Un bestseller e le sue innumerevoli conseguenze
Nel 1934, la
dottoressa Johanna Haarer pubblicò la sua guida Die deutsche Mutter und ihr erstes Kind (La madre tedesca e il suo
primo figlio). Il libro vendette 1,2 milioni di copie e divenne un testo base
per l'educazione, utilizzato anche negli asili, negli istituti e nei corsi di
formazione alla maternità durante il periodo nazista.
Nel suo testo, la Haarer
raccomanda alle madri di fare in modo che i figli crescano sviluppando il minor
attaccamento possibile. Se il bambino piange, bisogna lasciarlo piangere,
evitando a tutti i costi un tenerezza eccessiva.
Gli studiosi
temono che questo abbia provocato in quei bambini dei disturbi
dell'attaccamento. Disturbi che sono stati poi trasmessi di generazione in
generazione.
Perché
Hitler influenza ancora oggi l'educazione dei bambini
Per
avere una generazione di fedeli seguaci, i nazisti imposero alle madri di
ignorare i bisogni dei loro figli. Persino i nipoti soffrono ancora per quelle
relazioni spezzate. Un'analisi di Anne
Kratzer
Vorrebbe amare i
suoi figli, ma non ci riesce fino in fondo. Renate Flens arriva allo studio
della psicoterapeuta Katharina Weiß con una depressione. Ben presto la
psicoterapeuta inizia a sospettare che dietro ai problemi della sua paziente si
nasconda in fondo la frustrazione di non essere capace di permettere alle
persone di avvicinarsi a lei.
Dopo una lunga
ricerca nel passato di Renate Flens, le due donne credono finalmente di aver
trovato la colpevole: la dottoressa Johanna Haarer, che all'epoca del
nazionalsocialismo scriveva manuali spiegando come crescere i bambini per il
Führer. Eppure Renate Flens – nome di fantasia - è nata negli anni '60 - cioè
dopo la guerra. Ma i libri di Haarer erano stati dei bestseller e anche nella
Germania del dopoguerra, copie delle sue opere si potevano trovare in quasi
tutte le case. Investigando sul tema con la terapeuta, Renate Flens ricordò di
aver visto anche dai suoi genitori un libro della Haarer.
Un aspetto
particolarmente perfido della filosofia educativa della Haarer potrebbe anche
essere stato tramandato di generazione in generazione: al fine di renderli
buoni soldati e fedeli seguaci, il regime nazista esortava le madri a ignorare
di proposito i bisogni dei loro bambini che si voleva provassero poche emozioni
e senso dell'attaccamento. Se un'intera generazione è stata sistematicamente educata
a non stringere legami con gli altri altri, cosa può insegnare a figli e
nipoti?
"Analisti e
ricercatori si sono occupati a lungo di questo argomento, che invece è stato
ignorato dal grande pubblico”, afferma Klaus Grossmann, nel suo ultimo studio
all'Università di Regensburg, scritto dopo aver condotto studi sull’attaccamento
madre-bambino già negli anni '70. Nelle sue osservazioni aveva osservato
ripetutamente scene come questa: un bambino sta piangendo, la madre cammina
verso il bambino, ma si ferma poco prima di raggiungerlo. Anche se il suo
bambino sta piangendo a pochi metri di distanza, lei non accenna a prenderlo in
braccio o a confortarlo. "Quando chiedevamo alle madri perché si comportassero
in questo modo, dicevano che era soprattutto per non viziare il bambino".
Tali affermazioni
e modi di dire come "Un indiano non conosce il dolore" si sentono
ripetere spesso ancora oggi. Anche il bestseller Ogni bambino può imparare a dormire di Annette Kast-Zahn e Hartmut
Morgenroth indicano una strada che va nella stessa direzione. Il libro
consiglia di coricare da soli in una stanza i bambini che hanno difficoltà ad
addormentarsi, o a dormire in modo continuativo, di controllarli e parlare con
loro a intervalli sempre più lunghi, ma senza mai prenderli in braccio, anche
se stanno piangendo.
