domenica 20 dicembre 2015
giovedì 17 dicembre 2015
Cinque anni di terrore e un regalo di Natale
"Ci sono mattine nelle quali non
vorrei aprire gli occhi, sapendo che sarà un altro giorno senza i miei ragazzi,
sapendo che sarà un altro giorno nel quale verrà fatta loro ancora violenza”,
ci confessa Marinella Colombo. Lei è una dei tanti genitori di bambini orfani, prigionieri
in Germania. E’ una madre che ha portato in grembo e partorito due figli,
proprietà della “grande Germania”. Ha lavorato, ignara, per il paese che sta
distruggendo l’Europa, ha messo al mondo due creature senza sapere che non
sarebbero mai stati bambini portatori di diritti, ma solo proprietà (oggi) e fornitori
di servizi e introiti (domani) per lo Stato tedesco. Quasi un utero in affitto ante litteram, senza
accordo e solo con tanto dolore.
Per chi ha il controllo dei media e dunque
delle notizie diffuse, è stato facile far passare la vicenda per una
separazione litigiosa e far passare lei per una madre egoista e soprattutto
criminale.
I suoi ragazzi sanno che tutto ciò non è
vero, ma non hanno più la forza di battersi, schiacciati dalle volontà di Stato
che per due volte e contro il loro volere, li hanno spediti in Germania come
fossero dei pacchi (anche la psicologa del tribunale scrive "Sottolineo che questi bambini non sono pacchetti da spostare ad esigenza della legge"). La parte tedesca ha infatti ottenuto due
volte il rimpatrio con l’inganno (traduzioni falsificate presentate al
tribunale per i minorenni e accordi legali stracciati unilateralmente) e le Istituzioni
italiane hanno preferito commettere illeciti e agire in modo illegale pur di
accontentare i tedeschi (rapimento dei bambini in Slovenia ad opera delle forze
di polizia agli ordini della Procura milanese http://jugendamt0.blogspot.it/2014/12/e-cosi-abbiamo-perso-tutto-la-ragione.html
).
Nonostante ciò questi ragazzi, per cinque lunghi
anni, hanno ripetutamente chiesto di vedere la mamma, ma il padre, forte del
libero arbitrio che gli assicurano le autorità teutoniche, lo ha sempre negato
in modo anche violento. Una nostra persona di fiducia che è riuscita ad
avvicinarli ci ha infatti riferito del terrore che caratterizza questi ragazzi.
Marinella, pur essendo stata punita per le
verità rivelate, ha continuato e continua a battersi per rendere noti gli abusi
di una giustizia ingiusta, le leggi non applicate e le distorsioni tedesche di
convenzioni internazionali e regolamenti europei. Ha messo a disposizione degli
altri genitori (madri e padri) la sua esperienza; l’infinito amore per i suoi
figli l’ha portata ad aiutare tanti altri bambini, raccogliendo diversi
successi.
Ne è prova il messaggio di questo padre
italiano, la cui figlia era stata sottratta e portata in Germania e che ora
vive felice di nuovo in Italia:
domenica 13 dicembre 2015
Bambini orfani del genitore italiano ... non fa notizia
I bambini deportati in Germania non fanno notizia. Un genitore italiano che non vede i suoi figli da anni, e che è stato criminalizzato ad hoc, non fa notizia. Anzi, è meglio che non parli, altrimenti potrebbe svelare le illegalità compiute da chi invece la legge dovrebbe rispettare e far rispettare!
Ricordando Olivier Karrer
Non dimentichiamo. A Milano c'è ancora un innocente in prigione!! La Cassazione italiana ha ritenuto che i tribunali italiani mancassero di giurisdizione per procedere con l'assurda e falsa accusa di "associazione a delinquere", ma intanto Olivier è in prigione da tre anni e mezzo!!!!
giovedì 22 ottobre 2015
La tutela oltre la frontiera. Bambini bilingue senza voce. Bambini binazionali senza diritti.
