa premessa deriva che tutti i Paesi che aderiscono ora all’Unione europea, ora alla Convenzione dei diritti riconoscono e tutelano la famiglia. Se così non fosse, gli ordinamenti nazionali si porrebbero in contrasto con quelli europei, con successivo stravolgimento delle regole gerarchiche tra le fonti.
            Quanto appena detto, però, non significa che tutti gli Stati europei prevedano per la famiglia identici meccanismi di salvaguardia o, più in generale, che regolino allo stesso modo il rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini.
            Esempio di ciò si ha nel confronto tra gli artt. 30 e 31 della nostra Costituzione e l’art. 6 della Grundgesetz tedesca.
Il lessico del legislatore costituente nostrano è ricco di verbi che rimandano al campo semantico della protezione: “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” (art. 30 Cost.); “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia” (art. 31, comma 1, Cost.);protegge l’infanzia, la maternità, la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” (art. 31, comma 2, Cost.).
Diversa è la scelta terminologica compiuta dalla Legge fondamentale tedesca: “il matrimonio e la famiglia godono della particolare protezione dell’ordinamento statale. La cura e l’educazione dei figli sono un diritto naturale dei genitori ed un precipuo dovere che loro incombe. La comunità statale sorveglia la loro attività” (art. 6, §§1 e 2, Grundgestez); Contro il volere degli aventi il diritto all’educazione, i figli possono essere separati dalla famiglia solo in base ad una legge, nel caso in cui gli aventi il diritto dell’educazione vengano meno al loro dovere o nel caso che, per altri motivi, i figli corrano il rischio di essere trascurati” (art. 6, §3, Grundgesetz).
            Protezione nel senso di agevolazione della crescita familiare, da un lato; protezione come sorveglianza dello Stato sui doveri genitoriali, dall’altro.
            Tanto basta a rendere legittima, in Germania, una struttura statale con ampi poteri di ingerenza sulle famiglie, che partecipa ai giudizi di fronte al tribunale per i minorenni o all’autorità giudiziaria civile in qualità di parte. Ne deriva – volendo esemplificare – che in contenziosi del genere, i genitori dinanzi al giudice sono tre: i due biologici, e l’Amministrazione per la gioventù (in lingua tedesca, Jugendamt).
            Il lungo preambolo conduce al tema in argomento: immaginando, in Italia, un processo penale per reati endofamiliari a dimensione sovranazionale che coinvolga un nostro cittadino e uno tedesco, quali sono le ricadute che derivano su di esso dalla diversità dei due diritti di famiglia? L’esempio tipico è la sottrazione di minore: di due genitori, uno è italiano e l’altro tedesco; quest’ultimo conduce il figlio in Germania; si apre il processo in Italia per il reato previsto dall’art. 574-bis c.p.. A questo punto, ad esempio, la difesa dell’imputato vuole produrre alcune relazioni dello Jugendamt che attestano come il minore si sia integrato bene nel contesto tedesco, con ciò tentando di provare lo stato della necessità: il ragazzino è stato portato oltralpe perché era quella per lui la migliore soluzione possibile e l’Amministrazione per la gioventù tedesca lo conferma.
            Il giudice italiano deve porsi una duplice questione in ordine ai documenti che, in un caso del genere, gli vengono forniti dall’imputato: a) deve compiere il vaglio previsto dall’art. 190 c.p.p., arricchito, stavolta, dalla necessità di acclarare se quelle relazioni siano autentiche e, quindi, quale siano la loro provenienza e il loro contenuto; b) visto che l’art. 190 c.p.p. impone al giudice, tra le altre cose, di escludere prove vietate dalla legge e il successivo art. 191 c.p.p. dichiara inutilizzabile la prova illegittima, egli deve chiedersi se i documenti dello Jugendamt siano o meno conformi alla legge e ai principi costituzionali nostrani.
            Sotto quest’ultimo profilo, quindi, il giudice italiano dovrà compiere le medesime considerazioni svolte in queste pagine, apprezzando il divario tra le previsioni costituzionali italiane e il disposto della legge fondamentale tedesca sulla famiglia.
Altrimenti detto, l’idea di protezione in quanto sorveglianza è estranea all’ordinamento italiano, così come lo sono i poteri invasivi che l’Amministrazione per la gioventù tedesca esercita sulle famiglie.
            Ecco, quindi, che il giudice nostrano non può acquisire le relazioni dello Jugendamt: utilizzarle significherebbe, infatti, trarre informazioni utili al processo da un soggetto che è titolare di poteri sconosciuti al nostro ordinamento. Le attività svolte dall’Ufficio d’oltralpe sono ignote al diritto e al processo civili italiani; del pari ignote sono le relazioni che esitano da quelle attività.
            È dal 1973 che la Consulta ha stabilito che attività compiute in spregio dei diritti inviolabili del cittadino non possono essere assunte a giustificazione di atti processuali: è la nota sentenza 34/1973, da cui la dottrina ha mutuato la definizione di prova incostituzionale. Ed è ad essa che andrebbe ricondotto il documento redatto dallo Jugendamt, in quanto – si ripete – avulso dal sistema in Italia vigente per la regolamentazione dei rapporti intrafamiliari. 

lunedì 1 ottobre 2018

L'ONU e i bambini senza diritti in Europa

Adesso anche l'ONU conosce lo Jugendamt ed è al corrente di come in Europa i bambini vengano separati dai loro genitori, soprattutto se non-tedeschi.
Non accetteremo più commenti superficiali ed offensivi del tipo "se lo Jugendamt è intervenuto, ci sarà un motivo".
Ribadiamo infine che il termine JUGENDAMT non va tradotto e che lo Jugendamt non è un servizio sociale!
Un sincero ringraziamento all'Associazione Trieste United Ingo Inc. che si è fatta nostro portavoce e ha consegnato personalmente questo scritto presso le nazioni Unite.