"È meglio
mettere il bambino in una stanza tutta sua, dove poi rimarrà da solo",
scriveva anche Johanna Haarer nel suo manuale del 1934, La madre tedesca e il suo primo figlio. Se il bambino comincia a
piangere o urlare, va ignorato: "Non cominciate a prendere il bambino dal
letto, a tenerlo in braccio, a cullarlo, o a tenerlo in grembo, e tantomeno ad
allattarlo. Il bambino capisce incredibilmente in fretta che ha solo bisogno di
gridare per richiamare un'anima compassionevole e diventare l'oggetto delle sue
cure. Dopo poco esigerà questa attenzione come un diritto e non darà più tregua
fino a quando non sarà di nuovo preso in braccio e cullato. A questo punto sarà
diventato il piccolo ma implacabile tiranno domestico!".
Il bambino come un
tormentatore la cui volontà deve assolutamente essere spezzata - era questo il
modo in cui Johanna Haarer vedeva i bambini. Ancora oggi si percepiscono le
conseguenze di un tale approccio. Alcuni ricercatori, medici e psicologi
ipotizzano che il basso tasso di natalità, i numerosi divorzi, l’alto numero di
persone che vivono sole, i tantissimi casi di burn-out, di depressione e in
genere di malattie mentali potrebbero essere la conseguenza della mancanza di emozioni
e attaccamento.
Rigorosamente considerate,
le ragioni di queste circostanze sociali sono certamente molteplici. Eppure l'influenza
della Haarer può ancora essere rintracciata in alcuni casi clinici, come nel
caso della paziente di Katharina Weiß. "Di solito in queste terapie ci sono
in primo piano temi molto diversi. Eppure dopo un po' emergono tratti che
rimandano chiaramente alla Haarer: disgusto per il proprio corpo, rigide regole
alimentari o incapacità a relazionarsi", afferma la psicoanalista.
Anche lo psichiatra e psicoterapeuta
Hartmut Radebold racconta di un suo paziente con gravi difficoltà di relazione
e di identità. Anche quest’uomo aveva poi trovato a casa un grosso quaderno nel
quale sua madre aveva annotato innumerevoli informazioni sul suo primo anno di
vita: peso, altezza, o frequenza di defecazione - ma non una sola parola sui
sentimenti.
Colmare di affetto il bambino, anche ad opera di terze persone, può essere nocivo e alla lunga renderlo effeminato.
Johanna Haarer in " La madre tedesca e il suo primo figlio"
(manuale per genitori del 1934).
Evitare il contatto fisico
I consigli della
Haarer si presentavano con apparenza moderna e scientifica, ma erano – questo
era in realtà già noto anche all'epoca - sbagliati e persino dannosi. I bambini
hanno bisogno del contatto fisico, mentre la Haarer raccomandava di ridurre al
minimo tale contatto, persino quando si teneva in braccio il bambino. Consigliava
fortemente una postura del tutto innaturale, illustrata anche con immagini: le
madri tengono i loro figli in modo da toccarli il meno possibile, e se li
guardano, non li guardano mai negli occhi.
Un'educazione concepita per ottenere soldati insensibili
Nel 1949 la
psicanalista austro-britannica Anna Freud scoprì che i bambini che mostravano
un buon legame con i propri genitori percepivano la guerra in modo meno grave
rispetto a quelli che non l'avevano. Quindeau, valutando congiuntamente questi
studi, ritenne che i racconti dei bambini della guerra su bombardamenti e espulsioni
fossero in realtà il racconto del disastro delle loro esperienze familiari. Queste
esperienze così dolorose erano diventate indicibili.
