Attualmente, il
vero problema in Europa, non è
quello delle separazioni e dei divorzi binazionali, bensì quello dei bambini binazionali o stranieri che
risiedono per almeno sei mesi in Germania. Grazie al regolamento europeo
2201/2003, dopo sei mesi di residenza in un Paese, la competenza
giurisdizionale di tutte le cause relative ai bambini passa al giudice
familiare del Paese di residenza.
Quindi dopo soli
sei mesi di residenza in Germania, è competente il giudice familiare tedesco a
decidere della sorte dei bambini.
Tutti i giudici di
tutti i paesi devono emettere decisioni finalizzate alla salvaguardia del
benessere del minore. Ma cos’è il “benessere del minore”? Se riflettiamo
sull’evoluzione avvenuta e il cambiamento che si è realizzato anche nel nostro
paese del concetto di educazione, constatiamo che ciò che era positivo solo
cent’anni fa, oggi non lo è più. Eppure, oggi come allora, si agiva per il
“bene del bambino” per educarlo in modo ottimale. Se queste differenze enormi
si producono all’interno dello stesso paese e della stessa cultura, come è
possibile pensare che i paesi europei, con linguaggi, tradizioni e storie
differenti, possano intendere allo stesso modo il concetto di benessere del
bambino? Eppure su questo si basano regolamenti e convenzioni che impongono
agli Stati il riconoscimento reciproco delle sentenze, proprio perché tutte
motivate dallo stesso interesse, la
tutela del minore.
In realtà ogni
cultura ha una visione propria di questo concetto, anche se in modo molto
simile tra un paese e l’altro dell’Europa. Un
caso a parte è però rappresentato dalla Germania. La società tedesca ha una
concezione molto particolare del bene del bambino che potremmo forse tentare di
comprendere tenendo in considerazione la sua storia, la sua cultura, la sua
lingua e le sue tradizioni. Quella tedesca è una società nella quale si dà
molta importanza all’obbedienza e all’accettazione delle regole, è la società
nella quale il capo ha sempre ragione e ciò che prevede la legge è sempre
giusto, al di là di ogni considerazione etica o morale. È la società che spinge
tutti a fare la spia, ma nella quale gli spioni non esistono, bensì solo
cittadini dotati di senso civico. In cambio lo Stato si occupa con zelo dei
suoi cittadini. Li aiuta economicamente e distribuisce sussidi per i motivi più
disparati. Lo Stato aiuta in tutto e controlla tutto, anche l’educazione che
viene impartita ai bambini. Per questo in Germania, unico paese dell’Unione
europea, la scuola parentale o homeschooling è categoricamente vietata, proprio
perché lo Stato deve poter controllare il tipo di educazione impartita. I
genitori che si oppongono, in pratica eludono il controllo statale e perciò
vengono multati, messi in prigione e privati dei figli. Sono noti i casi di
famiglie tedesche scappate per questo negli Stati Uniti.
Un altro esempio
recente sono le lezioni di educazione sessuale. Contestate per i contenuti
espliciti e, per alcuni genitori, immorali, queste lezioni vanno comunque
accettate. I genitori dei bambini che si sono sentiti male (e che perciò non
hanno più voluto assistere a quelle lezioni) sono stati incarcerati per non
aver obbligato i propri figli all’obbedienza e per aver loro stessi criticato
quelle lezioni.
Il sistema
sanitario assicura medici, specialisti e medicine per i bambini in maniera
completamente gratuita. Ma se un genitore non presenta il figlio ai controlli
periodici stabiliti dallo Stato rischia seriamente di vedersi sottrarre
l’affido o per lo meno una parte di esso (“diritto di decidere della salute del
bambino”).
Chi trasmette ai
figli questo modo di concepire la vita è un buon genitore, altrimenti diventa
un genitore che “mette in pericolo il benessere del bambino”. A questo tipo di
genitori vanno tolti i figli.
