Desidero innanzi tutto
ringraziare gli organizzatori di questo incontro, l’on. Cristiana Muscardini
(Vicepresidente della Commissione Commercio Internazionale), l’on. Niccolò Rinaldi
(Europarlamentare ALDE Group) e l'Associazione CEDAW che hanno reso possibile questa
mezza giornata di studio e che non si sono lasciati intimidire dalle pressioni
giunte da chi non voleva che si parlasse di questo problema europeo.
E ringrazio anche i
traduttori del Parlamento Europeo che recentemente hanno smesso di tradurre la
parola Jugendamt con “servizio sociale”, essendo questa una traduzione
errata e fino ad ora impropriamente utilizzata. Questa traduzione genera
confusione e non è l’unica, come ora vedremo.
JUGENDAMT
Jugendamt
significa letteralmente “amministrazione per la gioventù”, ma ricopre
incarichi, persegue finalità ed è dotato di un potere neppure lontanamente
paragonabile a quello di un “servizio sociale”. Una amministrazione come quella
della Jugendamt tedesco esiste solo in Germania e nei paesi di lingua
tedesca. Il sito bavarese dello Jugendamt è già più preciso nel definirsi uno Staatliches Waechteramt, cioè un ufficio di controllo statale.
Controllo su cosa? Innanzi
tutto andrà ricordato che in Germania non esiste un CSM (Consiglio Superiore
della Magistratura) e di fatto il controllo sui tribunali familiari è
esercitato dallo Jugendamt che interviene in ogni causa nella quale è coinvolto un minore, non quale consulente
del giudice, ma quale parte in causa, terzo genitore che detiene più poteri dei
genitori naturali e può anche opporsi giuridicamente alla decisione del
tribunale o impedirne l’esecuzione. Conseguenza di questo potere è che il
giudice si attiene sempre a quanto chiede lo Jugendamt che, come vedremo, non
persegue l’interesse superiore del minore, così come inteso negli altri paesi e
dalle convenzioni.
Da anni il Parlamento
europeo si occupa di questa istituzione che viola i diritti fondamentali di
genitori e bambini. Nel 2009, a seguito di centinaia di Petizioni provenienti
da tutta Europa, è stata aperta un’indagine ed è stato redatto un documento di
lavoro (http://www.jugendamt-wesel.com/PETITION/Petition_Documento_lavoro_%20Parlamento_Europeo_Jugendamt_IT.pdf
)
Nel 2011 un gruppo di
Eurodeputati si è recato nuovamente a Berlino per avere risposte al problema Jugendamt. Dopo un’iniziale rifiuto di
accogliere la delegazione, le autorità tedesche hanno preparato l’incontro con
i loro specialisti che avrebbero fuorviato la realtà e sminuito il problema.
leggiamo infatti nel resoconto. Vediamo come.
La giudice di Berlino Sabine
Brieger afferma che lo Jugendamt interviene solo in casi di famiglie a rischio,
così come previsto dal codice civile tedesco. Cito: “Il codice civile tedesco
stabilisce che gli interventi in materia di diritti genitoriali da parte del
tribunale della famiglia sono possibili solo se il bene del minore è minacciato
(abbandono, abusi, abusi sessuali) e i genitori non possono, o non vogliono,
porre fine a tale situazione di rischio. In questi casi, qualora lo Jugendamt partecipi e venga ascoltato dal giudice,
l'affidamento del minore può essere parziale
o essere completamente sottratto al genitore, e il tribunale può emettere una
sentenza riguardo alle visite assistite.” Per chi legge “qualora lo Jugendamt partecipi” sembra
si tratti di una partecipazione ristretta a casi gravi e di provato pericolo
per i minori.
Questa giudice fa
riferimento al codice civile
tedesco, ma omette di svelare che ci
sono altri codici che ingiungono l’intervento dello Jugendamt, per es. il FamFG (Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten
der freiwilligen Gerichtsbarkeit), codice che regola i procedimenti
familiari senza contraddittorio (e già questo dovrebbe far riflettere!) il cui
articolo 162 recita “Il tribunale deve
ascoltare lo Jugendamt nei procedimenti nei quali è coinvolto un minore”; inoltre
il codice sociale tedesco che dedica
tutto il libro VIII allo Jugendamt e stabilisce il suo intervento in ogni
procedimento (ben diverso dunque da quel “qualora” di cui parla la giudice) in
cui sono coinvolti i minori. Che l’intervento dello Jugendamt è quello del terzo
genitore, cioè il genitore di Stato (e non come consulente del giudice), è
scritto chiaramente in ogni sentenza dei tribunali familiari tedeschi, basta
prenderne una caso e si leggerà che le parti in causa sono : padre, madre,
Jugendamt. Ad ulteriore conferma del suo ruolo di genitore, anche lo Jugendamt
ha diritto a presentare ricorso contro la decisione del giudice, si legge
infatti (nelle Leistungen der Jugendhilfe)
: Gegen die Beschlüsse steht dem
Jugendamt ein eigenes Beschwerderecht zu. = “contro i decreti lo Jugendamt
può presentare ricorso.” Personalmente ho visto a giugno di quest’anno la
giudice della Corte d’Appello di Monaco implorare
ripetutamente in aula lo Jugendamt di permettermi di incontrare i miei
figli che erano nella stanza accanto.
KINDESWOHL
L’altro termine fondamentale,
continuamente usato e citato nei codici tedeschi è il Kindeswohl. In Germania
ogni decisione giuridica riguardante il rapporto di un bambino con i suoi
genitori o con lo Stato e tutte le azioni di coloro che intervengono operando
nell’ambito di questa giurisdizione, avvocati compresi, è guidata dal principio
del Kindeswohl tedesco. Il Kindeswohl o Wohl des Kindes, letteralmente il “benessere del bambino” o il
“benessere attraverso il bambino”
non può assolutamente essere tradotto con “interesse superiore del bambino” o
con “benessere del bambino” se non si vuole indurre il lettore nell’errore di
fargli comprendere che si tratti della nozione che esiste nelle nostre culture
e la cui definizione è fissata nella Convenzione internazionale dei Diritti del
Bambino (New York 1990) e precisamente assicurargli il contatto con entrambi i genitori, indipendentemente
dalla loro cultura e dalla loro origine.
L’uso del termine Kindeswohl o Wohl des Kindes è la volontà del legislatore tedesco di mascherare un concetto politico per aggirare l’applicazione della citata convenzione. A controprova ricordiamo che esistono i termini tedeschi che traducono il concetto della Convenzione, l’interesse superiore del bambino è in tedesco das beste Interesse des Kindes, ma questa espressione non compare, né nei codici, né nelle decisioni dei tribunali tedeschi.
