Citazione dalla lettera di Martin Selmayr, capogabinetto della Commissione Giustizia e Diritti fondamentali alla Commissione europa
Nel seguente scambio di lettere con la Commissione europea, il capo gabinetto della Commissaria Reding per la Giustizia e i Diritti Fondamentali, Martin Selmayr, un avvocato tedesco, ci conferma quanto avevamo compreso da tempo, ma che l'opinione pubblica non voleva credere:
i Diritti del minore si trovano nella Carta dei Diritti fondamentali
dell’Unione europea con la funzione di ciò che in italiano si chiama
specchietto per le allodole, infatti gli Stati membri, e primo fra tutti la
Repubblica Federale di Germania, possono
tranquillamente violare questi diritti in quanto l’Unione non ha nessuna
possibilità di intervenire, sanzionare e tanto meno ristabilire il rispetto dei
diritti fondamentali dei bambini.
Selmay ci scrive tra l'altro: "“La Carta dei Diritti fondamentali
dell’Unione europea, in particolare l’articolo 24 relativo ai Diritti del
minore, non si applica in ogni singolo caso di presunta violazione dei diritti
fondamentali."
Di seguito i testi integrali delle lettere.
Alla Commissaria On. Viviane Reding e al capo
Gabinetto Martin Selmayr
e agli altri membri Markus Zalewski, Viviane
Hoffmann, Michael Shotter, Margaret Tuite
All’on. Roberta Angelilli
e ai collaboratori dell’Ufficio del Mediatore del
Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori
All’On. Erminia mazzoni, presidente della
Commissione petizioni
Agli Eurodeputati On. Cristiana Muscardini, On.
Niccolò Rinaldi, On. Patrizia Toia
3.12.2013
Gentile signor Selmayr,
ricevo la sua mail del 19
novembre[1] in
risposta alla mia lettera del 26.08.2013[2]
indirizzata alla Commissaria alla Giustizia, Diritti fondamentali e
cittadinanza, Viviane Reding.
Innanzi tutto mi vedo obbligata a
fare alcune precisazioni.
Lei parla della “mia
preoccupazione” in merito all’agire degli Jugendämter.
Invece nella lettera da me firmata, ma non “mia”,
perché esplicitamente scritta a nome di tre associazioni e per conto di tutti
gli associati delle stesse, non viene espressa “preoccupazione”, ma una esplicita accusa e denuncia di razzismo,
discriminazione e xenofobia da parte degli Jugendämter
tedeschi, pratiche a cui la Commissaria a Giustizia, Diritti fondamentali e
cittadinanza dovrebbe mettere fine, se non fosse che, come si legge più sotto, si
dichiara impossibilitata a farlo.
Tralascio ogni considerazione
sull’affermazione con la quale si dice “profondamente
dispiaciuto per la situazione in cui Lei si trova e per il dolore che Le sta
causando”, poiché i tre mesi che sono stati necessari a rispondere si
commentano da soli. Inoltre non si tratta del “mio” dolore, ma di quello del
vastissimo numero di genitori che mi hanno autorizzata a scrivere anche a nome
loro come espressamente indicato.
La ringrazio invece moltissimo
per la precisazione di un obbrobrio di cui noi eravamo già perfettamente a
conoscenza, ma che l’opinione pubblica non voleva credere; ora ne abbiamo la
conferma scritta e autorevole che rafforza e rende certezza ogni dubbio di
coloro che si chiedono che cosa è questa Europa e come sia possibile che
all’interno di uno spazio che si vuole di “libertà e sicurezza” si perpetrino
violazioni che nel resto del mondo verrebbero definite barbare e inammissibili
e che qui sono invece rivestite di perfetta legalità. Ci spieghiamo meglio.
Nella Sua risposta Lei precisa
che “La
Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l’articolo
24 relativo ai Diritti del minore[3],
non si applica in ogni singolo caso di presunta violazione dei diritti
fondamentali. Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, questa si
applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto
dell’Unione”. Arriva così a concludere, come già frequentemente
ribadito nelle risposte della Commissione alle numerosissime denunce di
violazioni perpetrate dal sistema familiare tedesco, che il Diritto del minore
è un diritto nazionale, interno, non
è un diritto europeo ed è pertanto al di fuori del campo di applicazione della
Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea. In altre parole i Diritti del minore si trovano nella Carta dei Diritti
fondamentali dell’Unione europea con la funzione di ciò che in italiano si
chiama specchietto per le allodole: gli Stati membri, e primo fra tutti la
Repubblica Federale di Germania, possono
tranquillamente violare questi diritti in quanto l’Unione non ha nessuna
possibilità di intervenire, sanzionare e tanto meno ristabilire il rispetto dei
diritti fondamentali dei bambini.
