Egr.
Sen. Rosetta Enza Blundo
abbiamo
avuto occasione di leggere il suo intervento con proposta di legge
relativamente alle sottrazioni
internazionali.
Le
scriviamo in qualità di responsabile dello Sportello Jugendamt
dell’Associazione Centro Servizi Interdisciplinare C.S.IN.Onlus, per
l’Associazione Enfants Otages e quale responsabile per le sottrazioni
internazionali della Onlus Federico-nel-cuore, ma anche di Avvocato penalista e
Assegnista di Ricerca in Diritto processuale penale, che si occupa – sia in
àmbito forense, che per attività di ricerca – di collaborazione investigativa e
giudiziaria con l’autorità straniera.
Ci
occupiamo da anni di sottrazioni internazionali, anche con stretti contatti con
il Parlamento Europeo. Per questo motivo scriviamo in copia anche
all’eurodeputato Eleonora Evi che sta lavorando a questa tematica dall’inizio
del suo mandato e nell’ambito di un gruppo di lavoro della Commissione Petizioni.
Condividiamo
con Lei, senatrice Blundo, che la situazione è grave e addirittura molto più drammatica di quanto vogliano
rivelarci le statistiche. Ai 231 casi di sottrazione di cui ufficialmente
si occuperebbe il Ministero degli Esteri, si aggiungono le centinaia o
piuttosto migliaia di casi di sottrazioni poi legalizzate dalla magistratura
italiana e straniera e le migliaia di casi di sottrazioni di bambini italiani
(o binazionali) che avvengono all’interno di altri paesi, non rientrando dunque
nelle statistiche, ma andando pesantemente a ledere i diritti – soprattutto
quello della propria identità e di mantenere il contatto con entrambi i
genitori – di un numero sempre crescente di bambini italiani.
Buona parte dei
bambini sottratti non rientrano in Italia non tanto perché le autorità estere
non eseguano il rimpatrio, ma prima di tutto perché l’Italia (le sue
istituzioni) non si attiva correttamente per ottenerlo. A questo si
aggiunge il fatto che in questo settore opera una folla di addetti incompetenti
in materia (tra cui certi avvocati e magistrati), persone cioè ignare delle
corrette procedure, ma soprattutto all’oscuro di come all’estero vengano
applicate le convenzioni. Aspettarsi che
un altro paese attui le convenzioni come lo fa l’Italia è il primo errore.
La stessa convenzione dell’Aja è stata ratificata in modo differente dai
diversi paesi e il Regolamento 2201/2003[1]
rimanda a codici di procedura completamente diversi fra loro.
In
altre parole SOLO l’Italia emette decreti di rimpatrio immediatamente esecutivi
con la forza dopo il primo grado di giudizio. Gli altri paesi MAI.
Già
solo una tale aspettativa (cioè il paese in cui è stato sottratto il bambino
applicherà la convenzione come lo fa l’Italia) può inficiare completamente
tutto il procedimento, mettendo il genitore italiano nella condizione di
vincere tutte le cause, ma non rivedere più suo figlio.
L’atteggiamento
delle nostre istituzioni è la prima causa dei mancati rimpatri e – peggio ancora
– della legalizzazione a posteriori delle sottrazioni, che dunque le stralcia
anche dalle statistiche. Espongo il problema di quello che ho voluto
eufemisticamente denominare “atteggiamento” nel seguente articolo: http://www.ilpattosociale.it/news/4116/Achtung-binational-Babies-La-legge-%C3%A8-uguale-per-tutti-ma-soprattutto-i-bambini-sono-tutti-uguali-.html
L’approccio
al problema “sottrazioni” è di tipo civilistico e penalistico. Se sul piano
civile il rimpatrio viene raramente eseguito, sul piano penale l’atteggiamento dell’Italia è ancora più preoccupante:
condannati in Italia per sottrazione internazionale sono solo i genitori italiani, addirittura quelli che legalmente portano
i bambini in Italia (l’Italia è
l’estero per i magistrati nostrani!), ma MAI i genitori stranieri, per i motivi
che cerco di riassumere qui di seguito.