Il Kindeswohl va dunque interpretato nel senso politico di una comunità tedesca che, sotto l’autorità politica locale dello Jugendamt, si dichiara d’ufficio proprietaria di tutti i bambini sotto la sua giurisdizione e lascia l’incombenza della loro educazione e del loro mantenimento ai genitori biologici solo se questi ultimi corrispondono al buon ordine economico e sociale della comunità.
L’uso del termine Kindeswohl o Wohl des Kindes è la volontà del legislatore tedesco di mascherare un concetto politico per aggirare l’applicazione della citata convenzione. A controprova ricordiamo che esistono i termini tedeschi che traducono il concetto della Convenzione, l’interesse superiore del bambino è in tedesco das beste Interesse des Kindes, ma questa espressione non compare, né nei codici, né nelle decisioni dei tribunali tedeschi.
Il Kindeswohl va dunque interpretato nel senso politico di una comunità tedesca che, sotto l’autorità politica locale dello Jugendamt, si dichiara d’ufficio proprietaria di tutti i bambini sotto la sua giurisdizione e lascia l’incombenza della loro educazione e del loro mantenimento ai genitori biologici solo se questi ultimi corrispondono al buon ordine economico e sociale della comunità.
Pertanto un genitore
non-tedesco che chiede il divorzio dal coniuge tedesco è immediatamente
catalogato come una minaccia, un pericolo per l’interesse comunitario (Kindeswohlgefährdung)
per il semplice fatto che non è tedesco e, per via della separazione, i bambini
non saranno più sotto il controllo della comunità tedesca, rappresentata dal
genitore tedesco. Nella pratica, tutti i genitori stranieri che si separano dal
coniuge tedesco vengono sorvegliati e trattati come delinquenti, violenti o
pazzi, senza che abbiano fatto alcunché e in totale mancanza di prove (tornerò
poi sul principio di colpevolezza dello straniero).
LA
RELAZIONE BAMBINO-STATO TEDESCO
Infatti anche se
i genitori dichiarano in perfetto accordo
tra loro di voler lasciare il territorio tedesco, lo Jugendamt sottrae loro i
figli e se i genitori insistono nel volerli riavere, diventano oggetto di un
MAE. Questo è assolutamente logico: portare un bambino al di fuori del
territorio tedesco, indipendentemente
dai diritti genitoriali detenuti ed esercitati, mette in pericolo il “benessere prodotto dal
bambino alla comunità dei Tedeschi” e pertanto lo Jugendamt deve intervenire
sottraendo i minori il cui “bene” sarebbe quello di rimanere sul territorio
tedesco, con tutti i vantaggi (economici, per il Volk tedesco) che questo comporta. L’importante è che resti in Germania,
il fatto che perda i genitori è secondario. La relazione privilegiata non è
quella bambino-genitore, bensì quella bambino-Stato
tedesco. E’ la ragione per cui, in caso di separazione e di un genitore
residente al di fuori della Germania, la giustizia familiare tedesca si attiva affinché i bambini perdano completamente la
loro seconda lingua e cultura e tutta la famiglia non tedesca, in questo
modo, anche un domani, il bambino cresciuto monolingue e senza rapporti con
l’estero, non penserà più di lasciare la Germania. Il genitore non tedesco
potrà al massimo vedere suo figlio in rare visite sorvegliate (dovrà pagare gli
alimenti, fissati spesso non dal giudice ma dallo Jugendamt nell’ambito del
provvedimento di Beistanschaft - contro il quale è stata presentata l’ennesima Petizione
al PE (petizione n. 0979-2012) -, i viaggi e i suoi controllori), e dovrà
imparare la lingua tedesca se vorrà tentare di comunicare con suo figlio, ma il
minore non uscirà dalla Germania,
neppure per una breve vacanza (il genitore straniero potrebbe rapirlo!). Il
genitore non tedesco è infatti sempre un possibile rapitore per il fatto stesso
di non essere tedesco e come tale viene trattato. In alcuni documenti si legge addirittura
che : “poiché la madre tedesca ha sottratto il bambino (atto comunque non
perseguibile in Germania!) è logico che il padre straniero voglia forse
riprenderlo e quindi va trattato come possibile rapitore e pertanto sorvegliato”.
In altri ancora si legge : “se la madre (straniera) non rinuncerà al progetto
di tornare al suo paese natale (e il padre tedesco non ha chiesto la
collocazione del minore), bisognerà tutelare i rapporti sociali del bambino
sistemandolo in un istituto o presso una famiglia affidataria tedesca. Il
bambino in questione aveva 18 mesi !
ASCOLTO
DEL MINORE
Un’altra tecnica molto
usata per aggirare le convenzioni e i regolamenti europei è l’ascolto del minore : le autorità
tedesche ci dicono che il minore in Germania viene sempre ascoltato dal
giudice, aiutato in questo dallo Jugendamt o da altra figura statale preposta a
difendere il Kindeswohl, figura sulla
quale tornerò tra poco. Anche in questo caso omettono di comunicarci (e fanno
in modo che coloro che sanno, tacciano!) l’elemento più importante di queste
audizioni e cioè che vengono svolte senza
nessun tipo di garanzia, senza registrazione e senza la presenza delle
parti (neppure dietro specchio unilaterale). Il genitore non riceve che un
breve riassunto dell’audizione che non
corrisponde necessariamente al vero (ad un’analisi attenta di queste relazione
si nota la falsità delle affermazioni che si contraddicono tra loro : “il
minore ha paura di essere rapito, vorrebbe andare dal genitore che lo rapirebbe”,
ecc…). La casistica è chiara e anche in questo caso rileviamo due gruppi di
esiti : se la madre è straniera o se il minore dice di volersi trasferire
all’estero, sarà sufficiente aggiungere “il bambino die di voler andare all’estero
perché così vuole la mamma” per invalidare le sue dichiarazioni; se il bambino
è piccolo basterà chiedergli se ha degli amici all’asilo e allora questi amici
verranno considerati più importanti del genitore straniero per confermare la
sua perfetta integrazione tedesca (i rapporti sociali in Germania di un bambino
di 3 anni sono sempre più importanti
del rapporto con il genitore straniero, in base al principio del Kindeswohl che
tutela, come spiegato più sopra, il rapporto Stato-bambino); se il bambino
rifiuta contatti troppo frequenti con il genitore tedesco è perché quello
straniero lo ha manipolato, se il bambino rifiuta i contatti con il genitore
non tedesco, bisognerà invece rispettare la sua volontà, ecc…I bambini vanno
costretti se rifiutano di incontrare con molta frequenza il genitore tedesco,
va invece rispettata la loro volontà se rifiutano di incontrare quello
straniero.
