In
Germania è stato rubato l’ennesimo bambino italiano e dato in affido a una
famiglia tedesca che non riesce ad avere figli. In Germania non si praticano le
adozioni, ma sempre affidi sine die
che oltretutto rendono un bel gruzzoletto.
Nonostante
le esplicite richieste delle Istituzioni Italiane, lo Jugendamt & il giudice
tedesco si rifiutano di restituire il bambino.
Gli
unici che sembrano vergognosamente agire contro natura e contro il buon senso
sono: l’impiegato di origine italiana dello Jugendamt tedesco che insiste nell’affermare
che solo in Germania, privato dei suoi affetti e della sua identità, questo
bambino avrà un futuro e … il nostro sottosegretario del Ministero degli
esteri!
Pubblichiamo
qui di seguito la risposta a quanto comunicato da detto segretario e la recente
comunicazione del legale dei genitori.
Restiamo
in attesa di riscontro, sperando sinceramente di esserci sbagliati e di venire
a sapere che il Ministero si è davvero impegnato e ha fatto rientrare il
piccolo in Italia.
La lettera:
Spett.le
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
e p.c.
[...]
25.07.2017
Rif.: Prot.
n. [...]
Egr. Signori
Ci troviamo costretti e
rispondere e precisare lo scritto in oggetto, in quanto unica Associazione che
da anni assiste i genitori italiani in Germania spesso lasciati soli dalle
Istituzioni italiane e perfettamente al corrente della vicenda del piccolo C.
Forti della conoscenza
approfondita sia della legislatura, che della lingua e della prassi tedesca in
ambito minorile, abbiamo visionato gli atti completi del caso e siamo in
costante contatto con tutte le parti coinvolte (ad eccezione dei genitori
affidatari).
Per questi motivi non
possiamo esimerci dal rettificare le affermazioni per lo meno superficiali che
leggiamo nello scritto in oggetto.
Innanzi tutto lo Jugendamt NON è un “Servizio tedesco per la protezione dei minori”, così come
strutturato nei restanti paesi UE, bensì il genitore di stato tedesco, parte
in causa, coinvolto in tutti i
procedimenti familiari in Germania. In quanto parte in causa è pertanto autorizzato a mentire ex § 162 FamFG (Legge
tedesca sui procedimenti familiari e di volontaria giurisdizione), funzione che
lo rende decisamente “diverso” da un servizio di protezione dell’infanzia” così
come da noi inteso.
Non sappiamo da dove
provenga l’affermazione del Vs. scritto “L'istanza
dello Jugendamt si fonda sulla convinzione, suffragata da apposite perizie
psichiatriche, che il reinserimento nel nucleo famigliare comporti rischi per
il benessere del piccolo”, ma non è sicuramente veritiera, in quanto non
esiste perizia psichiatrica nel fascicolo, ma solo una raccolta di affermazioni
di parte, redatta subito dopo la sottrazione, farcita di affermazioni
riportate, come per esempio la critica mossa ai genitori per il loro
comportamento durante le visite sorvegliate. Citiamo: “Avrebbe notato [ndr: il controllore] che negli incontri, i genitori tenevano sempre C. in braccio [ndr:
neonato di pochi mesi]. Non hanno quasi
mai optato per la possibilità di farlo giacere per terra, su una coperta [Ihr sei aufgefallen, dass die Eltern bei den Kontakten
mit C. ihn ständig auf dem Arm gehalten hätten. Die Möglichkeit, ihn auf eine
Decke auf den Fußboden zu legen, hätten sie kaum genutzt].
Sicuramente è unanime l’opinione che tale genere di scritti non è una perizia
psichiatrica.
Rinunciamo per il
momento a ripercorrere tutte le fasi della criminalizzazione
costruita dei genitori per arrivare ai fatti più recenti, apparentemente
tralasciati. Scrivete: “Lo stesso legale rappresentante della famiglia sentito
dal Consolato sulla decisione del Tribunale di Stoccarda, ha scelto di non
ricorrere in appello, in quanto ritiene che la sentenza sia dettagliata e ben
argomentata, priva di ogni possibile eccezione di forma”.
L’avvocato non può aver fatto una simile
affermazione per i seguenti evidenti motivi:
In un primo momento il
tribunale ha restituito i diritti ai genitori sotto estorsione del loro
consenso a che il bambino restasse presso la famiglia affidataria [ndr: in
questa fase il legale era un altro, in realtà collaboratore dello Jugendamt e non l’attuale legale che è
il nostro avvocato di fiducia]; in altre parole sono stati restituiti loro dei diritti a condizione che rinunciassero
ad esercitarli [ndr: si chiama “volontariato obbligatorio”, molto in uso
nei tribunali familiari tedeschi].