Le restanti considerazioni non
apportano nulla alle nostre conoscenze. La Amtshaftungsklage
presso il Landgericht non può certo
ristabilire i diritti dei minori, in quanto noi non denunciamo il comportamento
scorretto di alcuni dipendenti dello Jugendamt,
ma la funzione stessa dello Jugendamt,
parte in causa e genitore di Stato nei procedimenti relativi ai minori, e il
concetto di Kindeswohl che, così come
applicato, racchiude in sé quello di germanizzazione
di tutti i bambini sotto giurisdizione tedesca.
Pertanto il portale europeo della
giustizia elettronica e le guide che evidenziano le differenze tra i sistemi
giuridici degli Stati membri dovrebbero colmare la lacuna relativa al sistema
tedesco, precisando in modo chiaro e inequivocabile che cosa si intenda in
Germania per “bene del bambino”,
concetto alla base di ogni decisione, ma che non concorda in nulla con quanto inteso dagli altri paesi
dell’Unione. I nostri figli e le loro vite distrutte in maniera perfettamente deutsch-legal ne sono l’esempio
concreto.
Infine, l’ottavo Forum europeo per i diritti dei minori che si terrà a
Bruxelles il 17 e 18 dicembre 2013 sta significativamente rifiutando la partecipazione a una delle associazioni che Le stanno
scrivendo, a conferma di quanto le situazioni di cui relazioniamo non siano per
nulla difficili, come Lei le definisce, ma piuttosto emblematiche di un sistema
che evidenzia ancora una volta la volontà di impedirne il cambiamento.
In concreto chiediamo:
che si informino tutti gli Stati dell’Unione delle diversità presenti nel
sistema tedesco, la presenza di una parte in causa e genitore di Stato (Jugendamt)
e la diversità del concetto di Kindeswohl con quello di “bene del
bambino” o “interesse superiore del minore”;
l’autorizzazione a partecipare
all’ottavo Forum del 17-18 dicembre di tutte le associazioni scriventi;
il ripristino dei diritti
fondamentali dei figli degli scriventi, non alla luce del diritto di famiglia
tedesco che continuerà a negarli, ma perché diritti fondamentali il cui
rispetto ogni cittadino, maggiorenne o minorenne, è tenuto a reclamare.
Restiamo in attesa di una
risposta in tempi brevi e ringraziando porgiamo distinti saluti
Dott.ssa Marinella
Colombo
A nome e per conto
anche degli altri genitori citati e delle Associazioni
C.S.IN (Centro
Servizi Interdisciplinare) – Free Marcel – Enfants Otages – Federgenitori – BiC
(Best Interest of the Child) – P.U.P.I. (Professionisti Uniti per l’Infanzia) –
A.P.I. Onlus (Associazione Pediatri Italiani) – C.I.Pe (Conferderazione
Italiana Pediatri) – S.I.N.S.Pe (Sindacato Italiano Nazionale Medici
Specialisti Pediatri) – ACPc (Associazione culturale Pediatri Catanesi) – Mondo
Pediatrico (Associazione Pediatri di Famiglia)
[1]
Vedi allegato 1
[2]
Vedi allegato 2
[3]
Articolo 24 - Diritti del minore:
1. I minori
hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere.
Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in
considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e
della loro maturità.
2. In tutti
gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da
istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato
preminente.
3. Il minore
ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti
con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.
------
Allegato 1
Allegato 2
Alla Commissaria On. Viviane Reding
e ai membri del suo gabinetto Markus Zalewski, Viviane
Hoffmann, Michael Shotter, Margaret Tuite
All’on. Roberta Angelilli
e ai suoi collaboratori dell’Ufficio del Mediatore del
Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori
All’On. Erminia mazzoni, presidente della Commissione
petizioni
Agli Eurodeputati On. Cristiana Muscardini, On. Niccolò
Rinaldi, On. Patrizia Toia
Ogg.: sistema
familiare tedesco (Jugendamt+Tribunali)
Gent.li Eurodeputati e membri della Commissione europea
Mentre tutti sono o stati in
ferie e anche i nostri figli probabilmente lo sono, noi, i genitori
non-tedeschi, non sappiamo neppure dove
i nostri ragazzi si trovino, non sappiamo con chi sono, cosa fanno, cosa
sentono.