VERFAHRENSBEISTAND
(ex Verfahrenspfleger)
L’altra figura
di controllo statale che interviene a supporto dello Jugendamt e del Kindeswohl, ma il cui ruolo viene
egregiamente dissimulato grazie ad una semplice traduzione, è quella del Verfahrensbeistand
(già Verfahrenspfleger) Il Beistand è il supporto al procedimento
che ha come finalità il Kindeswohl,
cioè l’eliminazione del genitore non tedesco; questo viene fatto tradurre come
“avvocato del bambino”, mentre si tratta di un tutore-ad-litem, che interviene non in caso di decadimento della
potestà genitoriale, bensì per la durata del procedimento, fino a quando non si
è raggiunto lo scopo perseguito dallo Jugendamt
e anche se i genitori sono in possesso di tutti i loro diritti. In questo modo
il genitore straniero si trova opposto non solo l’ex coniuge, ma lo Jugendamt e il Verfahrensbeistand. Qualsiasi affermazione a suo discredito fatta
dallo Jugendamt verrà confermata dal Verfahrensbeistand e viceversa. Non importa se detta
affermazione è di per sé improbabile (per es. considerazioni sulla conoscenza
del bambino dell’altra lingua, anche se il Verfahrensbeistand
parla solo tedesco, considerazioni sulla discriminazione che subirebbe un
bambino italo-tedesco in una scuola italiana, ecc…), essa serve a costruire i
motivi che nella realtà non esistono per allontanare il genitore non tedesco o
che risiede all’estero.
PERIZIE
e BINDUNGSTOLERANZ
Quando non si riescono
a costruire velocemente le accuse contro il genitore non-tedesco, il sistema di
giustizia familiare tedesco opta per la “psicologizzazione” del procedimento,
sarà cioè uno psicologo nominato dal
tribunale a fornire al giudice gli elementi per sentenziare in favore del
genitore tedesco. Anche questa non è l’affermazione di alcuni genitori in cerca
di vendetta perché hanno perso i figli, o la folle teoria di associazioni che
da anni attaccano lo Jugendamt,
questo lo scrive lo Jugendamt stesso
al giudice, per esempio affermando: “le motivazioni esistenziali della madre
fanno apparire inevitabile il suo trasferimento a Milano con i bambini … quindi
ordiniamo una perizia” (!).
Tutte le perizie
familiari binazionali si basano su un unico concetto, la Bindungstoleranz, ovvero “tolleranza
del legame”. Quale legame? Il traduttore è costretto a completare la frase per
darle un senso compiuto e traduce “tolleranza del legame (aggiungendo) dei
bambini con l’altro genitore” e questo è falso.
Si tratta della tolleranza, cioè dell’accettazione
a venire fissati sul suolo tedesco, a crescere i figli per conto della
comunità dei Tedeschi che “controlla l’operato dei genitori” (cito dalla Grundgesetz). Anche questo è confermato
dai documenti redatti dai cosiddetti esperti tedeschi. Il genitore tedesco che,
si legge nella perizia, parla male dell’altro davanti ai figli e si concentra
nella guerra contro il coniuge è comunque dotato di illimitata tolleranza del
legame (lui è tedesco!) mentre il genitore straniero è sempre,
indipendentemente da ogni fatto e dalle ottime capacità genitoriali evidenziate
nella stessa perizia tedesca, dotato di limitata tolleranza. In pratica si
arriva a leggere che il genitore tedesco è un cattivo genitore, ma è dotato di “illimitata
tolleranza del (non meglio specificato) legame, mente il genitore straniero,
anche se descritto come un ottimo genitore, è dotato di “limitata tolleranza
del legame”. Con questa chiave di lettura, la perizia ha una sua logica
ineccepibile: il genitore tedesco è più propenso a rimanere in Germania e a
crescere i figli secondo la mentalità tedesca, parlerà con loro in tedesco e si
sottometterà, perché a sua volta così culturalmente educato, al volere dell’autorità
tedesca in senso lato. Il genitore non tedesco, per via della sua lingua e
della sua cultura, non può offrire tutte queste garanzie. Qui se il tribunale
tedesco colloca il minore presso il genitore tedesco perché dotato di
illimitata tolleranza del legame, il giudice straniero penserà che si tratta
del genitore che meglio favorisce i rapporti con entrambi, in realtà si tratta
proprio del contrario, si tratta del genitore che cancella l’altro a favore
della crescita tutta e solo tedesca del minore, per conto della comunità dei
Tedeschi.
LA
CURA GENITORIALE
Non ho scritto a
caso “crescere i figli per conto della comunità dei Tedeschi che controlla
l’operato dei genitori”; questo non solo è riportato nei codici tedeschi, ma è
confermato dai termini usati per definire i diritti genitoriali. Vediamo come il
codice civile tedesco definisce la elterliche Sorge, termine tradotto erroneamente come potestà
genitoriale. Come già per “l’interesse superiore del bambino” esiste in
tedesco la traduzione di “potestà genitoriale” (elterliche Gewalt), traduzione che però non si trova in nessun
testo giuridico. Il codice infatti non parla di Gewalt, cioè non parla di un diritto, ma solo di un dovere, della “cura” che i genitori
devono prodigare ai figli nel farli crescere sotto il controllo della comunità
dei tedeschi. Anche questo è logico e coerente con quanto riportato più sopra:
se i genitori crescono i figli per conto della comunità dei tedeschi e sotto il
controllo della comunità stessa, è logico che non godranno di un diritto, ma di
un dovere.
Allo stesso modo
la Germania firma convenzioni e regolamenti basati sul concetto di affido, correntemente tradotto con Sorgerecht
(diritto di cura), mentre in nessuno dei suoi codici viene definito questo diritto, che in Germania proprio non
esiste. Così facendo, si traspongono i regolamenti EU e le convenzioni in una
giurisdizione che non prevede e non definisce i concetti sui quali si basano
detti regolamenti e che dunque vengono interpretati in Germania in modo diverso
a seconda del caso in cui sia la madre o il padre ad essere non tedesco, nel
rispetto di quanto perseguito dalla legge tedesca, il Kindeswohl. Infatti, come
ci ripete continuamente la Commissione europea, la Germania applica il diritto
tedesco e non quello dell’Unione, quindi stravolge i regolamenti europei,
basandosi su traduzioni distorte all’occorrenza, in modo assolutamente deutsch-legal.
