Alla Commissaria On. Viviane Reding
e ai membri del suo gabinetto Markus Zalewski, Viviane
Hoffmann, Michael Shotter, Margaret Tuite
All’on. Roberta Angelilli
e ai suoi collaboratori dell’Ufficio del Mediatore del
Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori
All’On. Erminia mazzoni, presidente della Commissione
petizioni
Agli Eurodeputati On. Cristiana Muscardini, On. Niccolò
Rinaldi, On. Patrizia Toia
Ogg.: sistema
familiare tedesco (Jugendamt+Tribunali)
Gent.li Eurodeputati e membri della Commissione europea
Mentre tutti sono o stati in
ferie e anche i nostri figli probabilmente lo sono, noi, i genitori
non-tedeschi, non sappiamo neppure dove
i nostri ragazzi si trovino, non sappiamo con chi sono, cosa fanno, cosa
sentono.
Non sto parlando solo del mio
caso di mamma, ritenuto l’unico genitore idoneo ad occuparsi dei figli, ma colpevole di aver scoperto che lo Jugendamt si era messo d’accordo anticipatamente con il mio ex, tedesco,
per costruire i procedimenti in
tribunale a suo favore e così cambiare la collocazione dei figli e i relativi
diritti su di loro. Per avere rese note queste modalità della giustizia
familiare tedesca, sono stata presentata, trattata e condannata come una
criminale. Al momento ci sono ancora sette
processi in corso, un vero e proprio stalking
giudiziario. Oltre a perseguire nella costruzione di un altro motivo per
farmi nuovamente incarcerare, si sta mettendo in atto, con la collaborazione
del tribunale di Milano, la finalità strettamente collegata alla sparizione dei
bambini in Germania: il trasferimento di
ogni bene, mobile ed immobile, mio e della mia famiglia, dall’Italia alla Germania. Sono quasi
tre anni che non vedo i miei figli.
Il vero tema, ormai lo sappiamo,
non è quello del divorzio, ma quello del genitore non tedesco che rappresenta
per sua natura un pericolo per il Kindeswohl
dei tedeschi (=benessere della comunità dei tedeschi), quello di ogni lingua e
cultura non tedesca che, in quanto tale e per quello che rappresenta, va
cancellata. Il tema è quello della germanizzazione
dei nostri figli, fenomeno che non potremo chiamare altrimenti fino a quando le
autorità tedesche non ci daranno la possibilità di farlo, cioè non ci
mostreranno con azioni concrete che
non è questa la finalità da loro perseguita.
Ad oggi, tutte le prove e i
documenti confermano le nostre affermazioni, i nostri figli vengono
germanizzati con procedimenti solo apparentemente legali.
Desidero pertanto richiamare alla
Vostra attenzione altri casi, alcuni conosciuti, ma completamente irrisolti
ed altri attualmente in corso e che non possono più essere ignorati.
Mi riferisco alla piccola Irene, bambina nata e cresciuta
felicemente nel sud dell’Italia con i suoi genitori. La famiglia si è
trasferita in Germania per lavoro e credendo di dare un futuro ai propri figli.
Il risultato è stata l’appropriazione della bambina e di tutti i diritti su di
lei da parte dello Jugendamt tedesco, appena trascorsi i sei mesi di residenza
sul suolo tedesco che attribuivano pertanto, in forza del RE 2201/2003, la
competenza giurisdizionale al sistema familiare tedesco (Jugendamt e
tribunale). Sono due anni che la bambina si trova in un istituto e da sedici
mesi non ha più nessun tipo di contatto con i suoi genitori. Le terribili false
accuse contro i genitori usate per sottrarre loro la bambina si sono rivelate
poi, per ammissione delle stesse autorità tedesche, completamente infondate, ma
i genitori ormai non hanno più nessun diritto sulla piccola. Stando ai
documenti, ai test e alle relazioni, questa bambina, sana, equilibrata e felice
fino a quando ha vissuto in Italia, sarebbe diventata “handicappata mentale”
(cito testualmente) al passare la frontiera. La prima richiesta (2012) del
console generale d’Italia ad Hannover di affidare la bambina ai servizi sociali
italiani è rimasta senza risposta, la seconda sarebbe andata “persa” e per la
terza siamo ancora in attesa di una risposta che, guarda caso, tarda ad
arrivare. La bambina porta allo Jugendamt entrate per quasi 5.000 euro al mese.