Non sto parlando solo del mio
caso di mamma, ritenuto l’unico genitore idoneo ad occuparsi dei figli, ma colpevole di aver scoperto che lo Jugendamt si era messo d’accordo anticipatamente con il mio ex, tedesco,
per costruire i procedimenti in
tribunale a suo favore e così cambiare la collocazione dei figli e i relativi
diritti su di loro. Per avere rese note queste modalità della giustizia
familiare tedesca, sono stata presentata, trattata e condannata come una
criminale. Al momento ci sono ancora sette
processi in corso, un vero e proprio stalking
giudiziario. Oltre a perseguire nella costruzione di un altro motivo per
farmi nuovamente incarcerare, si sta mettendo in atto, con la collaborazione
del tribunale di Milano, la finalità strettamente collegata alla sparizione dei
bambini in Germania: il trasferimento di
ogni bene, mobile ed immobile, mio e della mia famiglia, dall’Italia alla Germania. Sono quasi
tre anni che non vedo i miei figli.
Il vero tema, ormai lo sappiamo,
non è quello del divorzio, ma quello del genitore non tedesco che rappresenta
per sua natura un pericolo per il Kindeswohl
dei tedeschi (=benessere della comunità dei tedeschi), quello di ogni lingua e
cultura non tedesca che, in quanto tale e per quello che rappresenta, va
cancellata. Il tema è quello della germanizzazione
dei nostri figli, fenomeno che non potremo chiamare altrimenti fino a quando le
autorità tedesche non ci daranno la possibilità di farlo, cioè non ci
mostreranno con azioni concrete che
non è questa la finalità da loro perseguita.
Ad oggi, tutte le prove e i
documenti confermano le nostre affermazioni, i nostri figli vengono
germanizzati con procedimenti solo apparentemente legali.
Desidero pertanto richiamare alla
Vostra attenzione altri casi, alcuni conosciuti, ma completamente irrisolti
ed altri attualmente in corso e che non possono più essere ignorati.
Mi riferisco alla piccola Irene, bambina nata e cresciuta
felicemente nel sud dell’Italia con i suoi genitori. La famiglia si è
trasferita in Germania per lavoro e credendo di dare un futuro ai propri figli.
Il risultato è stata l’appropriazione della bambina e di tutti i diritti su di
lei da parte dello Jugendamt tedesco, appena trascorsi i sei mesi di residenza
sul suolo tedesco che attribuivano pertanto, in forza del RE 2201/2003, la
competenza giurisdizionale al sistema familiare tedesco (Jugendamt e
tribunale). Sono due anni che la bambina si trova in un istituto e da sedici
mesi non ha più nessun tipo di contatto con i suoi genitori. Le terribili false
accuse contro i genitori usate per sottrarre loro la bambina si sono rivelate
poi, per ammissione delle stesse autorità tedesche, completamente infondate, ma
i genitori ormai non hanno più nessun diritto sulla piccola. Stando ai
documenti, ai test e alle relazioni, questa bambina, sana, equilibrata e felice
fino a quando ha vissuto in Italia, sarebbe diventata “handicappata mentale”
(cito testualmente) al passare la frontiera. La prima richiesta (2012) del
console generale d’Italia ad Hannover di affidare la bambina ai servizi sociali
italiani è rimasta senza risposta, la seconda sarebbe andata “persa” e per la
terza siamo ancora in attesa di una risposta che, guarda caso, tarda ad
arrivare. La bambina porta allo Jugendamt entrate per quasi 5.000 euro al mese.