CRIMINALIZZAZIONE
del genitore straniero
(Oggetto della
Petizione n. 1060-2012 al Parlamento Europeo)
Basandosi sugli stessi
principi e sullo stravolgimento linguistico, il genitore straniero viene
sistematicamente criminalizzato, perché per
il codice penale tedesco portare un bambino al di fuori della giurisdizione
tedesca, indipendentemente dai diritti genitoriali detenuti e esercitati, è un
crimine. L’articolo 235 del
codice penale tedesco recita : “E’ punito con la pena detentiva fino a cinque
anni o con un’ammenda chi sottrae o trattiene una persona minore di anni 18 con
la forza, la minaccia o l’inganno, o un bambino senza esserne parente, ai
genitori, a un genitore, al tutore o al curatore legale. Allo stesso modo è
punito chi sottrae un bambino ai suoi genitori , a uno dei genitori, al tutore
o al curatore legale per portarlo all’estero
o lo trattiene all’estero dopo avercelo condotto o dopo che questo ci è
andato”.
A differenza dunque del codice penale italiano o degli altri paesi europei, non si parla di diritti genitoriali, ma solo di uscita dal territorio tedesco. Infatti è ben diverso l’enunciato “chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della potestà genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”. Le conseguenze di questa piccola precisazione mancante sono tragiche, conducono in carcere dei genitori assolutamente innocenti.
A differenza dunque del codice penale italiano o degli altri paesi europei, non si parla di diritti genitoriali, ma solo di uscita dal territorio tedesco. Infatti è ben diverso l’enunciato “chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della potestà genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”. Le conseguenze di questa piccola precisazione mancante sono tragiche, conducono in carcere dei genitori assolutamente innocenti.
A questo si aggiunge il
fatto che l’articolo funziona a senso
unico, portare cioè un bambino dall’estero in Germania, anche in violazione dei diritti genitoriali dell’altro
genitore, non è un crimine e non è dunque passibile di azione penale. Abbiamo
la conferma scritta di questo dalla procura di Amburgo. Il trasferimento lecito,
per il diritto europeo, dalla Germania all’estero diventa rapimento, mentre il
rapimento dall’estero in Germania diventa un’azione legale e più precisamente deutsch-legal. L’apertura dell’inchiesta
penale farà si che nella causa civile il genitore non tedesco perderà tutti i
suoi diritti, cancellandolo completamente dalla vita di suo figlio. L’inchiesta
penale non porterà mai all’apertura di un procedimento perché finché il
genitore straniero è all’estero resterà aperta l’inchiesta (5 anni, prorogabile
di altri 5). Il genitore che risiede all’estero sa ormai che non può cercare di
avvicinare i suoi figli e se cerca di far valere le sue ragioni e soprattutto
evidenziare le menzogne che lo accusano finirà innanzi tutto in prigione. Nel
frattempo è stato così fornito al tribunale civile, a mezzo della via penale,
il motivo per togliere ogni diritto sui propri figli al genitore straniero.
L’articolo 235 del cp
precisa anche che “Il tentativo è passibile di pena nei casi previsti ai paragrafi 1, comma 2 e
2, comma 1”. Per tentativo di intende anche esternare la propria intenzione di trasferirsi all’estero, o
il solo fatto di non escluderlo. Le procure tedesche ci confermano per
iscritto, comunicando a genitori non tedeschi residenti all’estero (insieme ai figli
e in ottemperanza alle decisioni civili del proprio paese), che esistono
fascicoli penali a loro carico per l’accusa di “sospetto rapimento di minore”.
Un altro modo per
criminalizzare il genitore straniero ed impossessarsi di tutti i suoi beni è il
provvedimento amministrativo della Beistandschaft (ved. la petizione n.
0979-2012 riportata in post separato), provvedimento che trasforma il genitore
straniero in “debitore nei confronti dello Stato tedesco” (e non dell’ex
coniuge), provvedimento contro il quale non
esistono vie di ricorso né in Germania né all’estero e le cui decisioni
vengono applicate dalle giurisdizioni straniere credendo che si tratti di
decisioni giuridiche rese nelle forme previste del contraddittorio.
Nel 2012 la Germania ha
iniziato ad emettere Mandati di Arresto Europeo (cioè un tipo di mandato di
arresto creato a seguito degli atti terroristici dell’11 settembre e finalizzato
a combattere la grande criminalità organizzata) contro i genitori che si rifiutano di finanziare la germanizzazione
dei propri figli.
A quando il mio
prossimo arresto ?
[1] Sono inoltre intervenuti : on.
Erminia Mazzoni (Presidente Commissione Petizioni), on. Roberta Angelilli (Vicepresidente
del Parlamento europeo e mediatore per le sottrazioni internazionali dei
minori), on. Nathalie Griesbeck (membro della commissione per le libertà
civili, la giustizia e gli affari interni - ALDE Group), on. Philippe Boulland
(commissione Petizioni e capo delegazione per la verifica a Berlino della
situazione Jugendamt), Flo Clucas (Presidente ELWN Comitato femminile dell'ALDE),
avv. Gragory Thuan e Manuel Sarno (Prof. di Cooperazione internazionale,
Facoltà di Giurisprudenza - Università di Ferrara), dott.ssa Sara Vatteroni
(Membro ELWN, Responsabile Democrazia Paritaria Italia dei valori).
* * * En français * * *
Strasbourg 12.12.2012, Parlement
européen :
« Les droits des enfants
binationaux et le Jugendamt » [1]
Le détournement linguistique
Je désire avant tout remercier les organisateurs de cette rencontre,
Madame la députée européenne Cristiana Muscardini, vice-présidente de la Commission du commerce
international, Monsieur le député européen Niccolò Rinaldi, du groupe ALDE et
l’association CEDAW qui ont rendu possible cette demi-journée d’étude et qui ne
se sont pas laissés impressionner, ni ont
cédé aux pressions exercées par ceux qui ne voulaient pas qu’on parle de ce
problème européen.
Je remercie aussi les traducteurs du Parlement Européen qui ont arrêté
de traduire le mot « Jugendamt » par « service social » ou
« DDASS », car c’était une traduction erronée qu’on a utilisée
jusqu’à maintenant en commettant une grave erreur. Cette traduction créait une
confusion que les Allemands ont exploitée jusqu’à aujourd’hui, comme nous le
verrons plus tard.
JUGENDAMT
Le mot « Jugendamt » signifie littéralement « administration
pour la jeunesse ». Mais il a des tâches et poursuit certains objectifs sans aucune
comparaison avec un service social. Une administration comme celle du Jugendamt allemand existe uniquement en
Allemagne et dans les pays de langue allemande.
Le site bavarois du Jugendamt est déjà plus précis quand il se définit
lui-même comme Staatliches Wächteramt,
ce qui signifie « administration de
contrôle étatique ».