Penso anche al figlio di Massimo che, a tutela del Kindeswohl dei tedeschi, non potrà più
avere neanche i rari, sporadici quanto assurdi
contatti di 24 ore in totale in un intero anno con il genitore italiano. Il
tribunale tedesco ha infatti disposto una perizia che in 90 pagine illustra
come l’unico interesse del genitore tedesco (qui la madre) sia quello di
allontanare il bambino da suo padre e presentargli altri figure in sostituzione
di questa (Sozialvater), pertanto il
bambino si trova sotto stress e per evitargli questo stress la soluzione è
interrompere ogni tipo di contatto con il padre in Italia, nominare una persona
tedesca (in questo caso uno psicologo esperto in dipendenze!) sconosciuta al
bambino che andrà a trovarlo e manderà ogni sei settimane informazioni al vero
padre. Per arrivare a questa decisione, molte migliaia di euro hanno varcato la frontiera, con destinazione Germania.
Superfluo precisare che anche questa assurda modalità sancita dall’ultimo
decreto di informare il genitore in Italia a mezzo di uno sconosciuto non è
stata messa in pratica. Il genitore non tedesco deve pagare e tacere o, ancora
meglio, scomparire proprio. Con lui scompare tutta la famiglia italiana, la
lingua e la cultura.
Penso ai bambini di Jacy, l’avvocata brasiliana, che si è
recata due anni fa in Germania per far trascorre ai bambini una lunga vacanza
con il padre dal quale lei si era separata quando tutta la famiglia viveva in
Brasile. Lo Jugendamt le ha sottratto bambini e passaporti accusandola di avere
l’intenzione di rapirli e portarli in Brasile, cioè il luogo di residenza
abituale. Sono due anni che questi bimbi hanno perso la mamma. Varie migliaia
di euro sono entrate nelle casse tedesche per procedimenti farsa del tribunale,
procedimenti nei quali un genitore non tedesco può solo perdere poiché
rappresenta intrinsecamente un pericolo per il Kindeswohl.
Penso alla figlia di Enzo il quale, separatosi dalla
compagna spagnola in Spagna, ha potuto continuare ad essere un buon padre fino
al giorno in cui la donna ha conosciuto un tedesco e ha sottratto la bambina
portandola in Germania. A tutela del Kindeswohl,
il tribunale tedesco ha deciso che questa bambina italo-spagnola non deve più
avere nessun tipo di contatto con suo padre. La sottrazione è ovviamente
diventata un atto di legalità tedesca.
Mi chiedo se i figli di Lionel, due bambini franco-tedeschi in
Germania, sanno che il loro papà non li ha dimenticati, che continua a cercare
in Internet le loro foto e scopre ogni volta quello sguardo vuoto e rassegnato
che contraddistingue tutti i nostri figli. Dopo essersi lamentato con lo Jugendamt del fatto di non sapere più
nulla dei propri figli da anni, chiedendo retoricamente se fosse questo il Kindeswohl al quale lavora lo Jugendamt, quest’ultimo gli ha risposto
che avrebbe potuto smettere di pagare
solo se avesse ricevuto il certificato di morte dei suoi figli. La Germania ha
richiesto l’incarcerazione e l’estradizione di Lionel per mancato pagamento
degli alimenti.
Caroline ha due figli, un maschio e una femmina, ma solo uno vive
in Francia. Il padre tedesco voleva soltanto la bambina e dunque lo Jugendamt e poi il giudice hanno
affermato che, essendo piccoli, non erano fratelli da molto e li si poteva
dunque separare (sie sind noch nicht lange Geschwister, die kann
man schon trennen) e hanno poi così deciso. Pur di germanizzare la
figlia, il genitore tedesco (qui il padre) ha ridotto e poi annullato ogni
contatto con la ex compagna e il figlio, rinunciando lui stesso a incontrarlo.
Alain è doppiamente pericoloso. Infatti, quando la sua compagna ha
sottratto la figlia, il tribunale tedesco ha ugualmente negato l’affido a lui,
in quanto non solo genitore non tedesco, ma anche cieco e pertanto
handicappato. Subito dopo le visite sono state però sospese perché una chiamata
anonima avrebbe avvisato dell’intenzione di questo padre cieco di rapire la
bambina. Dopo che migliaia e migliaia di euro
sono passati dalla Francia alla Germania, Alain è riuscito a convincere della
sua innocenza e ottenere incontri centellinati con sua figlia; ma non può
uscire per strada con lei perché è cieco e dunque non in grado di gestire la
situazione, può invece prendere taxi-treno-aereo per andare in Germania, anche
se è cieco. La bimba, che non può mai andare a trovare la famiglia in Francia,
dopo solo un anno di germanizzazione, gli ha detto: “Io sono tedesca e ho una
sola lingua. Parlare in francese fa venire il mal di testa”.