Incapaci di provare sentimenti
Questa
interpretazione è comunque difficile da dimostrare. Gli studi randomizzati che
esaminano sperimentalmente l'influenza dei consigli educativi della Haarer non
sono fattibili per ragioni etiche. Ma anche le ricerche che non si occupano
esplicitamente dell'educazione nel Terzo Reich hanno fornito prove preziose, afferma
Grossmann. "Tutti i dati che abbiamo indicano quanto segue: Se si priva un
bambino della reattività sensibile nel primo-secondo anno di vita - come
sosteneva Johanna Haarer - il bambino svilupperà capacità emozionali e reattive
in maniera estremamente limitata”.
Questo studioso
dell'attaccamento indica, tra l'altro, un lungo studio pubblicato nel 2014
sulla rivista Pediatrics da un team guidato dalla psichiatra Mary Margaret
Gleason della Tulane University di New Orleans, Louisiana. Gleason e i suoi
colleghi divisero in due gruppi 136 orfani rumeni, di età compresa tra sei mesi
e quattro anni: un gruppo fu cresciuto in istituto, mentre gli altri furono dati
a famiglie affidatarie. I bambini della regione, cresciuti con i loro genitori
biologici servirono da gruppo di controllo. Furono riscontrati problemi di
linguaggio e attaccamento sia nei bambini rimasti in istituto che in quelli dati
in affido. Vediamo ad esempio questo esperimento con 89 soggetti: un estraneo
entra dalla porta e chiede ai bambini di seguirlo senza dare spiegazioni. Il
3,5% dei bambini del gruppo di controllo lo segue, rispetto al 24,1% dei
bambini in affidamento e ben il 44,9% dei bambini in istituto.
"Questi bambini, che non pensano e non provano
sentimenti, sono ottimi cittadini di una nazione guerriera", dice
Karl-Heinz Brisch, psichiatra e psicoterapeuta presso l'ospedale pediatrico Dr.
von Haunerschen dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco. D'altronde anche
nell'antica Sparta i bambini venivano educati con questo obiettivo, afferma.
"Il principio di Johanna Haarer è che non vada data attenzione al bambino
quando esso la richiede. Ma ogni rifiuto significa anche rigetto", spiega
Grossmann. Un neonato dispone solo di gesti e mimica per comunicare. Se non
ottiene nessuna reazione, imparerà che le sue comunicazioni espressive non
hanno nessun valore. I neonati provano inoltre una paura mortale quando sentono
la fame o la solitudine e quando non vengono tranquillizzati da chi li
accudisce. Nel peggiore dei casi tali esperienze possono in seguito provocare un trauma da attaccamento che rende
difficile più tardi nella vita a queste persone formare relazioni con altre
persone.
Suggerimenti educativi della pneumologa
La Haarer, che era
appunto una pneumologa e non aveva una formazione né pedagogica né pediatrica, fu
comunque convintamente sostenuta dai nazionalsocialisti. I consigli contenuti
nel suo libro, La madre tedesca e il suo
primo figlio, furono insegnati nei cosiddetti corsi di formazione alla
maternità del Reich. I corsi avevano lo scopo di insegnare a tutte le donne
tedesche delle regole uniformi per la cura dei bambini. Solo nell'aprile 1943,
almeno tre milioni di donne vi avevano preso parte. Inoltre il suo manuale era
la base dell'educazione impartita in asili e comunità.
Ancora prima di pubblicare la sua “bibbia dell’educazione”, Johanna Haarer aveva già scritto per alcuni giornali sul tema della cura dei bambini. In seguito pubblicò altri libri, tra cui Mutter, erzähl von Adolf Hitler (Madre, racconta di Adolf Hitler), una sorta di favola intrisa di antisemitismo e anticomunismo in forma comprensibile ai bambini, e Unsere kleinen Kinder (I nostri bambini piccoli), un'altra guida per genitori. Dopo il periodo nazista, la donna originaria di Monaco di Baviera, fu internata per un anno e mezzo. Secondo due delle sue figlie, rimase comunque un'entusiasta nazionalsocialista fino alla sua morte sopravvenuta nel 1988. Non solo la sua personale visione educativa sopravvisse al Terzo Reich, ma anche la sua opera principale Die deutsche Mutter und ihr erstes Kind (La madre tedesca e il suo primo figlio), che rimase in circolazione ancora per molto tempo. Dalla pubblicazione alla fine della guerra il libro vendette 690.000 copie, promosse dalla propaganda nazista. Ma anche dopo la guerra, in una versione epurata dal gergo nazista più grossolano, ne vendette altrettante. Nel 1987 il totale delle vendite era di 1,2 milioni di copie.
