giovedì 13 agosto 2020

I bambini binazionali – che cosa dobbiamo sapere

 



In un mondo nel quale l’imperativo pare sia diventato, per scelta o per necessità, la “mobilità”, aumentano le coppie binazionali e le coppie italiane che si trasferiscono all’estero. Come “Sportello Jugendamt” (dell’associazione C.S.IN. Onlus), la cui finalità è il sostegno alle famiglie italiane in Germania, riceviamo moltissime telefonate di genitori disperati ai quali l’Amministrazione tedesca per la gioventù, il temuto Jugendamt (da non confondere con il Servizio Sociale!) ha sottratto i figli dopo il loro trasferimento in Germania. Molti di loro non capiscono come ciò sia possibile, poiché credono erroneamente che la cittadinanza interamente italiana dei loro figli li sottragga alla competenza delle amministrazioni e della magistratura tedesca. Purtroppo non è così e non lo è già da almeno 15 anni. Preoccupante è il fatto che questa informazione non abbia avuto e continui a non avere la dovuta attenzione e visibilità.

Recentemente i giornali hanno parlato di casi di bambini binazionali che, residenti in Italia, sono stati tolti ai genitori ad opera dei servizi sociali italiani. Abbiamo perciò chiesto all’avvocato Irene Margherita Gonnelli, altamente specializzata in casi binazionali, di spiegare brevemente quali sono le norme che regolano questa fattispecie.

Qui di seguito il suo scritto, ispirato al recente caso di cronaca:

La triste vicenda di Jasmin, la ragazza tolta da un tribunale per i minorenni italiano ai genitori, madre italiana e padre inglese, per essere collocata in una struttura, spinge, al di là del merito del provvedimento giudiziario, che verrà discusso nelle sedi opportune, a sollevare l’attenzione sui poteri del giudice in merito ai bambini binazionali.

Come noto, Jasmin è figlia di mamma italiana e di papà inglese. Come può essere allora un giudice italiano a limitare o revocare la responsabilità dei genitori sulla minore, in assenza peraltro – a quanto consta – di dissidi e tanto meno di separazioni tra gli stessi? In ragione dello stesso strumento che, ad esempio, consente, continuamente, al giudice tedesco di togliere un figlio ad una coppia stabile ed unita di cittadini italiani che si trovano in Germania per lavoro: il regolamento europeo n. 2201/2003, che prevale sulla legislazione nazionale, ed anche sulla legge italiana di diritto internazionale privato n. 218/1995.

Tale regolamento, valido anche per la Gran Bretagna, come da Considerando n. 30 – salvo verificare l’impatto della cd. Brexit al riguardo – si applica “all’attribuzione, all’esercizio, alla delega, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale” (art. 1, comma 1 lett. b), ivi compresa “la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un istituto” (art. 1, comma 2 lett. d).

Esso conferisce la competenza a decidere sulla responsabilità genitoriale sul minore alla autorità giudiziaria dello Stato in cui il minore risiede abitualmente (art. 8).

E la residenza abituale del minore, come la consolidata giurisprudenza comunitaria e nazionale costantemente ci ricorda (solo per fare un esempio tra i tanti, Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 28.06.2018, n. 512), è il luogo in cui si trova il centro della vita del bambino o del ragazzo, e dunque dove questi vive con la famiglia unita, dove va a scuola, dove ha degli amici e dove gioca a calcio o frequenta il corso di ginnastica.

Con la vicenda di questa giovane ragazza italo-inglese, che la vita ha già messo duramente alla prova e alla quale auguro ogni bene insieme ai suoi genitori, credo opportuno cogliere l’occasione di ricordare ai tanti genitori italiani che si trovano all’estero per lavoro, o sono in una coppia binazionale, una realtà talvolta poco conosciuta ma fondamentale: dinanzi all’Unione Europea, la vostra provenienza, la vostra cittadinanza, cedono il passo, e a decidere sui vostri figli, in caso, sarà il giudice del luogo di residenza abituale degli stessi.