La figlia di Joel non ha mai visto suo padre che solo per lei è rimasto in
Germania. Joel era con noi all’incontro con il gabinetto della Commissaria
Reding nel luglio di quest’anno. Ha dettagliatamente spiegato la farsa dei
procedimenti giuridici tedeschi, ha ricordato come egli ha perso tutti i gradi
di giudizio perché la Germania non riconosce i suoi diritti naturali di padre
motivando con il fatto che “il genitore tedesco (qui la madre) non vuole
parlare con lui”, dunque non c’è dialogo fra i genitori, dunque non gli si può
riconoscere né affido condiviso, né responsabilità genitoriale. Ovviamente deve
pagare la germanizzazione di sua
figlia, efficientemente assicurata da pignoramenti sul suo conto corrente,
pignoramenti che sono -questi sì- messi in pratica con incredibile celerità.
A mio nome chiedo azioni CONCRETE per la liberazione dei
miei figli dalla germanizzazione cui sono sottoposti da anni, così come lo
richiedono gli altri genitori menzionati.
A nome dell’Associazione C.S.IN.
di cui faccio parte quale responsabile nazionale dello Sportello-Jugendamt e delle Organizzazioni
associate Free Marcel e Enfants
Otages chiedo al Parlamento e alla Commissione europea la risposta
definitiva al quesito che poniamo da anni:
Le istituzioni europee sono
intenzionate e sono in grado di ristabilire i diritti fondamentali dei nostri e
di altre centinaia di migliaia di bambini ostaggio delle autorità tedesche, o stanno
prendendo tempo a fianco di queste stesse autorità incriminate, in attesa che
si compia la definitiva germanizzazione e la nostra distruzione fisica,
psicologica ed economica?
O forse le istituzioni europee
vorrebbero sostenerci, ma non sono in grado di farlo per via dei regolamenti
che loro stesse ci hanno imposto? La Commissione europea ci ripete da anni che
il diritto di famiglia è diritto nazionale e pertanto non di competenza della
Commissione; ma chi ha firmato i regolamenti che impongono il riconoscimento
senza exequatur delle sentenze tedesche, appunto di diritto di famiglia, cioè
di quel diritto che impone in tutta l’Europa la visione nazionalistica e
xenofoba tedesca?
L’Europa ci impone un diritto
che lei stessa giudica “difforme” da quello degli altri Stati e poi si dichiara
impossibilitata ad intervenire sulle conseguenze che sono inequivocabilmente violazioni
dei diritti fondamentali e dei minori. Questo non è più ammissibile.
Il RE 2201/2003 prevede nelle
disposizioni finali, articolo 65, capo VII: “Al più tardi il 10 gennaio 2012 e successivamente ogni cinque anni, la
Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato
economico e sociale europeo, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati
membri, una relazione sull'applicazione del presente regolamento, corredata se
del caso di proposte di adeguamento”. Ormai l’adeguamento è d’obbligo; l’Europa non può imporre ai suoi cittadini,
tramite il regolamento, un diritto che non controlla e che non è conforme a
quello degli altri Stati. Il riconoscimento delle decisioni tedesche va
SOSPESO fino a quando non si sarà davvero realizzata l’armonizzazione tra le
diverse giurisdizioni!
Non si tratta di poche decine di
bambini figli di genitori separati, ma di migliaia e migliaia di vite, del
nostro futuro e dell’economia di una
Europa che si sta consegnando alla Germania, perdendo sempre più credibilità
tra i suoi cittadini, a partire da noi stessi genitori che eravamo l’esempio
pratico di questo credo: credevamo di aver messo al mondo i cittadini europei
del futuro, bilingui e biculturali e ci ritroviamo, senza possibilità di essere
contraddetti, genitori di bambini tedeschi a noi completamente estranei,
allevati nella paura e nel disprezzo
per tutto ciò che non è tedesco.
Resto in attesa di un Vostro riscontro, celere ed esaustivo
e colgo l’occasione per porgere distinti saluti
Dott.ssa Marinella Colombo
A nome e per conto anche degli altri genitori citati
e delle Associazioni
C.S.IN – Free Marcel – Enfants Otages
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