Di generazione in generazione
Questi numeri
mostrano quanto fascino avesse ancora nel dopoguerra la visione del mondo secondo
la Haarer. Innanzi tutto bisogna chiedersi perché le madri implementarono un
approccio così innaturale.
"Non erano tutte d’accordo", sostiene Hartmut Radebold. Lo
psichiatra, psicoanalista e scrittore, studiò a fondo la generazione dei
bambini di guerra. Egli presume che la guida educativa della Haarer abbia avuto
un'influenza in particolare su due gruppi: sui genitori che si identificavano fortemente
con il regime nazista, e sulle giovani donne che - spesso a causa della prima
guerra mondiale - provenivano da famiglie distrutte e quindi non sapevano cosa
e come fosse una buona relazione. Se inoltre si ritrovavano sole, perché i
mariti stavano combattendo al fronte, erano anche sopraffatte e insicure, e
quindi particolarmente ricettive nei confronti della propaganda educativa della
Haarer.
Inoltre anche prima del 1934 un’educazione estremamente rigorosa era già pratica comune in Prussia.
Grossmann ritiene che solo una cultura con una certa precedente inclinazione verso queste idee di durezza e di imposizioni avrebbe potuto attuare cose del genere. Questo coinciderebbe anche con i risultati degli studi degli anni '70, che indicano, per esempio, che a Bielefeld in quel periodo circa un bambino su due mostrava un comportamento di attaccamento insicuro, mentre a Ratisbona, nella Germania meridionale, che non è mai appartenuta alla sfera di influenza prussiana, nemmeno un bambino su tre.
Per valutare quanto
è sicuro il legame tra madre o padre e bambino, Grossmann e altri ricercatori
usano spesso lo Stranger Situations Test
(experiments on attachment quality) sviluppato
dalla psicologa statunitense Mary Ainsworth. In tale esperimento, una madre
entra in una stanza con il suo bambino e lo mette a sedere con un giocattolo
vicino. Dopo 30 secondi si siede su una sedia e legge una rivista. Dopo non più
di due minuti, suona un segnale per ricordare alla madre di incoraggiare il
bambino a giocare, in caso non lo stia già facendo. A ulteriori intervalli, da
uno a tre minuti, si svolgono poi le seguenti scene: una donna sconosciuta appare
nella stanza e tace, poi le due donne parlano tra loro, la sconosciuta si
occupa del bambino, la madre mette la sua borsetta sulla sedia e lascia la
stanza. Dopo poco la madre torna nella stanza e la sconosciuta se ne va. Poco
dopo se ne va anche la madre, lasciando il bambino da solo. Dopo alcuni minuti
la sconosciuta torna nella stanza e si occupa del bambino, solo dopo arriva la
madre.
Gli studiosi dell'attaccamento
hanno osservato attentamente il comportamento del bambino. Se è brevemente
irritato e piange nella situazione di separazione, ma si calma velocemente, si
considera che abbia un saldo rapporto di attaccamento. Se non si calma - oppure
non reagisce per niente alla scomparsa della mamma - si considera che abbia un
rapporto di attaccamento insicuro. Grossmann ha fatto il test in diversi
contesti culturali. Durante le osservazioni lo studioso ha constatato che in
Germania, diversamente da altri paesi occidentali, un numero particolarmente elevato
di adulti sarebbe positivamente impressionato dal fatto che i bambini non
reagiscano alla scomparsa della mamma o della principale persona di riferimento.
I genitori percepiscono tale comportamento come quello di una personalità
"indipendente".