 

Articolo di : Avv. Irene Margherita Gonnelli del Foro di Siena, Ph.D. Diritto Privato Università degli Studi di Pisa

Dott.ssa Marinella Colombo, Membro della European Press Federation

Fonte: https://www.la-notizia.net/2020/08/17/i-bambini-binazionali-che-cosa-dobbiamo-sapere/


mercoledì 12 agosto 2020

Bambini italiani e Jugendamt tedesco

 


In un mondo in cui sempre più persone si spostano, sia per studio che per lavoro, per piacere o per necessità, le coppie binazionali sono in continuo aumento. Sono in aumento anche le famiglie italiane che, purtroppo, si trasferiscono all’estero perché in Italia non trovano un lavoro, o perché professionalmente altri paesi offrono più possibilità. Ciò che poche persone sanno - sicuramente troppo poche - è che trasferirsi all’estero con i figli può voler dire perderli. Se il nuovo Paese di residenza è la Germania (o l’Austria) il rischio è ancora più elevato.

 

Determinante è il luogo di residenza abituale e non la cittadinanza

Innanzi tutto va precisato che il giudice competente a decidere dei minori è quello del luogo di residenza abituale. Non importa se la famiglia ha mantenuto “sulla carta” la sua residenza in Italia, ciò che conta è dove vive realmente, dove i figli vanno a scuola o all’asilo, dove hanno amici, dove hanno un medico curante, ecc.... Dunque la famiglia che si trasferisce in un altro paese, magari per rimanerci anche solo un paio d’anni, deve sapere che dopo sei mesi di residenza all’estero il giudice competente a decidere della responsabilità genitoriale sui figli è quello del paese nel quale sono andati e non più quello italiano.

 

Bastano poche differenze culturali per essere ritenuti genitori inidonei

Dare uno sculaccione per strada, alzare la voce per un rimprovero o dare una punizione troppo severa, o non darne affatto, può mettere in moto il sistema straniero che considera questi comportamenti inaccettabili e che quindi, con procedimento velocissimo, allontana i bambini dalla famiglia. Questi allontanamenti sono spesso definitivi, soprattutto se avvengono in Germania.

 

In Germania il concetto di “bene del bambino” è agli antipodi rispetto a quello italiano

La situazione di bambini e famiglie in Germania è molto particolare. Da decenni le leggi tedesche considerano i bambini come proprietà dello Stato. Essi vengono lasciati di solito in mano ai genitori, ma vengono loro sottratti con estrema facilità. Per es., pur non essendo obbligatorie le vaccinazioni, chi non vaccina i figli viene privato per lo meno di quella parte di responsabilità genitoriale che attiene alla salute. Chi decide che per il proprio figlio sia meglio la scuola parentale viene allo stesso modo privato dei diritti sulle scelte della vita del figlio, come anche chi contesta le lezioni di sesso impartite ai bambini delle scuole elementari. Ma anche chi, perché italiano o in genere non tedesco e pensa di poter educare i propri figli come usuale nella propria cultura, li mette in “serio pericolo”, stando alle norme di quel Paese. Basta accompagnare a scuola il figlio per tutto il primo anno di scuola elementare per essere considerati “eccessivamente protettivi”. Qualche assenza scolastica in più, magari il giorno precedente l’inizio delle vacanze di Pasqua o di Natale (perché l’aereo per rientrare in patria era meno caro o l’unico con posti disponibili) dà luogo a pericolose segnalazioni. Anche la scarsa conoscenza della lingua tedesca può essere il pretesto per vedersi privati della parte di responsabilità genitoriale concernente l’istruzione. Una volta “eroso” questo diritto fondamentale, è facile perdere anche la parte restante.

 

Jugendamt o Servizio sociale?

Quando in Germania si parla di diritti dei bambini, si parla in realtà di diritti da sottrarre ai genitori. Il controllo totale della popolazione residente sul suolo tedesco è nelle mani del temuto Jugendamt, l’Amministrazione tedesca per la gioventù. Esso non va assolutamente confuso con il Servizio sociale in quanto dotato di poteri neppure lontanamente paragonabili a quelli dei servizi sociali. Lo Jugendamt può intervenire senza decisione giuridica, viceversa deve essere consultato dal giudice fin dall’inizio di ogni procedimento portante su di un minore. Lo Jugendamt scrive al giudice la sua “raccomandazione” relativa alla decisione da emettere, ma siede anche in aula come parte in causa, allo stesso titolo dei genitori. Essendo parte in causa non è sottoposto ad alcun codice deontologico né ad alcun giuramento; in altre parole, è legalmente autorizzato a mentire. Se poi la decisione del giudice non gli conviene, può presentare reclamo o appello in proprio. Ricordo infine che lo Jugendamt è preposto all’esecuzione delle decisioni giuridiche, quelle stesse che può contestare!