Poi a seguito del
nostro intervento, informazione dei media, cambiamento del legale e
collaborazione più stretta con il Consolato, il tribunale ha chiesto di
verificare, tramite i servizi sociali internazionali, quale era il progetto dei
Servizi sociali italiani, per assicurare a C. benessere e protezione, in vista
di un’eventuale rientro di C. in famiglia, così come previsto, sia in Germania
che in Italia, dalla normativa sull’affido temporaneo. I Servizi Sociali di N.
hanno prontamente reagito e risposto non solo una volta, ma già due, disponendo
tutte le indagini e le progettualità del caso, ribadendo la loro disponibilità
a farsi carico di un bambino italiano, la cui famiglia, genitori e fratellino,
e famiglia allargata, risiede in Italia.
A questa disponibilità
da parte delle Istituzioni Italiane di N., lo Jugendamt, il genitore di stato tedesco, ha reagito comunicando al
tribunale che le autorità italiane non
sarebbero in grado di garantire a C. un sano sviluppo, qualità che sarebbe di
totale prerogativa dello Jugendamt
tedesco.
Il legale dei genitori,
in accordo con gli stessi, con il Consolato ed anche con noi, ha già inviato
risposta (qui allegata) nella quale si elencano tutte le violazioni e
discriminazioni a cui verrebbero così sottoposti, non solo C. e i suoi
genitori, ma le istituzioni italiane tutte. Quello che si sta qui realizzando è un’adozione mascherata da affido.
I genitori affidatari non riescono ad avere figli e si sono impossessati, con
il supporto di Jugendamt e tribunale, di un bambino che rende loro oltre 1.000
€ al mese.
Questo caso, lungi
dall’essere isolato, è la prassi tedesca.
Concludiamo evidenziando che sarebbe tempo che questo nostro bellissimo
ed amatissimo Paese iniziasse a farsi rispettare e che tutelasse i propri
concittadini. Solo con un intervento più che deciso di questo Ministero, il
giudice tedesco disporrà il rientro del piccolo.
Restiamo a disposizione
ed in attesa di Vs. celere riscontro
C.S.IN. Onlus
Sportello Jugendamt
Resp. Dott.ssa M. Colombo
----
La comunicazione dell'avvocato dei genitori:
Alla Pretura di ... Tribunale familiare
Germania
Nella causa: C. [nome del
minore e RG.]
Relativamente alla presa di posizione
dello Jugendamt del 28.06.2017 rispondo con il seguente parere:
La pretesa di non voler ricondurre C.
nella sua famiglia è ingiustificata, più esattamente sconcertante, e per nulla
condivisibile.
Fondamentalmente un bambino appartiene
ai suoi genitori. Ad ogni provvedimento dello Jugendamt, soprattutto nel
collocamento di un bambino presso una famiglia affidataria, la finalità è
comunque il ritorno del bambino nella sua famiglia di origine, presso i
genitori naturali.
Le motivazioni contrarie addotte dallo
Jugendamt non sono plausibili. Considerare solo il passato e metterlo in
risalto corrisponde all’ammissione di non avere argomenti e della mancanza di
volontà di mettere fine all’allontanamento di questo bambino dai suoi genitori
italiani in favore dei genitori sostitutivi tedeschi.
Lo Jugendamt nasconde o dimentica
volentieri che strappare C. dalla sua famiglia di origine [ndt: il bambino
aveva 3 mesi, è stato impedito anche l’allattamento] ha rappresentato per il
bambino un trauma che ha influenzato il suo sviluppo psicologico e che continua
a farlo. Predicare la continuazione e il rafforzamento di questo peso psichico è
irresponsabile anche alla luce del fatto che si è provveduto a che in futuro C.
sia accudito e circondato di cure amorevoli e adeguate nella sua famiglia di
origine.
C. crescerà e si farà delle domande
circa la sua origine e la sua famiglia. Se lo Jugendamt dovesse riuscire a far
valere la sua opinione, C. verrà comunque a sapere, al più tardi nel momento
della pubertà, che i suoi genitori hanno lottato per lui, mentre le autorità e
la famiglia affidataria hanno invece fatto di tutto per impedirne il ritorno
presso la sua famiglia di origine. Questo rappresenterà per il ragazzino entrato
in pubertà un trauma ancora più forte che lo destabilizzerà. Si può prevedere
che rifiuterà allora la famiglia affidataria e si allontanerà da essa. In
questo modo non si fa che mettere seriamente in pericolo il suo futuro.