La posizione del
genitore non-tedesco che vive in Germania è molto particolare perché, per
quanto possa adattarsi e integrarsi, spesso non arriva a pensarla sempre
esattamente così. E’ una persona cresciuta in un’altra cultura, con altre
regole e abitudini, un altro modo di considerare il mondo e la vita. Pertanto il genitore non-tedesco è per definizione
un genitore che rappresenta un pericolo per il bene del bambino (Kindeswohlgefährdend)
o che potrebbe, un giorno, rappresentarlo. Lo Stato deve esercitare la sua funzione di controllo-tutela e lo fa
attraverso lo Jugendamt. Questo è
molto importante perché ne va del futuro della società tedesca che è, da un
punto di vista tedesco, il migliore dei mondi possibili.
In pratica avviene
questo: la Germania è il paese con un tasso di disoccupazione molto basso, il
paese dove è ancora possibile trovare lavoro e dove arrivano continuamente
immigrati, desiderosi di stabilirvisi. Spesso e volentieri queste persone
trovano il lavoro ma perdono i figli che vengono “protetti” dallo Stato tedesco. Per esempio, nella sola comunità
turca, si registrano ogni anno 4.000 bambini tolti ai loro genitori. Ma oltre
ai Turchi ci sono anche mezzo milione di Italiani, e poi i Polacchi, i Greci, i
Serbi, gli Sloveni, ecc… A tutto ciò che è positivo viene data visibilità,
mentre le decisioni sui bambini avvengono nelle udienze a porte chiuse dei
tribunali e prima ancora nelle stanze chiuse dello Jugendamt, completamente
sotto giurisdizione tedesca, dunque in perfetta legalità. Intanto i media
continuano a presentarci la Germania come l’Eldorado e ci invitano a partire e
a recarci proprio là. Quando si racconta
ciò che avviene veramente in Germania non si viene creduti, perché il lato
oscuro è ben celato e lo si scopre solo quando è troppo tardi.
Dissimulare
l’intrusione dello Stato nella vita privata e soprattutto il concetto di
proprietà statale sui bambini è molto più facile in presenza di una separazione. Lo Jugendamt dovrà intervenire
d’ufficio nel procedimento, per legge (SGB VIII), per “proteggere il bambino
che in caso di separazione viene usato e quindi maltrattato dai genitori che si
fanno la guerra”. E’ lo Jugendamt che dirà al giudice cosa deve fare e non in
qualità di consulente, ma come parte in causa e terzo genitore.
Quando poi uno dei
due genitori è tedesco e l’altro no, tutto diventa più facile: il genitore
tedesco sarà sicuramente quello più idoneo e a lui verrà dato l’affido del
bambino. Tutto ciò è stabilito prima
ancora che inizi il procedimento, è nella testa dei funzionari dello
Jugendamt ed in quella dei giudici, ma anche di psicologi e avvocati. Il procedimento giuridico serve piuttosto a
trovare o meglio costruire la motivazione plausibile di detta decisione. E’
importantissimo far sembrare che ogni decreto o sentenza sia stato emesso a
tutela dell’interesse del minore. I vari personaggi coinvolti ne sono persino
convinti. Il genitore privato dei diritti genitoriali sarà semplicemente il
genitore meno idoneo o addirittura non idoneo, colui che, incapace di accettare
tale decisione verrà inoltre giudicato come incapace di adeguarsi alla realtà e
indirizzato verso uno psicologo o uno psichiatra.
I genitori vittime
di questo sistema, i genitori
non-tedeschi tutti privati dell’affido dei figli e quasi sempre anche della
potestà hanno da mostrare solo documenti che attestano le loro manchevolezze.