Innanzi
tutto le procure italiane aprono procedimenti ex 574 bis contro i genitori
italiani che portano i bambini in
Italia, mentre praticamente mai contro quelli che portano i bambini fuori dall’Italia. Sia perché appunto
“a monte” i tribunali stranieri hanno criminalizzato lo spostamento legale verso l’Italia (quindi l’Italia, la sua
magistratura, segue pedissequamente gli ordini in arrivo dall’estero, senza verifica) e sia perché le querele
contro i genitori che hanno portato i bambini fuori dall’Italia vengono invece sbrigativamente archiviate dalle
nostre procure. Se sul piano civile gli spostamenti fuori dall’Italia vengono
legalizzati è poi molto difficile tenere in piedi un procedimento penale, molto
facile è il caso inverso. Così facendo si evitano anche litispendenze e confrontazioni
con i tribunali stranieri.
C’è
di più. Nei rari casi in cui il magistrato italiano procede penalmente contro
il genitore straniero, autore della sottrazione, l’attuale massimo edittale – e
conveniamo con Lei sulla necessità di innalzarlo oltre la soglia dei cinque
anni – impedisce al giudice italiano di applicare la più restrittiva delle
misure cautelari (la custodia in carcere): a cascata, ciò crea enormi
difficoltà nell’emissione di un mandato d’arresto europeo. Se, infatti, la
nostra legge di attuazione (la n. 69 del 2005) permette di accedere alla
procedura dell’euromandato sia per la custodia cautelare in carcere che per gli
arresti domiciliari, così non è per tutti gli Stati dell’Unione. Ne deriva che
la sola misura cautelare applicabile all’attuale art. 574-bis c.p. sono gli
arresti domiciliari, ma che per esso non
dappertutto è possibile l’esecuzione mediante mandato d’arresto europeo.
Altrimenti detto, lo Stato che non riconosce questa possibilità, è legittimato
a rigettare la richiesta italiana di consegna, così garantendo una sostanziale
impunità al reo.
A
cosa porterebbe dunque la sostituzione dell’art. 574 bis con il 605 bis? A un
aumento dei soprusi nei confronti di chi porta i bambini in Italia e comunque mai contro chi li porta all’estero.
C’è
inoltre un elemento molto più
preoccupante e l’impossibilità di
ottenere (in ambito civile) anche un
solo rimpatrio (cioè ancora meno dei già pochi) se si introducesse l’art. 605 bis.
I
tribunali stranieri applicano infatti, come si accennava più sopra, le
convenzioni alla lettera, cioè con uno spirito della legge molto diverso dal
nostro. Andando a controllare negli archivi e tra le pubblicazioni annuali
dell’ufficio dell’Aja per la cooperazione giudiziaria e in particolare della
sezione che si occupa di sottrazioni, si nota come il tribunale civile
straniero tenuto a giudicare se vada eseguito o meno il rimpatrio, utilizza
spessissimo l’art. 13 e 13 b della Convenzione Aja 1980 per negare il
rimpatrio. Il tribunale straniero si preoccupa del fatto che il bambino non
subisca, con il rimpatrio, un pregiudizio. Fino ad oggi il genitore straniero
doveva (spesso inventando) accusare quello italiano di essere un violento, per
poter ottenere il diniego del rimpatrio. Con questo eventuale 605 bis invece non
sarà più necessario, per il genitore straniero, dover mentire; basterà infatti
che per es. la mamma che ha lasciato l’Italia con il figlio faccia presente al
suo tribunale civile che, rimpatriando il bambino quest’ultimo perderà la
mamma, perché se la mamma torna in Italia verrà incarcerata (si tratta inoltre
di un reato procedibile d’ufficio, quindi a nulla servirà ritirare eventuali
querele). In questo modo il pregiudizio
nel quale il bambino incorre con il rimpatrio diventerebbe oggettivo, provato e
non rimovibile. Il tribunale civile straniero non potrà dunque che legalizzare
la sottrazione, privando così il genitore italiano di qualsiasi possibilità di
poter sperare in un rimpatrio, mentre l’Italia (dopo pochi mesi) perderà
anche la competenza territoriale di poter sentenziare sul caso.
Forse
le hanno spiegato che con il 605bis si potrebbe anche ottenere l’emissione di
un mandato d’arresto europeo per far arrestare ed estradare il genitore che ha
lasciato l’Italia con il figlio. Niente
di più falso. Se anche venisse emesso un mandato d’arresto europeo con
richiesta di arresto ed estradizione verso l’Italia, questo non avverrà mai,
perché molti paesi (e i loro codici di procedura) non prevedono l’estradizione
per i propri concittadini. Inoltre praticamente tutti i paesi hanno la facoltà
di non estradare il proprio concittadino se il reato di cui è accusato è stato
compiuto, anche solo in parte, sul territorio del paese di cui è cittadino:
questo è sempre il caso di una sottrazione che, iniziata in Italia, si conclude
nel paese straniero, dando quindi la possibilità di negare l’estradizione.