Contrôle de quoi ?
Il faut avant tout rappeler qu’il n’existe pas de conseil supérieur de
la magistrature (CSM) en Allemagne et dans les faits, les tribunaux aux
affaires familiales sont contrôlés par le Jugendamt qui intervient dans toutes
les affaires où il y a au moins un enfant. Il n’intervient pas avec un conseil,
ou une aide visant à alléger le travail du juge, mais il est partie prenante au
litige. Il est en fait le « troisième parent » de l’enfant et c’est
le parent qui a beaucoup plus de droits sur l’enfant que les parents naturels.
Le Jugendamt peut s’opposer juridiquement à la décision du tribunal et
peut interdire la mise en exécution de la décision du tribunal lorsqu’elle est
contraire à sa volonté.
Nous le verrons, le Jugendamt ne cherche pas à garantir l’intérêt
supérieur de l’enfant tel qu’on le conçoit dans les autres pays, dans les
conventions internationales, dans les règlements et selon le droit européen.
Le Parlement enquête depuis maintenant plusieurs années sur cette
institution qui viole les droits fondamentaux des enfants et de leurs parents.
En 2009, suite à des centaines de pétitions qui provenaient de plusieurs pays
membres de l’Union européenne, une enquête a été ouverte et un document de
travail a été publié que vous pourrez consulter sur Internet à l’adresse http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2F%2FEP%2F%2FNONSGML%2BCOMPARL%2BPE-418.136%2B04%2BDOC%2BPDF%2BV0%2F%2FFR
.
En 2011, une délégation de députés européens s’est rendue à Berlin pour
obtenir des réponses au problème du Jugendamt. Les autorités allemandes ont
d’abord refusé d’accueillir cette délégation, puis elles ont préparé une
rencontre avec leurs spécialistes qui ont bien évidemment déformé et interprété
les faits et la réalité à leur manière pour essayer de faire croire qu’il n’y
avait finalement aucun problème. C’est ce que nous pouvons constater en lisant
le dernier document de travail qui a été récemment publié et que nous allons
analyser pour montrer comment ils s’y sont pris.
La juge à Berlin Sabine Brieger prétend que le Jugendamt intervient
uniquement dans des affaires où des familles mettent la vie de leurs enfants en
danger, conformément au code civil allemand. Effectivement, le code civil allemand
dispose que « le Jugendamt ne peut intervenir dans
les affaires familiales que lorsque le bien-être de l’enfant est en danger (si
l’enfant est battu, victime d’abus sexuels, etc…) et si les parents ne veulent
pas ou ne sont pas en mesure de mettre fin à une telle situation. Dans ce cas,
si le Jugendamt prend part à la procédure et si ses recommandations sont
suivies par le juge, le droit de garde de l’enfants peut partiellement ou
totalement être retiré aux parents et l’enfant peut être confié à un tiers. Le
tribunal peut aussi ordonner des visites surveillées. »
Lorsque nous lisons « si le Jugendamt
prend part à la procédure et si ses recommandations sont suivies par le
juge…», nous supposons qu’il arrive que le Jugendamt ne prenne pas part à la
procédure et qu’il intervient seulement pour des cas très graves. De même, on
peut supposer que le juge ne suit pas toujours les recommandations du Jugendamt.
Mais ce que ne dit pas la juge qui se réfère au code civil allemand, c’est
qu’il existe d’autres codes qui disposent que le Jugendamt doit toujours intervenir dans toutes les affaires familiales. Par
exemple, le code FamFG (Gesetz über das
Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen
Gerichtsbarkeit), ce code qui
dans la pratique règle les procédures familiales sans contradictoire (cela
devrait déjà nous faire réfléchir…) dispose dans son article 162 que « le tribunal doit suivre les
recommandations du Jugendamt dans les procédures dans lesquelles des enfants
sont concernés ».
Par ailleurs, le code social
allemand dispose très clairement, dans son livre VIII qui ne traite que du
Jugendamt, que le Jugendamt doit intervenir dans toutes les procédures où des
mineurs sont concernés. Ce qui est en
contradiction avec ce que nous dit la juge de Berlin et ce qui est écrit dans
le code civil allemand.
Nous pouvons également constater que le Jugendamt intervient en tant
que troisième parent (parent étatique) et non pas en tant que conseiller ou
expert du juge dans tous les arrêts ou ordonnances des tribunaux aux affaires
familiales allemands où nous pouvons clairement lire que les parties en cause
sont la mère, le père et le Jugendamt.
En outre, pour confirmer ce rôle de parent étatique, on lit que le Jugendamt peut présenter un recours contre
la décision du juge. C’est ce qui est écrit dans les Leistungen der Jugendhilfe (Les prestations de l’aide à la
jeunesse) : « le Jugendamt
peut présenter un recours contre les ordonnances du juge. » (Gegen der Beschlusse steht dem Jugendamt ein
eigenes Beschwerde Recht zu).
En juin 2012, j’ai personnellement vu pendant l’audience la juge du tribunal de Munich supplier le
Jugendamt pour qu’il me permette de voir mes enfants qui se trouvaient dans
la salle d’à côté.
KINDESWOHL
En Allemagne, toutes les décisions juridiques relatives aux relations
entre les enfants, leurs parents et l’État, mais également toutes les actions
de tous les intervenants dans le domaine des affaires familiales, y compris les
avocats sont guidées par le concept du Kindeswohl
allemand.
Le Kindeswohl ou Wohl des
Kindes signifie littéralement « bien-être des enfants ». Mais il s’agit
plutôt du « bien-être au travers de
l’enfant ».
Sous peine de faire une erreur, ce terme ne doit pas être traduit par «
intérêt supérieur de l’enfant » tel qu’il est perçu par tous les autres pays
membre de l’Union européenne autres que l’Allemagne et les pays de langue
allemande.
L’intérêt supérieur de l’enfant, tel qu’il est défini dans les
conventions internationales comme la Convention des droits de l’enfant de New
York de 1990 s’entend comme la nécessité de garantir à l’enfant un contact, une
relation stable avec ses deux parents,
indépendamment de leur culture ou de leur origine.
En revanche, le terme de Kindeswohl
ou Wohl des Kindes traduit la volonté
du législateur allemand de masquer un concept
politique qui détourne la finalité de cette convention.
En effet, en Allemand, la traduction exacte du concept de « l’intérêt
supérieur de l’enfant » est das beste
Interesse des Kindes. Mais cette expression n’apparaît nulle part dans les
lois allemandes, ni dans les décisions des tribunaux allemands.