Illustrazione: Davide Tinelli |
Anni
fa i media si erano occupati della mia vicenda, chi cercando di raccontare i
fatti, chi cercando di accontentare il pm che diligentemente forniva ai
giornalisti le informazioni da pubblicare. Ovviamente si trattava solo del
punto di vista dell’accusa, poiché a me, durante quel processo e per quasi un
anno, era stato imposto il divieto di comunicazione. Una volta ottenuta la mia
condanna con metodi che, rispetto al comune senso di giustizia, poco hanno a
che fare con la legalità, gettato fango su tutta la mia famiglia, privata come
me di ogni risparmio, è calato il silenzio.
Non
vedere i propri figli per cinque anni in effetti non fa notizia. Sapere che
quei giudici, pagati dal contribuente italiano per tutelare i bambini, li hanno
invece deportati in violazione di leggi e convenzioni non fa notizia.
Nel 2012
Rizzoli ha pubblicato il mio libro “Non vi lascerò soli” (http://www.rizzoli.eu/libri/non-vi-lascero-soli/ ), ma non potevo rilasciare interviste e dunque non ha
fatto notizia.
Da
allora ho convissuto con una indicibile e inumana sofferenza. Lo ho fatto studiando
e spendendomi per gli altri numerosissimi genitori nella mia stessa identica
situazione. Con questo sapere ho salvato
altri bambini, facendoli rientrare in Italia o impedendo che venissero, come i
miei figli, mandati nella società malata che si trova al di là delle Alpi.
Quest’anno
è uscito il mio secondo libro che come il primo appartiene alla mia storia,
anche se non è più un’autobiografia, ma il frutto degli studi e la prova
agghiacciante di come il nostro paese si sia giuridicamente organizzato per
“esportare” i suoi figli, persino per non farli rientrare nelle statistiche dei
bambini sottratti che sono molti di più rispetto a quelli registrati dalla
Farnesina. Uso volutamente questa espressione commerciale, “esportare”, perché in
tutto questo i bambini sono soltanto oggetti.
La
“mercificazione” del bambino inizia in Germania con molto anticipo rispetto all’Italia
e con la sola differenza che quel paese i bambini li “importa” soltanto.
Il
libro, “La tutela oltre la frontiera. Bambini bilingue senza voce. Bambini
binazionali senza diritti” (http://www.bonfirraroeditore.it/saggistica/la-tutela-oltre-la-frontiera-detail.html) pubblicato da Ed. Bonfirraro sarà presentato a Perugia
il 27 ottobre, con il Movimento per Perugia e rappresentanti della Manif pour
tous Italia e del Forum delle Associazioni familiari.
Il
collegamento tra la “tutela oltre la frontiera” e i temi affrontati dalla Manif
pour tous potrà forse non emergere a prima vista, ma è strettissimo e verrà
analizzato nel dettaglio in occasione della presentazione a Perugia
E’
certo che la definizione di famiglia della società tedesca (“una relazione
dinamica e in continuo cambiamento tra almeno un adulto e un bambino, figlio
naturale o affidato”) è premessa e complemento alla mercificazione dei bambini,
elementi indispensabili in una società vecchia, molto preoccupata per il
pagamento delle future pensioni.
Ricordo
per inciso che già nel 2006 l’80% delle cattedre di psicologia delle Università
tedesche erano occupate da sostenitori del gender mainstreaming.
Ricordo la
campagna dei Verdi tedeschi per la legalizzazione della pedofilia (vedi articolo:
http://www.ilpattosociale.it/news/3468/I-verdi-e-la-pedofilia-una-storia-tedesca.html), campagna dimenticata, ma mai veramente disconosciuta.
Ricordo la diffusione a cura del ministero tedesco per la famiglia
dell’opuscolo “Corpo, amore e gioco del dottore”, ritirato per via delle
numerose proteste, ma poi nuovamente diffuso, mascherato da direttiva dell’OMS
e in questo modo imposto a tutta l’Unione Europea; in realtà si tratta di un prodotto
made in Germany (vedi articolo: http://www.ilpattosociale.it/news/2954/Masturbazione-e-gioco-del-dottore-per-bambini-dai-4-anni.html). La versione per i bambini residenti in Germania si
chiama ora “Naso, pancia e sedere”. Specifico “residenti in Germania” perché il
fatto di trovarsi sotto giurisdizione tedesca fa sì che i tribunali tedeschi
possano togliere l’affido (e lo fanno con estrema facilità) a tutti quei
genitori che hanno un’altra visione dell’educazione dei figli. E’ questo il
motivo per cui il genitore non-tedesco è per definizione un genitore
“sospetto”.
