CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
per la modifica della Legge 15
gennaio 1994 n. 64 e in particolare dell’articolo 7, comma 4 sull’esecutività
dei decreti pronunciati dai Tribunali per i minorenni sulle richieste tendenti
ad ottenere il ritorno del minore presso il genitore esercente di fatto
l’affido o a ristabilire l'esercizio del diritto di visita.
Onorevoli deputati,
la Repubblica Italiana ha ratificato la Convenzione dell’Aja del
25.10.1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori con
la Legge 15 gennaio 1994 n. 64, con
la finalità di assicurare l'immediato rientro dei minori illecitamente
trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente, di ristabilire le
condizioni di vita degli stessi precedenti il trasferimento e di assicurare che
i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano
effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti (art. 1 Conv. Aja).
Ciò allo scopo prioritario di tutelare i minori, in condizioni di uguaglianza rispetto agli altri Paesi
firmatari.
Ai sensi dell'art. 6 Conv. Aja, ciascuno Stato contraente nomina un'Autorità centrale, incaricata di
adempiere agli obblighi imposti dalla Convenzione.
Ai sensi dell'art. 7 della medesima convenzione, le Autorità centrali
devono cooperare reciprocamente e promuovere la cooperazione tra le Autorità
competenti nei loro rispettivi Stati, al fine di assicurare l'immediato rientro
dei minori e conseguire gli altri obiettivi della Convenzione. In particolare
esse dovranno, sia direttamente, o tramite qualsivoglia intermediario, prendere
tutti i provvedimenti necessari: a) per localizzare un minore illecitamente
trasferito o trattenuto; b) per impedire nuovi pericoli per il minore o
pregiudizi alle Parti interessate, adottando a tal fine, o facendo in modo che
vengano adottate, misure provvisorie; c) per assicurare la consegna volontaria
del minore, o agevolare una composizione amichevole; d) per scambiarsi
reciprocamente, qualora ciò si riveli utile, le informazioni relative alla
situazione sociale del minore; e) per fornire informazioni generali concernenti
la legislazione del proprio Stato, in relazione all'applicazione della
Convenzione; f) per avviare o agevolare l'instaurazione di una procedura
giudiziaria o amministrativa, diretta ad ottenere il rientro del minore e, se
del caso, consentire l'organizzazione o l'esercizio effettivo del diritto da
visita; g) per concedere o agevolare, qualora lo richiedano le circostanze,
l'ottenimento dell'assistenza giudiziaria e legale, ivi compresa la
partecipazione di un avvocato; h) per assicurare che siano prese, a livello
amministrativo, le necessarie misure per assicurare, qualora richiesto dalle
circostanze, il rientro del minore in condizioni di sicurezza; i) per tenersi
reciprocamente informate riguardo al funzionamento della Convenzione,
rimuovendo, per quanto possibile, ogni eventuale ostacolo riscontrato nella sua
applicazione.
E' Autorità centrale italiana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 6
della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della
sottrazione internazionale di minori, il Ministero della giustizia, Ufficio per
la giustizia minorile (art. 3 legge n. 64/1994).
Mentre l’Autorità centrale
italiana svolge un ruolo passivo, in pieno contrasto con la Convenzione e
con la legge di ratifica – a suo stesso dire, un lavoro di “passacarte” delle
richieste straniere al tribunale italiano – le Autorità centrali degli altri Paesi hanno assunto ben altro ruolo,
ponendosi come filtro alla richieste in
arrivo, verificandone la correttezza formale e le motivazioni.
Questo diverso modo di procedere costituisce un rilevante elemento di discriminazione del genitore cittadino
italiano che avanzi all'estero una richiesta ai sensi della Convenzione,
rispetto a quello di altra nazionalità che avanzi la medesima richiesta nei
confronti dell'Italia.
Inoltre, la mancanza di un ruolo attivo dell'Autorità centrale
italiana nella verifica delle istanze in arrivo, comporta la trasmissione
automatica delle stesse ai tribunali per i minorenni competenti a decidere,
senza un preliminare controllo sulla autenticità e veridicità delle traduzioni
(nota dolente, considerato che si sono verificati casi di traduzioni
palesemente falsificate) e degli elementi posti alla base delle stesse, nonché
sull'adempimento delle formalità di presentazione.
Ciò è tanto più grave in quanto i Tribunali per i minorenni non
procedono a verificare le traduzioni e gli altri presupposti, dovendo peraltro
concludere il procedimento in tempi brevi.
E’ pertanto estremamente frequente che in Italia, alle richieste
tendenti ad ottenere il ritorno del minore nello stato di residenza abituale
(senza purtroppo considerare se il richiedente esercitasse di fatto l’affido),
segua un decreto esecutivo di rimpatrio.
L'art. 7, comma 4 della legge n. 64/1994, stabilisce che “Il decreto è immediatamente esecutivo.
Contro di esso può essere proposto ricorso per cassazione. La presentazione del
ricorso non sospende l'esecuzione del decreto”.
La Convenzione de L'Aja NON
IMPONE E NON SUGGERISCE:
a) la previsione dell'immediata
esecutività del decreto predetto;
b) la possibilità di impugnare
detto decreto solo tramite ricorso in Cassazione;
c) l'impossibilità di sospendere
l'esecuzione del decreto in caso di presentazione del menzionato ricorso.
