Achtung,
binational babies: il padre, il padre-sociale e il postino
Storie di genitori discriminati e
di bambini con due nazionalità, ma metà diritti
Riproponiamo un articolo
pubblicato nel giugno del 2014, per comprendere la ragione di questa
ripetizione, leggete fino alla fine.
Succede ogni giorno
decine di volte, nel cuore dell’Europa teoricamente senza frontiere, ma con una
barriera attorno alla Germania, dove i bambini entrano, ma non ne escono mai.
Ecco una delle tante
vicende e dei tanti genitori al fianco dei quali mi sto battendo.
Una donna tedesca si
trasferisce in Italia, dove trova lavoro. Conosce un ragazzo italiano. Dopo un
certo periodo di fidanzamento, quando hanno ormai deciso di sposarsi, lei resta
incinta. Grande gioia di entrambi, acquisto della casa e progetti per il
futuro. Lei dice di voler partorire in Germania, lui cerca di comprendere e
asseconda. Il bambino nasce, ma lei ha intanto deciso che il padre di questo
bambino non sarà italiano (peccato che è con un italiano che ha procreato) e
dunque glielo lascia riconoscere perché così potrà chiedergli gli alimenti, ma
non gli dà la possibilità di avere la potestà genitoriale sul figlio (in Germania è la madre tedesca non sposata
che decide tutto ciò, dunque lei sta agendo in perfetta legalità). Poi
chiede al padre-italiano-senza-diritti
che si era recato in Germania per il parto di sparire.
Preso atto della penosa
situazione, dopo essere stato ingannato da diversi avvocati sia italiani che
tedeschi, sia in buonafede (gli avvocati italiani non conoscono necessariamente
il codice di famiglia tedesco) che in malafede (gli avvocati tedeschi sono
sinceramente convinti che crescere senza contatti con l’Italia, un paese “problematico”,
sia la soluzione migliore per il bambino), questo padre intraprende la via del
tribunale per riuscire almeno ad incontrare
ogni tanto suo figlio, per il quale comunque paga gli alimenti.
Precisiamo che si
tratta di una persona educata e pacifica e che non è né violenta, né affetta da
disturbi.
Mentre spende migliaia
e migliaia di euro in avvocati, spese processuali e viaggi (ovviamente di far
venire il bambino in Italia non se ne parla neanche), riesce a vedere suo
figlio, nell’arco di sei anni, solo una manciata di ore, sempre sotto la
supervisione di altre persone. Infatti, essendo lui italiano, potrebbe rapire
il bambino, quindi meglio tenerlo d’occhio. Forse superfluo aggiungere che la famiglia italiana è completamente esclusa,
così come l’utilizzo della lingua
italiana è strettamente da evitare.
Dopo anni di
procedimenti, il suo caso è ancora in prima istanza (quindi molto lontano dal
poter adire la Corte per i Diritti umani), sia perché ogni volta che la signora
tedesca cambia casa, cambia la competenza territoriale del tribunale e si
ricomincia daccapo, sia perché quando il giudice stabilisce un calendario di
incontri (tipo un’ora ogni due mesi), una volta esaurite le data indicate,
quest’uomo deve ricominciare un procedimento in tribunale per ottenere altre
date. Per capirci, il giudice non sentenzia mai stabilendo una volta per tutte,
o fino all’accadimento di fatti nuovi, l’intervallo degli incontri, ma scrive
invece “dalle ore tot alle ore tot del giorno tale, del tal mese e del tal anno”.
Passato quel giorno, si ricomincia da zero. Questo padre deve cioè ogni volta
tornare a dimostrare di essere eccezionale affinché gli vengano concessi dei
contatti con il figlio. In pratica il contrario del buon senso e della legge di
natura: non sono eventuali accuse, vere o false, a togliergli la possibilità di
vedere suo figlio; si parte dal
principio che la possibilità di incontrare suo figlio lui non ce l’ha e solo
se dimostra di essere fantastico, forse gentilmente gli concedono qualche ora.