Queste
lezioni di sesso vengono imposte a scuola, dove è possibile farsi esonerare
dalla lezione di religione, ma non da quelle di sesso. La scuola ha infatti non
tanto la funzione di istruire, quanto quella di “educare” e controllare che i
bambini crescano convinti di determinate teorie. Chi si oppone, è ormai noto,
perde l’affido dei figli e può essere incarcerato (vedi il caso della coppia
tedesca che praticava con successo la scuola parentale e che ha richiesto asilo
politico agli Stati Uniti per non perdere i figli, o dei movimenti cattolici tedeschi
i cui rappresentanti sono stati incarcerati per via delle assenze dei figli a
scuola durante le lezioni di sesso).
Il concetto di famiglia che si vuole
imporre è quello propagandato dallo Jugendamt, elemento determinante nel
sistema familiare tedesco, insieme a tribunali e psicologi, lo stesso Jugendamt
che sottrae i figli ai genitori non-tedeschi. Per quale famiglia lavori lo
Jugendamt è evidente guardando l’opuscolo diffuso nel 2014 dallo Jugendamt
bavarese, sulla cui copertina campeggiano due famiglie omosessuali.
Lo Jugendamt è un ente (plenipotenziario), è un altro di quegli enti
la cui finalità sarebbe la tutela del minore.
Ma di quale tutela si tratta?
E
l’Italia, che per una malamente addotta tutela dei miei figli li ha resi
orfani, come si giustifica?
Tace e ancora cerca di impedirmi di parlare.
Marinella Colombo
Marinella Colombo
Segue .... il-libro-la-tutela-oltre-la-frontiera.html
venerdì 4 settembre 2015
Vademecum - Lo Jugendamt e i bambini
Indicazioni essenziali sulle caratteristiche del sistema tedesco in materia familiare.
In Germania opera un ente potentissimo, lo
JUGENDAMT[1],
che spesso viene confuso con i servizi sociali, invece il suo ruolo è molto più
esteso, le sue possibilità decisionali e di intervento innumerevoli e le sue finalità
diverse da quelle che dovrebbe perseguire un servizio sociale.
Il suo compito ufficiale è quello di
occuparsi della tutela dei bambini, dove però il concetto di tutela è molto
diverso da quello inteso nei restanti paesi dell’Unione, come illustrato più
sotto.
Lo Jugendamt
lavora in stretta collaborazione con le forze di polizia e con i tribunali,
raccogliendo informazioni sui bambini anche attraverso la scuola, il pediatra
ed ogni altro tipo di istituzione tedesca. Se ritiene che in uno degli ambiti
relativi alla crescita del bambino ci sia una mancanza da parte dei genitori
interviene, arrivando a chiedere al tribunale di emettere un decreto che limita
il diritto di affido dei genitori sul figlio.
Il
frazionamento del diritto di affido sui figli
In Germania infatti il diritto di affido
si divide in due grandi categorie (la cura della persona e la cura del
patrimonio), divise a loro volta in sottocategorie (il diritto a decidere il
luogo di residenza, quello relativo alla scuola e all’istruzione, quello di
decidere nell’ambito sanitario, quello a decidere il cognome del bambino, ecc....).
Pertanto i genitori che, per esempio, non sottopongono i bambini ai regolari
controlli pediatrici, così come previsti dalla normativa tedesca, rischiano di
vedersi sottrarre una parte del loro diritto di affido sui propri figli, quello
appunto relativo alle cure sanitarie (Gesundheitsfürsorge).
I genitori che non seguono attivamente i bambini nel loro percorso scolastico,
o non sono in grado di farlo, perché nonostante la permanenza in Germania non
padroneggiano la lingua tedesca, rischiano di vedersi togliere la parte di
affido relativa all’educazione. Anche permettere al bambino di non presenziare
alle controverse lezioni di educazione sessuale, può portare alla perdita dell’affido.