Le scorrettezze, le falsità, le frasi distorte, i verbali delle udienze che non
coincidono con le relazioni sono tutti fatti avvenuti, ma impossibili da
provare. Questi genitori, quando si rivolgono ai tribunali del loro paese o
alle corti europee, intenzionati a dimostrare la falsità e la malafede di un
sistema che, oltre tutto, ha fama internazionale di essere efficiente e
corretto, non vengono creduti. Anche di fronte all’evidenza (per es. una
traduzione falsificata), i funzionari (ma anche i cittadini) dei nostri paesi
non riescono a capacitarsi del fatto che in Germania possano verificarsi
scenari di manipolazione e corruzione che assomigliano molti a quelli di tipo
mafioso e dunque si presume siano sconosciuti in Germania. Questi
genitori si sono rivolti anche al Parlamento europeo, ma la Commissione
Petizioni del Parlamento è controllata dagli eurodeputati tedeschi che, oltre
ad essere più numerosi, sono anche sempre presenti (e questo è davvero un loro
merito) e soprattutto lavorano esclusivamente nell’interesse del loro paese. Le
petizioni sono pertanto, nove su dieci, ritenute irricevibili. Anche la CEDU,
la Corte europea per i diritti umani, è sotto controllo tedesco: la
ricevibilità dei ricorsi è stabilita da un giudice monocratico (un solo
giudice) che conosce bene il diritto del paese contestato (quindi è austriaco,
svizzero tedesco o di un paese dell’est ma ha fatto carriera in Germania) e che
non è tenuto a motivare la sua decisione. La CEDU pertanto risponde ai genitori
affranti con lettere di questo tenore: “il suo ricorso non è ricevibile. Non
siamo tenuti ad illustrarne le motivazioni. Non cerchi di ripresentare ricorso
su questo argomento. I suoi documenti non saranno restituiti, ma verranno
distrutti a breve. Distinti saluti”.
In sintesi, tutto ciò che avviene sotto giurisdizione
tedesca non è contestabile. I giuristi tedeschi nascondono bene – direi
perfettamente – ciò che stanno facendo per il loro governo (in Germania non
esiste la divisione dei poteri, caratteristica di ogni Stato democratico).
Se invece un bambino per metà tedesco si trova all’estero, è sufficiente che il
genitore tedesco lo porti in Germania (non importa se in modo legale o
illegale) e reclami lì tutti i diritti genitoriali. Il fatto che il
trasferimento possa essere illegale non costituisce un problema e neppure che
il giudice del paese di residenza abituale, quello precedente, possa aver
emesso un divieto di espatrio. Il giudice tedesco che sentenzia in nome del
Kindeswohl, il concetto tedesco di bene del bambino, saprà trovare una
soluzione. D’altronde a questo bambino appena arrivato in Germania non poteva
succedere di meglio, ora potrà finalmente crescere in Germania (il migliore dei
mondi possibili) con il suo genitore tedesco, libero dall’influenza (sempre
negativa) di un’altra lingua, un’altra nazionalità e un’altra cultura. Sappiamo
infatti che è legalmente possibile rifiutare un rimpatrio, basandosi sul bene
del bambino.
Inoltre il codice
penale tedesco scrive chiaramente che la sottrazione è un reato che si compie
portando un minore dalla Germania verso l’estero e non dall’estero verso la
Germania (§235 StGB). Dunque non ci
saranno conseguenze penali per il genitore sottrattore, né verrà dato corso ad un mandato di
arresto europeo poiché il delitto (sottrazione dall’estero verso la
Germania) non è contemplato dal codice penale tedesco.
Sul piano civile
sarà relativamente semplice, lo abbiamo visto, utilizzare il regolamento
europeo a favore del genitore tedesco con la motivazione dell’interesse del
minore. Resta solo un problema da risolvere, quello della credibilità
internazionale e a questo i tedeschi tengono molto.
Soprattutto nei
casi frequenti con l’Italia, dove le ragazze tedesche vanno volentieri a
cercarsi un padre per il figlio che intendono avere (assicurandosi così un
introito mensile e una eredità immobiliare per il figlio), bisogna dissimulare la sottrazione (di solito
la ragazza tedesca non si sposa e rientra in Germania prima o subito dopo il
parto). La questione, se il bambino dovrà crescere in Italia con il genitore
italiano non si pone neppure: il bambino è portatore di diritti suoi propri e
pertanto anche di quello di crescere nel migliore dei mondi possibili, in
Germania; inoltre in Germania “sanno” che i padri italiani hanno tutti la
tendenza ad essere violenti, così come le madri italiane, se non sono un po’
squilibrate, sono per lo meno tutte delle chiocce, dunque madri negative per la
crescita e lo sviluppo equilibrato del minore. Eppure troppe richieste di
rimpatrio negate, anche se legalizzate dal giudice, andrebbero ad incidere
negativamente sulle statistiche e metterebbero in cattiva luce il sistema
tedesco, offuscandone la fama di paese onesto e corretto. Era necessaria una
soluzione e i tedeschi l’hanno trovata nella mediazione.