Penso anche al figlio di Massimo che, a tutela del Kindeswohl dei tedeschi, non potrà più
avere neanche i rari, sporadici quanto assurdi
contatti di 24 ore in totale in un intero anno con il genitore italiano. Il
tribunale tedesco ha infatti disposto una perizia che in 90 pagine illustra
come l’unico interesse del genitore tedesco (qui la madre) sia quello di
allontanare il bambino da suo padre e presentargli altri figure in sostituzione
di questa (Sozialvater), pertanto il
bambino si trova sotto stress e per evitargli questo stress la soluzione è
interrompere ogni tipo di contatto con il padre in Italia, nominare una persona
tedesca (in questo caso uno psicologo esperto in dipendenze!) sconosciuta al
bambino che andrà a trovarlo e manderà ogni sei settimane informazioni al vero
padre. Per arrivare a questa decisione, molte migliaia di euro hanno varcato la frontiera, con destinazione Germania.
Superfluo precisare che anche questa assurda modalità sancita dall’ultimo
decreto di informare il genitore in Italia a mezzo di uno sconosciuto non è
stata messa in pratica. Il genitore non tedesco deve pagare e tacere o, ancora
meglio, scomparire proprio. Con lui scompare tutta la famiglia italiana, la
lingua e la cultura.
Penso ai bambini di Jacy, l’avvocata brasiliana, che si è
recata due anni fa in Germania per far trascorre ai bambini una lunga vacanza
con il padre dal quale lei si era separata quando tutta la famiglia viveva in
Brasile. Lo Jugendamt le ha sottratto bambini e passaporti accusandola di avere
l’intenzione di rapirli e portarli in Brasile, cioè il luogo di residenza
abituale. Sono due anni che questi bimbi hanno perso la mamma. Varie migliaia
di euro sono entrate nelle casse tedesche per procedimenti farsa del tribunale,
procedimenti nei quali un genitore non tedesco può solo perdere poiché rappresenta
intrinsecamente un pericolo per il Kindeswohl.
Penso alla figlia di Enzo il quale, separatosi dalla
compagna spagnola in Spagna, ha potuto continuare ad essere un buon padre fino
al giorno in cui la donna ha conosciuto un tedesco e ha sottratto la bambina
portandola in Germania. A tutela del Kindeswohl,
il tribunale tedesco ha deciso che questa bambina italo-spagnola non deve più
avere nessun tipo di contatto con suo padre. La sottrazione è ovviamente
diventata un atto di legalità tedesca.
Mi chiedo se i figli di Lionel, due bambini franco-tedeschi in
Germania, sanno che il loro papà non li ha dimenticati, che continua a cercare
in Internet le loro foto e scopre ogni volta quello sguardo vuoto e rassegnato
che contraddistingue tutti i nostri figli. Dopo essersi lamentato con lo Jugendamt del fatto di non sapere più
nulla dei propri figli da anni, chiedendo retoricamente se fosse questo il Kindeswohl al quale lavora lo Jugendamt, quest’ultimo gli ha risposto
che avrebbe potuto smettere di pagare
solo se avesse ricevuto il certificato di morte dei suoi figli. La Germania ha
richiesto l’incarcerazione e l’estradizione di Lionel per mancato pagamento
degli alimenti.
Caroline ha due figli, un maschio e una femmina, ma solo uno vive
in Francia. Il padre tedesco voleva soltanto la bambina e dunque lo Jugendamt e poi il giudice hanno
affermato che, essendo piccoli, non erano fratelli da molto e li si poteva
dunque separare (sie sind noch nicht lange Geschwister, die kann
man schon trennen) e hanno poi così deciso. Pur di germanizzare la
figlia, il genitore tedesco (qui il padre) ha ridotto e poi annullato ogni
contatto con la ex compagna e il figlio, rinunciando lui stesso a incontrarlo.
Alain è doppiamente pericoloso. Infatti, quando la sua compagna ha
sottratto la figlia, il tribunale tedesco ha ugualmente negato l’affido a lui,
in quanto non solo genitore non tedesco, ma anche cieco e pertanto
handicappato. Subito dopo le visite sono state però sospese perché una chiamata
anonima avrebbe avvisato dell’intenzione di questo padre cieco di rapire la
bambina. Dopo che migliaia e migliaia di euro
sono passati dalla Francia alla Germania, Alain è riuscito a convincere della
sua innocenza e ottenere incontri centellinati con sua figlia; ma non può
uscire per strada con lei perché è cieco e dunque non in grado di gestire la
situazione, può invece prendere taxi-treno-aereo per andare in Germania, anche
se è cieco. La bimba, che non può mai andare a trovare la famiglia in Francia,
dopo solo un anno di germanizzazione, gli ha detto: “Io sono tedesca e ho una
sola lingua. Parlare in francese fa venire il mal di testa”.