Come i genitori così i bambini
Tali studi
suggeriscono inoltre che i bambini, una volta divenuti adulti e genitori a loro
volta, trasmettano inevitabilmente questo tipo di relazione dell’attaccamento alla
generazione successiva. In uno degli studi compiuti, Grossmann e colleghi hanno
anche osservato lo stile di attaccamento dei genitori dei bambini osservati,
con l'aiuto di interviste realizzate quattro o cinque anni dopo aver effettuato
lo Stranger Situation Test. Nella
loro valutazione, gli studiosi hanno incluso non solo il contenuto delle
risposte, ma anche le emozioni degli adulti durante l'intervista. Per esempio,
i ricercatori hanno annotato anche tratti dei soggetti come cambiare spesso
argomento, dare solo risposte monosillabiche o generalizzare troppo, lodando i
propri genitori senza descrivere situazioni specifiche. Il risultato della
pubblicazione del 1988 fu che tra i 65 casi di genitori e figli analizzati, il
tipo di relazione di attaccamento dei bambini corrispondeva a quello dei loro
genitori con una frequenza dell’80%. Una meta-analisi pubblicata nel 2016 dal
gruppo di ricercatori guidati da Marije Verhage dell'Università di Amsterdam,
che aveva analizzato i dati di 4.819 persone, confermò l'effetto della
trasmissione del tipo di relazione di attaccamento da una generazione
all’altra.
In che modo
esattamente i genitori trasmettano le esperienze negative della propria infanzia
ai figli è ancora oggetto di varie teorie. Tuttavia è ormai riconosciuto che
anche i fattori biologici possano avere un ruolo importante. Nel 2007, per
esempio, Dahlia Ben-Dat Fisher della Concordia University di Montreal e i suoi
colleghi constatarono che la prole di madri che erano state trascurate durante
la loro infanzia mostrava al mattino livelli regolarmente più bassi dell'ormone
dello stress, il cortisolo. I ricercatori interpretano questo fatto come un
segno di elaborazione anormale dello stress.
Nel 2016, un team
guidato da Tobias Hecker dell'Università di Zurigo confrontò i bambini della
Tanzania che avevano affermato di aver subito molta violenza fisica e
psicologica con quelli che avevano riferito solo un piccolo abuso. Nel primo
gruppo, constatarono non solo una maggiore incidenza di problemi medici, ma
anche una metilazione anomala del gene che codifica la proteina
proopiomelanocortina. Questo è il precursore di tutta una serie di ormoni, tra
cui l'ormone dello stress adrenocorticotropina, che è prodotto nella ghiandola
pituitaria. I modelli di metilazione del DNA alterati possono influenzare
l'attività di un gene - e con ogni probabilità essere trasmessi di generazione
in generazione. Gli studiosi osservarono questo fenomeno in dettaglio negli
esperimenti sugli animali, ma il quadro è meno chiaro rispetto a quanto avvenga
negli esseri umani.
A livello
comportamentale, si può trasmettere solo ciò che si conosce in termini di
esperienza, spiega Grossmann. Per essere sicuri, i genitori possono
consapevolmente confrontarsi con la propria esperienza di attaccamento e
cercare di crescere i propri figli in modo diverso. "Ma nei momenti di
stress, spesso si ricade nei modelli appresi e inconsci", dice Grossmann.
Forse è per questo che Gertrud Haarer, la più giovane delle figlie di Johanna
Haarer, non volle mai avere figli. Criticò pubblicamente sua madre e, dopo una
grave depressione, scrisse un libro sulla vita di sua mamma e sulle sue idee. La
figlia stessa riconosce di essere stata a lungo una persona incapace di
avvicinarsi agli altri e inoltre confessa di non avere memoria della sua
infanzia. "Evidentemente sono stata
talmente traumatizzata da pensare di non essere in grado di crescere dei
bambini", ha spiegato in un'intervista alla Bayerischer Rundfunk.
Questa traduzione è apparsa in tre puntate sul settimanale Il Patto Sociale:
La prima parte si trova qui.
La seconda parte qui.
La terza parte qui.
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