In Germania infatti la frequentazione della scuola è obbligatoria, diversamente
dall’Italia e dagli altri paesi dell’Unione nei quali vige l’obbligo di
istruzione, ma non di frequenza scolastica. Se dunque negli altri paesi è
prevista la possibilità di educare i propri figli a casa (scuola parentale o homeschooling) e con insegnati privati,
con esame alla fine di ogni anno scolastico, questo è reato in Germania,
punibile appunto con la perdita dell’affido e fin anche con la prigione. Sono
di grande attualità le manifestazioni tenute da diverse associazioni cattoliche
tedesche che richiedono la possibilità di non far partecipare i propri figli alla
lezioni di educazione sessuale che definiscono essere a sfondo pornografico e
sicuramente contro l’etica e la morale. Già più di un genitore è stato arrestato
o gli è stato tolto l’affido per le assenze dei figli.
Le
separazioni nei tribunali familiari tedeschi
In caso di separazione dei genitori, l’intervento dello Jugendamt è ancora più
massiccio. Lo Jugendamt partecipa d’ufficio
a tutti i procedimenti nei quali è coinvolto un minore e non lo fa come
consulente del giudice, ma come parte in causa, quindi allo stesso titolo dei
genitori, anche se questi sono in pieno possesso dei loro diritti sul figlio.
In altre parole, in Germania i bambini hanno tre genitori. Il giudice non può esimersi, è obbligato a coinvolgere
lo Jugendamt ed a chiedergli il suo parere (§ 162 Legge sui procedimenti
familiari di volontaria giurisdizione, FamFG e § 50 Libro VIII del Codice
sociale tedesco, SGB, Buch VIII).
Il parere dello Jugendamt è vincolante per
il giudice: se infatti quest’ultimo dovesse decidere in modo diverso da quanto “consiglia”
lo Jugendamt, questo ente può fargli causa e appellare la decisione. La legge riconosce
espressamente allo Jugendamt il diritto di fare appello delle decisioni che non
condivide (Gegen die Beschlüsse steht dem Jugendamt ein eigenes
Beschwerderecht zu), attribuendogli
così implicitamente anche la funzione di controllo sui giudici.
Il
Verfahrensbeistand
Nei procedimenti familiari tedeschi è presente
anche un’altra figura giuridica, il Verfahrensbeistand,
il cui nome viene generalmente erroneamente tradotto con “curatore”, oppure “avvocato
del bambino”, proprio perché questa figura giuridica non esiste nell’ordinamento
italiano. In Italia, il curatore viene nominato e prende parte al procedimento nel
caso in cui i genitori abbiano perso l’affido sul minore, in Germania invece
esso viene nominato anche se i genitori hanno tutti i diritti sul figlio, per
questo parliamo di traduzione errata. Anche l’altra traduzione, “avvocato del
bambino” è fuorviante perché se il minore, ormai ragazzino, chiede di scegliere
autonomamente il suo avvocato, non può farlo. In pratica il Verfahrensbeistand
è
un’altra figura statale, nominata dal tribunale, che in genere lavora in
accordo con lo Jugendamt e sostiene le stesse tesi che in questo caso verranno però
considerate espressione della volontà del minore.
I
figli naturali
Una realtà molto diversa da quella
italiana, è quella delle coppie di fatto.
In Germania la madre non sposata detiene la responsabilità genitoriale (o potestà)
esclusiva, anche se il padre ha riconosciuto il bambino e gli ha dato il suo
cognome. Riconoscere il proprio figlio, per un padre non sposato significa
riconoscere soltanto di dover pagare gli alimenti per il bambino in caso di
separazione. La madre, detenendo la responsabilità genitoriale (o potestà)
esclusiva, può prendere autonomamente qualsiasi decisione relativa al bambino,
può traslocare, può scegliere la scuola, può decidere se mantenere o meno il
contatto padre-figlio, può cambiare il cognome del bambino e può disporre liberamente
di eventuali libretti di risparmio o conti aperti a nome del minore, di solito
da nonni e altri parenti per assicurare gli studi futuri del piccolo.