Le Kindeswohl doit donc être
interprété dans le sens politique d’une communauté allemande qui, sous
l’autorité politique locale du Jugendamt, se déclare d’office propriétaire de
tous les enfants qui se trouvent sous sa juridiction et laisse la charge de
leur éducation aux parents biologiques uniquement si ils correspondent au bon
ordre économique et social de la communauté allemande.
Dès lors, un parent non allemand qui se sépare de son conjoint allemand
est immédiatement identifié comme une menace, un danger pour l’intérêt de la
communauté. On parle alors de Kindeswohlgefärdung que représente
ce parent, par le simple fait qu’il n’est pas allemand ; ne pas être allemand,
ne pas penser allemand, parler une autre langue que l’allemand, avoir une Weltanschauung qui n’est pas celle des
Allemands, signifie être une menace pour
son enfant parce qu’ on est une menace pour le bien être de la communauté des
Allemands au travers de l’enfant.
Ainsi, lors d’une séparation, il y a effectivement un risque que l’enfant ne se
trouve plus sous le contrôle de la communauté allemande qui est représentée par
le parent allemand.
Dans la pratique, tous les parents étrangers qui se séparent d’un
parent allemand sont surveillés, traités comme des délinquants, des violents,
des fous, sans qu’ils aient fait quoi que ce soit et surtout sans aucune
preuve.
LA RELATION ENFANT-ÉTAT ALLEMAND
Même si les parents déclarent d’un commun accord qu’ils désirent quitter le territoire allemand, le Jugendamt
leur enlève leurs enfants et si les parents persistent à essayer de récupérer
leurs enfants, ils feront l’objet d’un Mandat d’Arrêt Européen (MAE) .
Cela est la conséquence de l’application du concept de protection du Kindeswohl : indépendamment des droits parentaux acquis et exercés, sortir un
enfant hors du territoire allemand met en danger le bien-être de la communauté
allemande produit par l’enfant. De ce fait, le Jugendamt doit intervenir en
enlevant les enfants dont le bien-être serait de rester sur le territoire
allemand, avec tous les avantages, surtout économiques, que cela apporte au
peuple allemand.
Le plus important est que l’enfant demeure en Allemagne et ce n’est pas
important s’il perd ses parents. La
relation à privilégier n’est pas la relation entre l’enfant et ses parents,
mais la relation entre l’enfant et
l’État allemand.
C’est la raison pour laquelle, lors d’une séparation, si l’un des
parents ne réside pas en Allemagne, tout le système de la « justice familiale »
allemand s’active pour que les enfants
perdent complètement leur langue, leur famille et leur culture non allemande
. Ainsi, avec une seule langue -la langue allemande- et sans aucun contact à
l’étranger, une fois adulte, ils ne penseront pas à quitter l’Allemagne. Le
parent non allemand pourra, dans le meilleur des cas, voir son enfant de
manière sporadique durant des visites surveillées (il devra payer ses voyages,
ses contrôleurs et la pension alimentaire, dont le montant est souvent fixée
par une décision non pas du juge, mais du Jugendamt avec la mesure de la Beistandschaft, mesure contre laquelle
nous avons présentée une Pétition jugée recevable par le Parlement européen (Pétition
n. 0979/2012), il devra apprendre la langue allemande s’il veut pouvoir
communiquer avec son enfant qui, de
toute façon, ne quittera jamais l’Allemagne avec lui (on le soupçonne de
planifier son enlèvement).
Comme il vient d’être dit, le parent non allemand sera toujours
considéré comme un parent rapteur potentiel par le fait même qu’il n’est pas
allemand et on s’adressera à lui comme à un rapteur éventuel. Dans un document
qui nous a été confiés par un parents non allemands on a pu lire par exemple
que « la mère ayant enlevé son enfant (ce qui n’est pas un crime en
Allemagne lorsque le parent est allemand), il est logique de penser que le père
étranger tentera de reprendre son fils, pour cela il faudra le surveiller et le
traiter comme un rapteur potentiel. »
Dans un rapport d’expertise qui nous a été communiqué par une maman non
allemande, il est écrit que « si la mère persiste à vouloir retourner dans
son pays et si le père ne demande pas la garde de son enfant, il faudra protéger
les rapports sociaux que l’enfant entretient et donc le mettre dans un foyer ou
dans une famille d’accueil. » Cet enfant était âgé de 18 mois !
AUDITION DE L’ENFANT
L’audition de l’enfant est une autre technique très
employée pour détourner la finalité des conventions internationales et des
règlements européens.
Les autorités allemandes affirment qu’en Allemagne, l’enfant est
toujours entendu par le juge qui est aidé dans cette audition par le Jugendamt
ou par un autre fonctionnaire d’État dont nous reparlerons plus tard et dont la
mission est également de défendre le Kindeswohl. En revanche, les autorités
allemandes se gardent bien de préciser que ces auditions se déroulent à huis clos sans la présence des parties,
que l’audition n’est pas enregistrée et
qu’il n’y a aucune garantie de la véracité des propos de l’enfant qui sont
rapportés. Ces rapports sont d’ailleurs très très courts et on se rend souvent
rapidement compte qu’ils ne reflètent pas la réalité de l’audition par les
contradictions qu’on peut y lire d’une ligne à l’autre.
En résumé, on constate qu’il y a deux types de rapports
d’audience :
Si la mère est étrangère ou si l’enfant dit qu’il veut aller vivre à
l’étranger, il sera ajouté dans le rapport d’audition que l’enfant a dit qu’il
voulait aller vivre à l’étranger parce que c’est sa mère qui le veut. Ainsi
toute validité aura été retirée aux affirmations de l’enfant. Si l’enfant est
en bas âge, on lui demandera plutôt si il a des amis à la crèche et ses amis
seront considérés comme beaucoup plus importants que le parent étranger et on
confirmera la parfaite intégration de l’enfant dans son milieu social allemand.
En effet, toujours en s’appuyant sur la notion de Kindeswohl qui gouverne la relation
État allemand-enfant, les rapports sociaux qu’un enfant âgé de 3 ans
peut entretenir en Allemagne sont toujours beaucoup plus important que la
relation qu’il entretient et pourrait garder avec son parent étranger.
Si par contre, l’enfant refuse de voir trop souvent son parent
allemand, alors on dira que c’est le parent étranger qui l’a manipulé. Si en revanche, l’enfant
refuse de voir trop souvent son parent non allemand, on dira qu’il faut
respecter sa volonté.