Fa piacere apprendere che C. è stato
accolto con amore nella famiglia affidataria. Sicuramente è positivo anche il
fatto che C. abbia sviluppato una buona relazione con questa famiglia.
Ma che C. viva ormai da quasi un anno
presso questa famiglia non rappresenta assolutamente la motivazione per
impedire che torni nella sua famiglia di origine. Il diritto di vivere nella
propria famiglia e di non venirne allontanato grazie a provvedimenti delle
autorità è un diritto costituzionalmente garantito. Questo diritto coincide con
quello dei suoi genitori naturali ed è presente, non solo nella Legge
fondamentale, ma anche nella Convenzione europea per i diritti umani; ed ha la
precedenza assoluta.
Il fatto che presto sarà un anno che C.
viene trattenuto e che abbia sviluppato una relazione con la sua famiglia
affidataria non è motivo sufficiente. C. ha una relazione anche con i suoi
genitori.
Nei casi di sottrazione, nei quali un
bambino viene strappato dalla famiglia ad opera di uno dei genitori, portato
all’estero e con ciò allontanato, il passare del tempo e il fatto che vengano
poi costruite delle relazione non sono motivi sufficienti per negare il
rimpatrio del bambino.
Ci sono molte similitudini tra la
sottrazione di un bambino ad opera dello Jugendamt e la sottrazione
internazionale messa in atto da uno dei genitori: in entrambi i casi, i legami
esistenti vengono spezzati e ricreati in altro luogo. Il passare del tempo non
è motivo per sostituire i vecchi legami in favore dei nuovi: l’istanza di
restituzione del minore può infatti essere presentata in un arco di tempo fino
ad un anno, come previsto dal Regolamento europeo Bruxelles II bis, lo
svolgimento del procedimento giuridico fino all’esecuzione forzata della
decisione implica altro tempo, eppure un bambino, che nel frattempo è andato a
scuola nel luogo in cui è stato condotto e lì ha sviluppato dei legami sociali,
deve comunque essere rimpatriato nel suo paese di origine.
C. verrà accolto in Italia in una
struttura protettiva che preparerà il suo graduale ritorno nella famiglia di
origine, in ciò verrà accompagnato e sorvegliato. Secondo il parere di tutte le
parti coinvolte, C. riceverà la necessaria protezione alla quale ogni bambino
ha diritto. Pertanto non esiste la benché minima ragione per negare al bambino
la sua famiglia e negare il bambino alla sua famiglia.
I genitori del bambino invocano
esplicitamente il proprio diritto riconosciuto loro dalla Legge fondamentale e
dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali che garantisce il rispetto della vita familiare, ex art. 6
della Legge fondamentale tedesca e ex art. 8 CEDU, che vengono rammentati di
qui seguito:
Art.
8
Diritto
al rispetto della vita privata e familiare.
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita
privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica
nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla
legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria
per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere
economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati,
per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti
e delle libertà altrui.
La protezione di C. è garantita in
Italia, nelle vicinanze della sua famiglia; la facoltà di intervenire nei
diritti della famiglia G. – bambini e genitori – è terminata.
Si percepisce con estrema evidenza che
lo Jugendamt non si fida delle autorità italiane e della loro capacità di
supportare e proteggere C.. E’ anche evidente che lo Jugendamt si ritiene
migliore delle istituzioni italiane di protezione dei minori. Questo è
sicuramente un modo di vedere che sembra discriminante. Anche questo non è
accettabile, nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali si legge:
Art.
14
Divieto
di discriminazione.
Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti
nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna
discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore,
la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l'origine
nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la
nascita o ogni altra condizione.
I genitori del bambino, a causa
dell’atteggiamento dello Jugendamt, si sentono discriminati sulla base della
loro nazionalità e identità.
Questo atteggiamento verrà considerato,
non solo dalle autorità italiane, ma anche dall’opinione pubblica italiana, con
sdegno e indignazione. Si rischia una fortissima reazione dei media.
In conclusione, è per il bene
personale di C. e nel suo interesse superiore che egli venga riportato il prima
possibile in Italia, in modo da godere lì dei provvedimenti di preparazione e
accompagnamento dei Servizi Sociali, finalizzati al suo rientro in famiglia.
Avvocato
[nome qui omesso]
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