 

Tra il 2008 e il 2018 in Germania sono stati sottratti ai genitori circa 550.000 bambini

In dieci anni lo Jugendamt ha preso in carico 547.054 bambini (dati ufficiali del Ministero tedesco, Destatis) e solo una percentuale bassissima di questi bambini è tornata a vivere con i propri genitori.

Va inoltre ricordato che tra essi i bambini con almeno un genitore straniero sono più della metà. Così come è anche importante evidenziare che lo Jugendamt dispone di un budget annuale di 34 miliardi di euro, ai quali si aggiungono le risorse finanziarie delle molteplici associazioni presuntamente dedite alla tutela del minore, ma anch’esse controllare dallo stesso Jugendamt.

 

Modello tedesco in tutta l’Europa

E’ dal nord Europa in generale e dalla Germania in particolare che viene “esportata” anche verso l’Italia questa strategia di distruzione della famiglia e non viceversa. Ne ho già parlato nel mio articolo, “Il modello tedesco di Bibbiano” (https://www.ilpattosociale.it/rubriche/achtung-binational-babies-il-modello-tedesco-di-bibbiano/?fbclid=IwAR1z8kaQ_jIjmE4XIBHtwXx4NCEzmYHKui66_KbPyE5m4ea9s3PbdXJUAsE), spiegando come i metodi impiegati per sottrarre indebitamente i bambini alle famiglie fossero gli stessi – anche se non ancora così affinati – di quelli che da inizio ‘900, ma soprattutto dopo la riunificazione, si applicano per legge in Germania. Ciò che a Bibbiano è parsa una deriva, facendo aprire inchieste del cui proseguio si è sentito purtroppo parlare molto poco, in Germania è la regola, non solo per prassi applicativa, ma appunto perché previsto dalla legge.

 

La nazionalità italiana non protegge dallo Jugendamt

Dato l’elevato numero di famiglie italiane che emigrano in Germania, abbagliate dalle possibilità lavorative, il rischio che i loro bambini vengano presi in carico dallo Jugendamt è notevole, anche se questi bambini sono di nazionalità italiana. Torno a ricordare che, con l’introduzione dei regolamenti europei relativi a decisioni portanti sulla responsabilità genitoriale, il solo giudice competente a decidere sui bambini è quello del luogo di residenza. Bastano ormai sei mesi di residenza effettiva (non necessariamente anagrafica) perché il giudice tedesco abbia la competenza giuridica sul bambino. E il giudice tedesco non può decidere senza aver avuto il parere, praticamente vincolante, dello Jugendamt! E così che molte famiglie italiane, ritenute assolutamente idonee dai servizi sociali italiani, hanno perso i figli in Germania a seguito del trasferimento in quel paese.

 

 Fonte: https://www.imolaoggi.it/2020/08/13/bambini-italiani-e-jugendamt-tedesco/



venerdì 27 marzo 2020

Lo Jugendamt ai tempi del coronavirus

 