Il
meccanismo è semplice.
La
decisione quadro sul mandato d’arresto europeo (la n. 584 del 2002) colloca tra
le cause facoltative di rifiuto alla consegna del reo (all’art. 4) il fatto che
costui sia cittadino del Paese richiesto. Ovviamente questo Stato deve
garantire al richiedente che eseguirà la pena sul proprio territorio. Se, però,
per i tribunali di quello Stato il fatto per cui si procede non è reato (per
es. in Germania il codice penale prevede il reato di sottrazione solo quando un
bambino è portato fuori dal territorio tedesco, dunque il genitore tedesco che
sottrae il bambino italiano e lo porta in Germania non commette mai reato,
esattamente all’opposto di quello che succede in Italia, dove portando un
bambino dall’estero verso l’Italia si commette il reato di sottrazione
internazionale!) – e, quindi, a carico del reo ci sarà un’archiviazione o una
sentenza di proscioglimento – la pena non potrà essere eseguita, e l’impunità
sarà garantita al reo.
Cambiare
le “etichette” serve a poco. Collocare la sottrazione minorile dopo l’art. 605
c.p. è inutile, quando non dannoso, visto che depriverebbe l’illecito della
fisionomia di reato contro la famiglia. La vera novità – e su questo, si
ripete, si concorda – è innalzare i limiti edittali. Bene, quindi, il massimo
collocato ad almeno cinque anni: oltre ai positivi effetti in punto di
cooperazione con l’autorità straniera, esso permetterebbe di evitare, sul piano
processuale interno, il meccanismo della citazione diretta a giudizio e, così,
secondo le prassi di molti Tribunali, di affidare l’accusa in udienza ai VPO.
Si favorirebbe, così, il dialogo con il Magistrato togato, peraltro passando
per il filtro dell’udienza preliminare e così permettendo una migliore
definizione dell’addebito.
E’
sufficiente, cioè, un art. 574-bis c.p. con massimo edittale fissato in almeno
cinque anni, tenendo però presente il pregiudizio che il procedimento penale
può portare in ambito civile e in fase di decisione del rimpatrio.
In sostanza non è
introducendo l’articolo 605bis che si risolverà il problema delle sottrazioni,
ma imparando ad agire come fanno quei paesi che trattengono ogni bambino sul
proprio, legalizzando
la sottrazione.
E’
necessaria una formazione ad hoc per
gli avvocati, ma soprattutto è necessario che i nostri tribunali imparino a non
mandare all’estero i bambini italiani che subiranno con ciò un irreparabile
pregiudizio (perdita del genitore italiano), che vengano adeguatamente preparati
(troppi giudici non sanno cosa siano i certificati ex RE 2201/2003 per il
riconoscimento delle sentenze) e che reagiscano con la stessa velocità di
quelli stranieri nei casi di sottrazione, emettendo per esempio in 2-3 giorni
provvedimenti urgenti che certifichino l’illiceità del trasferimento, è
necessario che lo Stato italiano si faccia carico delle spese legali del
genitore italiano vittima di sottrazione (mentre allo Stato attuale accade il
contrario, il contribuente italiano paga le spese legali del genitore straniero
che viene in Italia a reclamare un bambino e questo indipendentemente dal suo
reddito) e che si precisi che la
sottrazione internazionale, possibilmente con aumento della pena, è per il
codice italiano il reato commesso nel portare un bambino fuori dall’Italia (indipendentemente
dalla sua residenza abituale, così come previsto dai codici degli altri Stati) e
non viceversa come accade oggi.
Speriamo
di essere stati sufficientemente chiari. E’ difficile concentrare in poche
righe un argomento così vasto, ma restiamo volentieri a sua completa
disposizione per ogni ulteriore approfondimento e in attesa di cortese riscontro.
Cordialmente
Dott.ssa
M. Colombo
Avv.
Francesco Trapella
[1] Ratifiche a confronto nel libro: http://www.bonfirraroeditore.it/saggistica/la-tutela-oltre-la-frontiera-detail.html