VERFAHRENSBEISTAND (ex
Verfahrenspfleger)
Un autre personnage étatique, qui s’occupe du contrôle des tribunaux, qui
soutient le Jugendamt et protège le Kindeswohl, est le Verfahrensbeistand (Verfahrenspfleger
avant la réforme de 2009). Le Beistand aide dans la procédure et a
pour finalité le Kindeswohl au sens
allemand, tel qu’il a été expliqué précédemment et non pas au sens des
conventions et traités internationaux. C’est-à-dire qu’il a la tâche d’éliminer
le parent non allemand de la vie de l’enfant.
Mais Verfahrensbeistand ou Verfahrenspfleger est traduit par
« avocat de l’enfant », encore un détournement linguistique !
Il s’agit d’un tuteur ad litem (souvent
il n’est pas du tout avocat) qui n’intervient pas seulement lorsque les parents
n’ont plus de droits sur leurs enfants, mais qui intervient dans toute la
procédure (on le répète : même si les parents n’ont pas été déchus de leur
autorité parentale), jusqu’à ce que l’objectif du Jugendamt soit atteint :
éliminer le parent étranger de la vie de l’enfant.
Ainsi, le parent étranger ne se trouvera pas uniquement opposé à son ex
conjoint. Il devra aussi se défendre contre le Jugendamt et le Verfahrensbeistand
Toutes les affirmations négatives du Jugendamt
seront systématiquement confirmées par le Verfahrensbeistand et réciproquement.
Il n’y a aucune importance si ces affirmations sont vraies, elles serviront à
construire les raisons, les motifs qui n’existent pas dans la réalité, pour
éloigner le parent non allemand ou le parent allemand qui réside à l’étranger de
son enfant.
Les EXPERTISES PSYCHOLOGIQUES et la BINDUNGSTOLERANZ
Lorsqu’on ne parvient pas à construire rapidement des accusations
contre le parent non allemand, le système de justice familiale allemand choisit
la voie de la psychologisation de la procédure. Un psychologue est alors nommé
par le tribunal pour fournir les éléments qui permettront au juge de statuer en
faveur du parent allemand.
Il ne s’agit pas là non plus d’une affirmation de quelques parents qui
cherchent à se venger parce qu’on leur a retiré leurs enfant, ni d’une théorie
complètement folle d’associations qui attaquent le Jugendamt depuis des années,
c’est le Jugendamt même qui l’écrit quand, par exemple, il communique au juge (je
cite): « Du point de vue juridique, les raisons existentielles de la mère
font apparaître inévitable son déplacement à Milan avec les enfants. Il faut
donc ordonner une expertise. » (!)
Toutes les expertises psychologiques réalisées sur des familles binationales
s’appuient sur un seul concept, la Bindungstoleranz c’est-à-dire
« la tolérance du lien », mais de quel lien ?
Lorsqu’un traducteur se trouve devant une telle locution, afin que sa
traduction ait un sens, il doit la compléter par quelque chose. C’est ce qu’il
fait en tenant compte du contexte. Il ajoute tout naturellement « des
enfants avec l’autre parent ». Ce qui donne « la tolérance du lien
des enfants avec l’autre parent ». Bien entendu, cette traduction est erronée. L’utilisation volontaire de
cette expression incomplète doit être comprise comme « la tolérance,
l’acceptation d’être fixé sur le sol allemand, élever ses enfants au profit de
la communauté allemande qui contrôle le comportement des parent. » (comme
le précise la Grundgesetzt, la loi fondamentale, c’est-à-dire la Constitution
provisoire allemande). Donc, il ne s’agit pas là non plus d’une théorie
fantaisiste. Tout cela se confirme également à la lecture des rapports rédigés
par ces « experts psychologues » allemands. On remarque rapidement en
parcourant ces rapports d’expertise, que le parent allemand qui dénigre en
permanence l’autre parent devant l’enfant et qui se concentre sur la guerre
contre son ex conjoint est toujours doué d’une « tolérance du lien » illimitée (uneingeschränkte Bindungstoleranz). En revanche, le parent
étranger dont il aura été préalablement souligné qu’il a tous les comportements
d’un parent tout à fait apte à éduquer son enfant sera déclaré comme doué d’une
« tolérance limitée du lien » (eingeschränkte Bindungstoleranz). Ainsi, une fois intégré ce que
signifie réellement « être tolérant ou intolérant du lien », un
rapport d’expertise qui au départ pouvait sembler complètement insensé, pleine
de contradictions devient immédiatement très clair et très logique dans ses
conclusions. Le parent allemand qui veut rester sur le sol allemand, qui
respecte « l’ordre allemand » et qui élèvera ses enfants selon la
mentalité et l’ordre allemand sera toujours tolérant du lien.
En revanche, le parent étranger, à cause de son origine, de sa langue et de sa culture
ne peut pas offrir de telles garanties. Il est donc « intolérant du
lien ». Par définition.
Ainsi, lorsqu’un juge étranger lit une décision allemande et qu’il voit
que le parent allemand, contrairement au parent étranger, est tolérant du lien,
il pense que le parent allemand est très bien, puisqu’il favorise le lien du
parent étranger avec son enfant, alors que c’est exactement le contraire. En
créant une confusion naturellement favorisée par l’idée véhiculée par le terme
de « tolérance du lien » chez les juges et les autorités des autres
pays, l’Allemagne viole systématiquement les droits fondamentaux de tous les
citoyens européens, viole les droits énoncés par la Charte européenne des Droits
fondamentaux, la Convention
des Droits de l’enfant de New York ou la Convention Européenne
des Droits de l’Homme et surtout se moque éperdument de ses partenaires avec
qui elle construit l’Union européenne basée sur des relations de confiance, en
poussant ainsi (par les détournements) les politiciens des autres pays à
accuser leurs propres concitoyens plutôt que de réclamer des explications aux
Allemands.
LE SOIN PARENTAL
Nous avons précédemment affirmé qu’en Allemagne, les parents élèvent et
éduquent leurs enfants au profit de la communauté allemande qui contrôle les
actes et le comportement des parents ; ce soin dont il nous parle le code
allemand est confirmé par les termes
utilisés pour la définition des droits parentaux.
Le code civil allemand utilise le terme elterliche Sorge. La traduction de cette locution par « droit
parental » est également erronée.
Comme nous l’avons déjà vu pour le terme « intérêt supérieur de
l’enfant », il existe également une traduction exacte pour « autorité parentale
» qui est elterliche Gewalt.
Curieusement, on ne retrouve pas cette traduction dans les textes de
lois allemands. Le code civil ne parle pas de droit (Gewalt), mais de devoir, de soins que les parents doivent aux
enfants pour les élever sous le contrôle de la communauté allemande.
C’est d’ailleurs encore tout à fait cohérent et logique. Si les parents
élèvent leurs enfants au profit et sous le contrôle de la communauté allemande,
il ne s’agit pas d’un droit, mais bien d’un devoir envers cette communauté.