La figlia di Joel non ha mai visto suo padre che solo per lei è rimasto in
Germania. Joel era con noi all’incontro con il gabinetto della Commissaria
Reding nel luglio di quest’anno. Ha dettagliatamente spiegato la farsa dei
procedimenti giuridici tedeschi, ha ricordato come egli ha perso tutti i gradi
di giudizio perché la Germania non riconosce i suoi diritti naturali di padre
motivando con il fatto che “il genitore tedesco (qui la madre) non vuole parlare
con lui”, dunque non c’è dialogo fra i genitori, dunque non gli si può
riconoscere né affido condiviso, né responsabilità genitoriale. Ovviamente deve
pagare la germanizzazione di sua
figlia, efficientemente assicurata da pignoramenti sul suo conto corrente,
pignoramenti che sono -questi sì- messi in pratica con incredibile celerità.
A mio nome chiedo azioni CONCRETE per la liberazione dei
miei figli dalla germanizzazione cui sono sottoposti da anni, così come lo
richiedono gli altri genitori menzionati.
A nome dell’Associazione C.S.IN.
di cui faccio parte quale responsabile nazionale dello Sportello-Jugendamt e delle Organizzazioni
associate Free Marcel e Enfants
Otages chiedo al Parlamento e alla Commissione europea la risposta
definitiva al quesito che poniamo da anni:
Le istituzioni europee sono
intenzionate e sono in grado di ristabilire i diritti fondamentali dei nostri e
di altre centinaia di migliaia di bambini ostaggio delle autorità tedesche, o
stanno prendendo tempo a fianco di queste stesse autorità incriminate, in
attesa che si compia la definitiva germanizzazione e la nostra distruzione
fisica, psicologica ed economica?
O forse le istituzioni europee
vorrebbero sostenerci, ma non sono in grado di farlo per via dei regolamenti
che loro stesse ci hanno imposto? La Commissione europea ci ripete da anni che
il diritto di famiglia è diritto nazionale e pertanto non di competenza della
Commissione; ma chi ha firmato i regolamenti che impongono il riconoscimento
senza exequatur delle sentenze tedesche, appunto di diritto di famiglia, cioè
di quel diritto che impone in tutta l’Europa la visione nazionalistica e
xenofoba tedesca?
L’Europa ci impone un diritto
che lei stessa giudica “difforme” da quello degli altri Stati e poi si dichiara
impossibilitata ad intervenire sulle conseguenze che sono inequivocabilmente
violazioni dei diritti fondamentali e dei minori. Questo non è più ammissibile.
Il RE 2201/2003 prevede nelle
disposizioni finali, articolo 65, capo VII: “Al più tardi il 10 gennaio 2012 e successivamente ogni cinque anni, la
Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato
economico e sociale europeo, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati
membri, una relazione sull'applicazione del presente regolamento, corredata se
del caso di proposte di adeguamento”. Ormai l’adeguamento è d’obbligo; l’Europa non può imporre ai suoi cittadini,
tramite il regolamento, un diritto che non controlla e che non è conforme a
quello degli altri Stati. Il riconoscimento delle decisioni tedesche va
SOSPESO fino a quando non si sarà davvero realizzata l’armonizzazione tra le
diverse giurisdizioni!
Non si tratta di poche decine di
bambini figli di genitori separati, ma di migliaia e migliaia di vite, del
nostro futuro e dell’economia di una
Europa che si sta consegnando alla Germania, perdendo sempre più credibilità
tra i suoi cittadini, a partire da noi stessi genitori che eravamo l’esempio
pratico di questo credo: credevamo di aver messo al mondo i cittadini europei
del futuro, bilingui e biculturali e ci ritroviamo, senza possibilità di essere
contraddetti, genitori di bambini tedeschi a noi completamente estranei,
allevati nella paura e nel disprezzo
per tutto ciò che non è tedesco.
Resto in attesa di un Vostro riscontro, celere ed esaustivo
e colgo l’occasione per porgere distinti saluti
Dott.ssa Marinella Colombo
A nome e per conto anche degli altri genitori citati
e delle Associazioni
C.S.IN – Free Marcel – Enfants Otages
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