Gli altri Paesi firmatari non
hanno previsto condizioni parimenti restrittive, venendosi così a creare
una situazione iniqua
nell'attuazione della Convenzione per i cittadini italiani rispetto ai
cittadini stranieri.
Prevedere l'immediata esecutività del decreto e l'impossibilità di sospendere
la stessa tramite ricorso comporta un immediato rimpatrio forzato del minore
nel Paese richiedente, con conseguenti difficoltà e generalmente
l’impossibilità, in caso di ricorso vittorioso in Cassazione, di ripristinare
la situazione precedente alla pronuncia del decreto di rimpatrio, e dunque con
il rischio di ineffettività della pronuncia della Corte di Cassazione.
Si aggiunga che la previsione, quale mezzo di impugnazione, del solo
ricorso per Cassazione, oltre a limitare l'accesso alla giustizia nei confronti
di chi non sia in grado di affrontare le spese di tale dispendioso mezzo, ed a
provocare un allungamento dei tempi di giudizio, non consente neppure un
riesame nel merito della vicenda. In buona sostanza, non si prevede la garanzia di un ulteriore pieno grado di giudizio.
E' di palese evidenza che il sistema
predisposto dalla legge n. 64/1994 non è tutelante nei confronti del minore ed
è causa di discriminazione tra le richieste ricevute dall'Italia e quelle
ricevute dagli altri Paesi firmatari della Convenzione; ne consegue, altresì,
la possibilità che per queste ragioni l'Italia subisca condanne da parte della
Corte Europea per i Diritti Umani.
Pertanto, la legge n. 64/1994 deve essere URGENTEMENTE MODIFICATA ed
in particolare ne deve essere urgentemente modificato l'art. 7, comma 4.
Precisamente, l’art. 7, comma 4
della Legge 15 gennaio 1994 n. 64 va modificato come segue:
viene abrogata la dicitura:
“Il decreto è immediatamente
esecutivo. Contro di esso può essere proposto ricorso per cassazione. La
presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del decreto”
che viene sostituita con:
“Il decreto del Tribunale per i
minorenni che decide per il rimpatrio verso il Paese richiedente non è
provvisoriamente esecutivo.
L’esecutività del rimpatrio può
essere domandata da ciascuna parte alla Corte d'Appello presso la quale sia
stato proposto reclamo con ricorso.
La Corte d'Appello,
immediatamente dopo la ricezione del reclamo ed in caso di richiesta da parte
dell'interessato, deve vagliare se va ordinata l’esecuzione della decisione
impugnata relativa al rimpatrio del minore.
Va ordinata l’immediata
esecutività del decreto se il reclamo è evidentemente immotivato.
La decisione sulla esecutività
immediata può essere modificata durante il procedimento di reclamo dinanzi alla
Corte d'Appello[1].
L’uso della forza ai fini
dell'esecuzione del rimpatrio[2]
viene decretato dalla Corte d'Appello solamente nei casi in cui questo non sia
pregiudizievole al minore, ovvero nei casi in cui il minore abbia espresso
l’inequivocabile e comprovato desiderio di far rientro nel Paese di provenienza[3].
Contro il decreto della Corte
d'Appello che decide sul reclamo, ciascuna parte può proporre ricorso dinanzi
alla Corte di Cassazione.
Il ricorso dinanzi alla Corte di
Cassazione proposto nei termini di legge sospende l'esecutività del decreto
sino alla conclusione del procedimento.
In mancanza di ricorso dinanzi
alla Corte di Cassazione, il provvedimento può essere dichiarato esecutivo
dalla Corte d’Appello”.
Dott.ssa Marinella Colombo – Avv. Irene Margherita Gonnelli
[1]
Ciò è quanto contenuto nell’articolo § 40, comma 3 della IntFamRVG - Legge
tedesca relativa al diritto di famiglia internazionale, nonché ratifica tedesca
della Convenzione di cui sopra.
[2]
La ratifica tedesca presa qui a modello, prevede che una decisione del giudice
familiare possa essere di immediata applicazione, cioè esecutiva (vollziehbar). Sarà però esecutiva con la
forza (vollstreckbar) attraverso
ufficiale giudiziario e ammenda, solo
ad esaurimento delle possibilità di appello. Fino a quando il tribunale del
ricorso non avrà emesso la sua decisione definitiva, la decisione del tribunale
dell’istanza precedente sarà esecutiva, ma non
verrà eseguita con la forza.
[3] La prassi italiana del prelievo di bambini a scuola
per l’esecuzione del rimpatrio coatto, all’insaputa del genitore italiano con
il quale vivono, con bambini in lacrime avvinghiati alle maestre, non può essere
considerato “tutelante” dell’interesse dei minori, bensì piuttosto potrebbe
essere presto motivo di condanna all’Italia da parte della Corte Europea dei
Diritti Umani per violazione dei diritti dei minori. E’ inammissibile usare la
forza contro di loro; i bambini non sono responsabili delle dispute tra gli
adulti, non hanno commesso reati e non possono dunque essere trattati da
criminali il cui comportamento impone l’uso della forza per imporre il rispetto
della legge.
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