Il en va de même pour le terme Sorgerecht.
L’Allemagne ratifie des conventions et des règlements européens dont l’idée
directrice est la « garde », traduction erronée de Sorgerecht, alors que la définition de ce droit qui n’existe
quasiment pas en Allemagne, n’apparaît dans aucun des codes allemands.
Ainsi, des conventions qui s’appuient sur un concept qui n’existe pas
en Allemagne sont appliquées, mais interprétées différemment selon la situation,
c’est-à-dire selon le père ou la mère est le parent non allemand,
pour servir le concept exclusivement allemand qu’est le Kindeswohl.
C’est d’ailleurs la Commission Européenne elle-même qui répète
régulièrement (http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2010-2998&language=IT
) que l’Allemagne applique le droit allemand et non pas le droit de l’Union
européenne. L’Allemagne détourne ainsi la finalité des règlements et poursuit le
Kindeswohl de manière apparemment
légal, mais plutôt « deutsch-légal ».
CRIMINALISATION DES PARENTS
ETRANGERS
(Ce thème a fait l’objet d’une pétition auprès de la Commission
européenne enregistrée sous le n° 1060-2012 qui a déjà été déclarée recevable).
En utilisant le même procédé de détournement linguistique, le parent
étranger est systématiquement criminalisé.
En effet, selon le code pénal allemand, déplacer un enfant hors de la
juridiction allemande constitue un crime, indépendamment des droits parentaux
des parents.
C’est ainsi que l’article 235 du code pénal allemand dispose que « est
passible d’une amende et/ou d’une peine d’emprisonnement d’une durée maximum de
5 années, celui ou celle qui enlève au parent, au tuteur ou au curateur légal,
ou séquestre une personne âgées de moins de 18 ans ou un enfant, par la force,
la menace ou la ruse. ». Il en va de même lorsque l’enfant a été enlevé et
conduit à l’étranger ou lorsqu’il est retenu à l’étranger après y avoir été
conduit ou que celui-ci s’y soit rendu volontairement.
Contrairement aux codes pénaux des autres pays membres de l’Union
européenne, (article 227-5 et suivants du code pénal français, article 574bis
du code pénal italien, le droit parental ou l’autorité parentale n’y est jamais
mentionnée, seule la sortie du
territoire est évoquée dans l’article 235 du code pénal allemand. Les
conséquences de l’absence de cette précision qui paraît anodine sont tragiques
et conduisent des parents innocents en prison. A cela, il faut ajouter que
l’article du code pénal allemand précité ne fonctionne que dans un sens. C’est-à-dire
que déplacer illicitement un enfant de l’étranger vers l’Allemagne ne constitue
pas un crime selon le code pénal allemand et il n’y aura aucune poursuite
pénale dans ce cas de figure. Le parquet de Hambourg a d’ailleurs bien confirmé
cette théorie et chaque avocat ou juriste honnête vous le confirmera. En
résumé : le déplacement licite selon le droit européen d’un enfant de
l’Allemagne vers l’étranger devient un enlèvement. En revanche, l’enlèvement (déplacement
illicite) d’un enfant de l’étranger vers l’Allemagne constitue un acte légal,
c’est-à-dire, « deutsch-legal » .
L’ouverture d’une enquête pénale aura ensuite pour conséquence que le
parent non allemand se verra retirer tous ses droits parentaux et sera écarté
de la vie de son enfant lors de la procédure civile presque toujours
concomitante. L’enquête pénale n’aboutira jamais à une procédure tant que le
parent étranger reste à l’étranger. Elle restera ouverte pendant une durée de 5
années renouvelables. Dès lors, le parent étranger qui réside à l’étranger ne
pourra plus jamais essayer d’approcher ses enfants et si il tente de faire valoir
ses droits ou de dénoncer les injustices qu’il a subies, il sera emprisonné.
Entre-temps, on aura donné toutes les motivations nécessaires au tribunal des
affaires familiales pour retirer au parent étranger tous ses droits sur ses
enfants.
L’article 235 du code pénal allemand dispose également que tenter
d’enlever un enfant dans les conditions décrites précédemment est aussi
punissable dans les cas prévus au paragraphe 1, alinéa 2, phrase 1. Ainsi,
constitue une tentative d’enlèvement le fait de faire savoir qu’on va ou qu’on
a l’intention ou le projet de déménager dans un autre pays . Les parquets
allemands nous l’ont confirmé par écrit. Des parents étranger qui résident hors
d’Allemagne, conformément aux décisions des tribunaux de leurs pays, nous ont
communiqué des documents qui prouvent qu’il existe à leur encontre des enquêtes
pénales avec pour accusation la suspicion de l’intention d’enlèvement d’enfants.
Une autre méthode de criminaliser un parent étranger consiste à lui
prendre tout son patrimoine avec la mise en œuvre de la mesure de la Beistandschaft (pétition auprès du PE,
recevable, n° 0979-2012).
Cette mesure transforme le parent étranger en débiteur, non plus du
parent allemand gardien de l’enfant, mais de l’État allemand. Il n’existe
aucune voie de recours en Allemagne ou à l’étranger contre cette mesure. Par
ailleurs, les juges des pays de résidence du parent étranger vont simplement
exécuter les décisions qui proviennent des autorités allemandes en pensant que
ces décisions résultent d’un procès équitable qui a notamment respecté le
principe de la procédure contradictoire, alors que ce n’est pas le cas.
Depuis 2012, l’Allemagne émet des Mandats d’Arrêt Européens (MAE)
contre tous les parents qui refusent de
financer la germanisation de leurs enfants, alors que ce mandat d’arrêt a
été institué après les attentats du 11 septembre pour faire face au terrorisme
et lutter contre la criminalité organisée. Nous,
les parents auxquels l’Allemagne a volé les enfants, allons donc bientôt
être traités de criminels et nous
retrouver tous en prison.
[1] Intervenants : on. Erminia Mazzoni (Présidente Commission Pétitions), on.
Roberta Angelilli (Vice-présidente du Parlement européen et médiateur déplacements
d’enfants), on. Nathalie Griesbeck (membre de la commission libertés civiles, justice,
affaires internes - ALDE Group), on. Philippe Boulland (Commission Pétitions et
délégation à Berlin à cause du problème Jugendamt), Flo Clucas (Présidente ELWN
et ALDE), Me. Grégory Thuan et Me Manuel Sarno (Prof. de Coopération internationale,
Faculté de Jurisprudence – Université de Ferrara), Sara Vatteroni (Membre ELWN,
Responsable Democrazia Paritaria Italia dei valori).
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