Non a caso la
mediazione familiare internazionale è oggi monopolio dei tedeschi che, ancora
una volta, sono i migliori, danno lezioni, tengono congressi e conferenze a
Bruxelles.
Appena il bambino
(sottratto) arriva in Germania, nel giro di 24-48 ore succedono molte cose: la
madre tedesca chiede allo Jugendamt di confermarle che detiene, in quanto madre
nubile, la potestà esclusiva. Cambia l’indirizzo di residenza del minore (se
non lo ha già fatto prima). Lo Jugendamt attiva un procedimento di
Beistandschaft (procedimento amministrativo con il quale lo Jugendamt si
sostituisce al genitore privato di suo figlio) e pretende immediatamente dal
genitore non-tedesco il pagamento degli alimenti per il bambino e sovente anche
il mantenimento per la madre. La madre cambia molto spesso anche il cognome del
bambino poiché la legge tedesca glielo permette. Se l’altro genitore – il padre
non-tedesco nel nostro esempio, ma potrebbe essere anche una madre – presenta
istanza di rimpatrio, denunciando la sottrazione, viene subito bloccato
dall’autorità centrale tedesca che gli chiede di anticipare un acconto di
1.500,- € per spese di avvocato e lo informa che dovrà anche pagare interamente
le spese processuali (nulla è a carico del genitore tedesco che ha sottratto il
bambino, perché lo Stato tedesco sa fare i conti meglio di quello italiano e
difende ad oltranza il suo cittadino). Senza il versamento dei 1.500,- € non si
muove neanche una foglia. Se questo padre è deciso a far rimpatriare il bambino
e ha le possibilità economiche per sostenere le spese, fa cioè inoltrare la sua
istanza al tribunale competente, verrà allora immediatamente contattato, con
una lettera, una mail o direttamente al telefono, da una associazione di Berlino che gli proporrà (o meglio cercherà di
imporgli) una mediazione. I suoi avvocati gli consiglieranno di accettare,
perché in effetti, di solito, un accordo tra i genitori è meglio di una guerra
senza fine. Ciò che i non-tedeschi non sanno è che in fase di mediazione
verranno promessi al genitore non-tedesco frequentazioni intense con il figlio
in cambio del suo consenso al trasferimento e la rinuncia alla richiesta di
rimpatrio, ma subito dopo aver ottenuto questo consenso, cioè avere reso la sottrazione un atto legale,
in Germania (a questo punto competente per il minore) si aprirà un nuovo
procedimento sull’affido con il quale verranno tolti al genitore non-tedesco
tutti i diritti sul bambino, che mai più rivedrà. Il vantaggio della mediazione
è che tali sottrazioni non compaiono più nelle statistiche perché sono divenute
trasferimenti legali, ci sarà una sottrazione in meno a carico della Germania e
una mediazione conclusasi positivamente in più. I tedeschi continueranno a
decantare la loro bravura nelle lezioni a Bruxelles e mai nessuno, tranne il
genitore vittima e beffato, ci diranno che il bambino è diventato un tedesco
puro.
Questa
necessità di continuare a mostrare mezze-verità, solo la parte che dà lustro
alla Germania, è uno dei motivi per cui i genitori che hanno vissuto, conoscono
e sono in grado di analizzare questo sistema non vengono mai invitati a
parlare, le loro petizioni spariscono e i loro ricorsi a Strasburgo sono
irricevibili.
D’altronde la
verità della Germania del 2015 è talmente infernale che nessuno ci crederebbe…
Marinella Colombo
Membro della European Press
Federation
Responsabile dello « Sportello
Jugendamt » dell’associazione C.S.IN. Onlus
Membro dell’associazione Enfants
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