Strana sensazione
quella che riesce ad unire un’immensa gioia e un inestinguibile dolore.
L’ennesimo
genitore tedesco aveva tentato con l’inganno di trattenere un bambino
binazionale in Germania. L’ultima moda, molto in voga tra i genitori tedeschi,
è quella di proporre uno scambio scolastico. Lo fanno sia le mamma che i papà
tedeschi e il genitore non-tedesco che, pensando davvero al figlio, pensa che
un anno in Germania sarebbe per il bambino un arricchimento linguistico e
culturale e contemporaneamente un’occasione per rafforzare il rapporto con il
genitore che vede di meno, subito, o dopo riflessioni, finisce per accettare.
Dopo alcuni mesi, almeno sei, il genitore tedesco si rivolge al tribunale del
suo paese e chiede la potestà (oggi responsabilità genitoriale) esclusiva.
Quando sul territorio tedesco è presente solo il genitore tedesco è
praticamente certo che la otterrà, diversamente da quanto accade negli altri
paesi dell’Unione europea. In realtà il tribunale tedesco non è competente per
modificare precedenti decreti di affido, ma ama farlo lo stesso. In questo è
quasi sempre aiutato dall’avvocato del genitore non-tedesco e che, anziché
difenderlo, lo trascina in un processo kafkiano dal quale uscirà senza più un
soldo e soprattutto senza più diritti su suo figlio. Noi, cioè la rete internazionale
cui ho dato vita tanti anni fa, lo sappiamo bene e sappiamo consigliare la
strada giuridicamente corretta e concretamente risolutiva. Lo abbiamo fatto
anche questa volta. Bloccate le richieste infondate di procedimenti
sull’affido, abbiamo chiesto il rimpatrio e abbiamo ottenuto l’udienza in tempi
brevi. Il giudice pareva schierato, come sempre, a difesa degli interessi
tedeschi anziché del bene del bambino sottratto. Aveva addirittura voluto
controllare l’autorizzazione all’esercizio della professione del nostro
avvocato. Questo nostro giovane avvocato invece, non solo possiede tutti i
titoli per esercitare, ma è giuridicamente molto preparato, soprattutto per
quanto riguarda i casi binazionali e le sottrazioni. Ha anche saputo spingere
il giudice a rispettare Leggi e Convenzioni internazionali ed a sentenziare in
base ad esse, fatto piuttosto raro al di là delle Alpi. Infatti, mentre in
Italia i giudici ordinano sempre il rimpatrio, cioè mandano via, o meglio
esportano i nostri bambini senza verificare fatti e documenti, in Germania lo
negano praticamente sempre, applicando una interpretazione molto “teutonica”
del bene del bambino da perseguire, che è appunto quello di rimanere in
Germania, non importa con chi né a che condizioni. Con un vero lavoro di
squadra tra gli avvocati dei due paesi, contatti con le istituzioni,
informazione precisa al genitore non-tedesco, informazione a volte accudente, a
volte un po’ “brutale” per prepararlo a ciò che lo aspetta in tribunale e fuori,
fermando l’avvocato che voleva far aprire un procedimento penale a carico del
genitore sottrattore, perché questo avrebbe influito negativamente sulla
decisione di rimpatrio rendendola impossibile da ottenere, abbiamo vinto il
primo grado di giudizio. E poi anche l’appello. Immediatamente dopo abbiamo
riconosciuto le manovre che si stavano mettendo in atto per non eseguire il
rimpatrio. Conoscendole bene, abbiamo potuto renderle inefficaci. Questo
bambino oggi è a casa. Tutto questo mi ha regalato un’immensa gioia, perché ogni
bambino salvato da quella prigione diventa un po’ anche figlio mio. Ma tutti questi bambini ricevono un tale
sostegno al costo delle vite spezzate dei miei figli. Questi bambini
ritrovano una vita serena, perché i miei figli hanno perso la loro. Se tedeschi e italiani non avessero usato i
miei figli come merce, se non avessero imbrattato la loro infanzia, pregiudicando
il loro futuro, io oggi non avrei un master, non saprei nulla di politica e
molto poco di Europa, ma sarei una mamma “qualsiasi”, semplicemente una mamma e
sicuramente più felice.
Articolo della Dott.ssa Marinella Colombo, pubblicato da Il patto sociale