Ai tempi del Coronavirus, mentre in Italia si susseguono gli appelli di genitori e associazioni affinché non vengano negati ai bambini che vivono in istituto, lontano dalla famiglia d’origine, almeno i contatti telefonici, in Germania vanno oltre. Sono sempre un passo (o anche due) più avanti. Il canale televisivo RTL, nella sua pagina online pubblica un appello quanto meno preoccupante. Analizziamolo paragrafo per paragrafo. Il titolo già riassume una chiara presa di posizione: “In quarantena per il Coronavirus con genitori stressati - Bambini in pericolo, maltrattati e abusati”. Il sottotitolo è altrettanto eloquente: “I “protettori dei bambini” [lo Jugendamt] danno l'allarme. Poi l’affermazione: "Vivere insieme in famiglia può essere estenuante e stressante, per alcuni bambini può rappresentare anche un pericolo di vita". E prosegue, “È con queste drastiche parole che i “protettori dei bambini” [lo Jugendamt] si rivolgono all’opinione pubblica. In tempi di isolamento sociale è più importante che mai tenere d'occhio i membri più deboli della nostra società”. Come vedete il ruolo della famiglia non è più quello della naturale, amorevole, ovvia ed insita protezione, vivere in famiglia viene presentato come costrizione a condividere spazi e, in questo momento di quarantena, una costrizione che può diventare pericolosa. In un paese nel quale ogni anno vengono sottratti ai genitori circa 80.000 bambini, è evidente che si sta qui parlando della programmazione di ulteriori sottrazioni. I bambini veramente in pericolo saranno, con tutta probabilità, tra gli 80.000 già allontanati annualmente, qui si cerca invece di incrementare gli interventi o, nel migliore dei casi, di non abbassare la media. L’articolo procede con un eloquente secondo paragrafo dal titolo Quando genitori e figli si trasformano in delinquenti e vittime. La vita sociale in Germania è ferma. Scuole, asili, circoli, piscine: tutto è chiuso. I cittadini sono invitati a ridurre al minimo i contatti sociali per rallentare la diffusione del coronavirus. E’ questa una situazione che può essere fatale per i bambini maltrattati e, nel peggiore dei casi, sessualmente abusati. Essi sono indifesi, alla mercé dei loro genitori. "Durante la quarantena non ci sono più le routine quotidiane, asili e scuole resteranno chiusi per settimane – cioè i luoghi privilegiati per l’allontanamento dei bambini -. Il parco giochi è chiuso, i vicini si tengono a distanza, il bambino è solo con i genitori. […] Chi vede e sente ora i bambini maltrattati e abusati?" Insomma sembra proprio che il più grande attacco al benessere del bambino sia rappresentato dai genitori. Si passa dunque all’implicita affermazione che il numero di bambini già allontanati non sia sufficiente: “Il numero di casi non ancora noti di abusi, violenze psicologiche e fisiche nelle famiglie è elevato”. Si diffonde il sospetto che ogni famiglia rappresenti il luogo di abusi e dunque: “Ora la politica deve agire, chi ha isolato i bambini dal mondo esterno per molte settimane deve anche mettere in campo progetti per intervenire nelle famiglie in cui il rapporto tra genitori e bambino diventa un rapporto tra carnefice e vittima". Il condizionale è stato abbandonato, l’articolo impiega il tempo presente: “il rapporto tra genitori e bambino diventa un rapporto tra carnefice e vittima”. Si è dunque passati da un terribile dubbio ad una certezza, per poter      invocare a gran voce la delazione, o senso civico, come lo chiamano in Germania. L’articolo conclude infatti affermando: “La politica deve agire - e anche ognuno di noi. Si chiede pertanto al governo di fornire sostegno alle famiglie a rischio. Ma deve impegnarsi anche ognuno di noi: i vicini, il postino, il cassiere del supermercato. Insomma tutti noi. "Se avete dubbi sul benessere di un bambino nel vostro territorio, comunicate allo Jugendamt [Amministrazione per la gioventù] le vostre preoccupazioni. Può essere fatto anche in forma anonima". Se c’è il sospetto di comportamenti criminali, va informata anche la polizia”.

A seguito dell’annuncio del governo tedesco di voler stanziare varie centinaia di miliardi di euro a sostegno della propria economia, pare che lo Jugendamt voglia assicurarsene una bella fetta. I bambini che risiedono in Germania (ovviamente anche quelli italiani) rischiano di perdere, insieme alla libertà di movimento, anche la propria famiglia.

 Dott.ssa Marinella Colombo



domenica 12 gennaio 2020

Un altro bambino … e ancora i vicini tedeschi

 














Strana sensazione quella che riesce ad unire un’immensa gioia e un inestinguibile dolore.