Poi la signora tedesca
si sposa con un tedesco. A questo punto il bambino ha finalmente un padre (!)
sociale, un padre tedesco. Allora il vero
padre, per di più italiano,
diventa del tutto superfluo. Ma lui
insiste, dice di voler bene a suo figlio e il bambino, pur incontrandolo
raramente, mostra di essergli affezionato. Soluzione: si dispone una perizia
psicologica familiare.
Non mi soffermo
sull’impegno di tempo, risorse e denaro necessari allo svolgimento della
perizia (siamo nell’ordine di importi a cinque cifre, ovviamente a carico del
genitore non-tedesco), né sul fatto che la signora tedesca non ritenga di
doversi sempre presentare, né di ottemperare a quanto disposto dal giudice, lei
ha tutti i diritti in maniera esclusiva sul bambino e dunque le si perdona
tutto. Passo direttamente all’esito di questa perizia di quasi 100 pagine:
· il bambino percepisce che la madre non
approva che lui instauri una relazione con suo padre [ndr. e d’altronde non gli
ha mai permesso di chiamarlo papà]
·
per questo il bambino vive un conflitto di
lealtà
·
il conflitto di lealtà crea stress nel bambino
·
per eliminare lo stress del bambino si annulla
ogni contatto con il papà italiano per almeno un anno
Il tribunale nomina
allora un intermediario, un estraneo che durante questo anno dovrà parlare del
padre al bambino e del bambino al padre, consegnando anche lettere, fotografie
e regali;
anche questo
intermediario non ottempera e si rifiuta di conoscere il padre, mentre al padre
dice di suo figlio banalità del tipo “pare gli piaccia il gelato”, lui stesso
si definisce un semplice “postino”[1];
avvisato il giudice di
questo comportamento da parte dell’intermediario e delle sue non ottemperanze,
così come di quelle della madre, il giudice ritiene che vada bene così.
Ora l’anno è passato,
il rapporto padre-figlio è stato finalmente reso inesistente; qualsiasi cosa
pensi di volere questo genitore italiano deve ricominciare daccapo, con
l’aggravante che, essendo il rapporto con il bambino ormai inesistente, sarà
impossibile dimostrare che mantenere i contatti con il papà giovi al bambino.
Ma deve pagare! Deve pagare gli alimenti, le
spese processuali, gli psicologi, e tutti gli altri “personaggi” intervenuti ad
allontanare suo figlio. Non è più in grado di far fronte a questi costi, così
diventerà anche lui un “criminale” –come tutti coloro che hanno tentato di
opporsi a queste ingiustizie- contro il quale verrà spiccato un mandato
d’arresto?
Cosa farà l’Italia a
difesa di questi suoi due concittadini, un adulto e un minorenne?
Questo è quello che succede in Germania ogni giorno centinaia di volte,
contro i padri e le madri non tedesche, ma soprattutto a discapito dei bambini
binazionali.
Questo è quello che non posso e non possiamo più accettare, è la palese
negazione dei diritti fondamentali e naturali, è l’arroganza fatta legge e
sistema, è la distruzione dei valori sui quali -ci hanno fatto credere- avrebbe
dovuto essere costruita l’Europa della pace.
Non possiamo cambiare la Germania, ma possiamo tutelare gli Italiani.
Chiedo un impegno ed un incontro a breve con i Ministri degli Esteri e della
Giustiza.
Dopo otto anni nulla è cambiato. Il sistema
tedesco ha affilato ancor più le unghie e quello italiano è sempre più confuso
e cieco.
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus –
Roma
Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera
Membro dell’Associazione Enfants Otages - Francia
[1] “What you still want to know in detail about your son? What should I ask
him or his mother at the next meet? I do not think it makes sense that you come
to Germany to talk to me. it would change nothing in the situation. I'm just the mailman”.
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