Quante volte
leggiamo titoli di questo tipo che rimandano ad articoli nei quali si narrano
le vicende di genitori italiani la cui compagna/o se ne è andata/o in Germania
portando con sé la prole. Si tratta di vicende che sono la premessa a drammi
ben più gravi di quelli già tremendi della sottrazione internazionale, perché
la Germania tutela così tanto i propri concittadini da arrivare a privare
sistematicamente i bambini binazionali della loro identità italiana. In altre
parole il genitore italiano – e con lui tutta la sua famiglia - è destinato a
perdere ogni contatto con il proprio figlio che dunque finirà per non parlare
più neppure la lingua italiana. Peggio ancora, al bambino verrà trasmesso un
senso di sospetto e quasi di disprezzo per quel paese e quella cultura che
dovrebbero essere invece amati proprio perché parte integrante del proprio
essere.
Ma perché la
denuncia alla polizia o ai carabinieri non serve a riportare a casa il bambino
e può addirittura essere negativa? Senza entrare in disquisizioni troppo
tecniche e giuridiche, basterà ricordare che la denuncia, e dunque il correlato
procedimento penale, viene fatta nei confronti dell’altro genitore e
dell’illecito commesso, ma non è finalizzata al rimpatrio del bambino. Ed ecco
l’errore ulteriore: la legge tedesca non prevede l’estradizione del cittadino
tedesco che dichiari di non voler essere estradato! A che pro dunque la
denuncia e la successiva richiesta di estradizione se inevitabilmente non
produrrà che un diniego? Dovremmo sicuramente chiedere a chi ha firmato a nome
del popolo italiano gli accordi sul mandato d’arresto europeo perché lo ha
fatto, dato che manca completamente la reciprocità, il cittadino tedesco non
viene estradato, quello italiano sì. Ma torniamo al caso concreto. Per il
rimpatrio del bambino bisognerà attivare il procedimento civile in Convenzione
Aia, o meglio, per i paesi europei, la richiesta di rimpatrio in base al
regolamento 2201/2003, al quale hanno aderito sia l’Italia che la Germania.
Purtroppo non tutti gli avvocati hanno dimestichezza con questo strumento, ma
soprattutto pochissimi sanno come in generale si svolgono le udienze in
Germania e in particolare in questo genere di procedimenti. Anche a chi ha
contatti con un collega in Germania sarebbe meglio chiedere quanti bambini ha
concretamente riportato in Italia.
A questo
proposito, permettetemi di ricordare che, stando alle statistiche ufficiali del
Ministero, l’Italia è ai primi posti tra i paesi che inviano i bambini
all’estero e tra gli ultimi per bambini riportati in Italia. Tutto ciò al netto
del fatto che solo una piccola parte dei casi di sottrazione viene comunicata e
registrata dal Ministero. Nei casi che per la statistica si sono conclusi
positivamente con un accordo tra le parti è successo in realtà quanto segue.
Quando la richiesta di rimpatrio giunge in Germania e il giudice tedesco che
deve decidere se rimpatriare il bambino si rende conto che il piccolo – secondo
leggi e regolamenti - dovrebbe senz’altro tornare in Italia, si mette allora in
moto in maniera più o meno conscia il meccanismo di tutela degli interessi
tedeschi e del Kindeswohl, il bene
del bambino inteso come sua completa germanizzazione. Tutto il sistema spingerà
per una mediazione ed un conseguente accordo. In tale sistema sono inclusi:
giudice, Jugendamt, controllore del procedimento (Verfahrensbeistand, falsamente tradotto come avvocato del bambino),
avvocati ed eventuale organizzazione di mediazione internazionale. L’accordo prevedrà
una autorizzazione al genitore tedesco a rimanere in Germania con il figlio e
ampie visite per il genitore italiano. In questo modo la sottrazione viene
derubricata e chiusa. Dopo sei mesi la competenza passa ufficialmente al
giudice tedesco che, su richiesta del genitore tedesco e con un nuovo
procedimento, cancellerà ogni accordo precedente e soprattutto ogni contatto
tra il bambino e il suo genitore italiano. Così si concludono moltissimi dei
“casi risolti” riportati nelle statistiche ufficiali dei nostri ministeri.
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello
Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus - Roma
Membro dell’Associazione European Children Aid
(ECA) - Svizzera
Membro dell’Associazione Enfants Otages -
Francia
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