L’ennesimo genitore tedesco aveva tentato con l’inganno di trattenere un bambino binazionale in Germania. L’ultima moda, molto in voga tra i genitori tedeschi, è quella di proporre uno scambio scolastico. Lo fanno sia le mamma che i papà tedeschi e il genitore non-tedesco che, pensando davvero al figlio, pensa che un anno in Germania sarebbe per il bambino un arricchimento linguistico e culturale e contemporaneamente un’occasione per rafforzare il rapporto con il genitore che vede di meno, subito, o dopo riflessioni, finisce per accettare. Dopo alcuni mesi, almeno sei, il genitore tedesco si rivolge al tribunale del suo paese e chiede la potestà (oggi responsabilità genitoriale) esclusiva. Quando sul territorio tedesco è presente solo il genitore tedesco è praticamente certo che la otterrà, diversamente da quanto accade negli altri paesi dell’Unione europea. In realtà il tribunale tedesco non è competente per modificare precedenti decreti di affido, ma ama farlo lo stesso. In questo è quasi sempre aiutato dall’avvocato del genitore non-tedesco e che, anziché difenderlo, lo trascina in un processo kafkiano dal quale uscirà senza più un soldo e soprattutto senza più diritti su suo figlio. Noi, cioè la rete internazionale cui ho dato vita tanti anni fa, lo sappiamo bene e sappiamo consigliare la strada giuridicamente corretta e concretamente risolutiva. Lo abbiamo fatto anche questa volta. Bloccate le richieste infondate di procedimenti sull’affido, abbiamo chiesto il rimpatrio e abbiamo ottenuto l’udienza in tempi brevi. Il giudice pareva schierato, come sempre, a difesa degli interessi tedeschi anziché del bene del bambino sottratto. Aveva addirittura voluto controllare l’autorizzazione all’esercizio della professione del nostro avvocato. Questo nostro giovane avvocato invece, non solo possiede tutti i titoli per esercitare, ma è giuridicamente molto preparato, soprattutto per quanto riguarda i casi binazionali e le sottrazioni. Ha anche saputo spingere il giudice a rispettare Leggi e Convenzioni internazionali ed a sentenziare in base ad esse, fatto piuttosto raro al di là delle Alpi. Infatti, mentre in Italia i giudici ordinano sempre il rimpatrio, cioè mandano via, o meglio esportano i nostri bambini senza verificare fatti e documenti, in Germania lo negano praticamente sempre, applicando una interpretazione molto “teutonica” del bene del bambino da perseguire, che è appunto quello di rimanere in Germania, non importa con chi né a che condizioni. Con un vero lavoro di squadra tra gli avvocati dei due paesi, contatti con le istituzioni, informazione precisa al genitore non-tedesco, informazione a volte accudente, a volte un po’ “brutale” per prepararlo a ciò che lo aspetta in tribunale e fuori, fermando l’avvocato che voleva far aprire un procedimento penale a carico del genitore sottrattore, perché questo avrebbe influito negativamente sulla decisione di rimpatrio rendendola impossibile da ottenere, abbiamo vinto il primo grado di giudizio. E poi anche l’appello. Immediatamente dopo abbiamo riconosciuto le manovre che si stavano mettendo in atto per non eseguire il rimpatrio. Conoscendole bene, abbiamo potuto renderle inefficaci. Questo bambino oggi è a casa. Tutto questo mi ha regalato un’immensa gioia, perché ogni bambino salvato da quella prigione diventa un po’ anche figlio mio. Ma tutti questi bambini ricevono un tale sostegno al costo delle vite spezzate dei miei figli. Questi bambini ritrovano una vita serena, perché i miei figli hanno perso la loro. Se tedeschi e italiani non avessero usato i miei figli come merce, se non avessero imbrattato la loro infanzia, pregiudicando il loro futuro, io oggi non avrei un master, non saprei nulla di politica e molto poco di Europa, ma sarei una mamma “qualsiasi”, semplicemente una mamma e sicuramente più felice.

 

Articolo della Dott.ssa Marinella Colombo, pubblicato da Il patto sociale https://www.ilpattosociale.it/rubriche/achtung-binational-babies-un-altro-bambino-e-ancora-i-vicini-tedeschi/