Con
la modifica del codice di famiglia entrata in vigore nel 2009, il padre non
sposato può fare istanza in tribunale chiedendo al giudice il riconoscimento
della responsabilità genitoriale (o potestà) congiunta. Il giudice la concede
solo se questo è conforme al Kindeswohl
(il bene del bambino nella particolare accezione tedesca del termine) se cioè,
per esempio, i genitori hanno mantenuto un buon dialogo fra di loro nonostante
la separazione e sono in grado di prendere congiuntamente decisioni relative al
minore. Soprattutto nei casi binazionali, è sufficiente che la madre tedesca si
rifiuti di parlare con il padre, per esempio italiano, per far sì che il
giudice reputi la potestà congiunta non conforme al bene del bambino.
Genitori non sposati e responsabilità genitoriale (già definita potestà)
Uno dei diritti/doveri più importanti è quello di occuparsi dei propri figli.
In Germania però, in caso di coppie di fatto, la situazione è capovolta: anziché perdere un diritto sulla prole se si ha sbagliato o non adempiuto ai propri doveri, il padre non sposato deve dimostrare di possedere speciali caratteristiche per poter mantenere una relazione con i propri figli, per ottenere cioè quello che dovrebbe essere un diritto naturale.
Codice Civile (tedesco)
Libro 4 – Diritto di famiglia (artt. 1297 – 1921)
Parte 2 - Parentela (artt. 1589 – 1772)
Titolo 5 – Responsabilità
genitoriale (artt. 1626 – 1698b)
|
§ 1626a
Responsabilità genitoriale[1] di genitori non sposati;
Dichiarazione di responsabilità genitoriale congiunta[2]
(1) Se i genitori non sono sposati
alla nascita del bambino, hanno il diritto di esercitare la responsabilità genitoriale congiunta se:
1.
dichiarano di voler esercitare congiuntamente la responsabilità genitoriale
2. si sposano, oppure
3. se il tribunale familiare conferisce la responsabilità genitoriale congiunta.
(2) Il tribunale familiare conferisce la responsabilità genitoriale o una
parte di essa a entrambi i genitori, come da par.1, num. 3 su istanza di uno dei
genitori, se detto conferimento non contrasta con il bene del bambino[4].
Se l’altro genitore non apporta motivazioni[5]
che contrastino detto conferimento e se altrimenti queste motivazioni non sono
evidenti, si presuppone che l’esercizio della cura genitoriale
congiunta non sia in contrasto con il bene del bambino.
(3) Negli altri casi, la madre è detentrice della responsabilità genitoriale esclusiva.
Nuova versione del codice a seguito
della Legge di riforma della responsabilità genitoriale congiunta di genitori
non sposati del 16.04.2013 (Codice civile tedesco1 I, pag. 795) in vigore dal
19.05.2013.
[2] Nel
testo in lingua originale „Sorgeerklärungen“, indicato al plurale.
Bisogna notare che non si tratta qui dell’esercizio di un “affido congiunto”, ma dell’esercizio di una “responsabilità genitoriale congiunta”.
[3] Il
testo di Legge, così come scritto è un eufemismo. In realtà la
dichiarazione del padre è subordinata al consenso della madre tedesca che deve
dare anticipatamente la sua autorizzazione (art 1595 del BGB - Zustimmungsbedürftigkeit der Anerkennung) sia alla dichiarazione di
responsabilità genitoriale congiunta, sia al riconoscimento di paternità di
fronte all’amministrazione tedesca (art 1594 BGB - Anerkennung der Vaterschaft). Se la copia degli atti consegnati
dalle autorità tedesche al genitore straniero (consenso della madre al
riconoscimento di paternità da parte del padre e dichiarazione di responsabilità genitoriale congiunta) sono privi della firma della madre,
spesso non si tratta di un errore, ma della possibilità di invalidare quello
che invece dovrebbe essere stato definito senza limitazioni temporali. La dichiarazione di responsabilità genitoriale congiunta è un atto che deve essere autenticato (art
1626d, §1 BGB, codice civile tedesco), nella maggior parte dei casi davanti ad
un rappresentante dello Jugendamt
(art 87e SGB VIII, libro VIII del codice sociale tedesco). Condizione per
il riconoscimento dell’esercizio di responsabilità genitoriale congiunta è che
la madre sia detentrice della responsabilità genitoriale, cosa che lo Jugendamt
impedisce con estrema facilità alla madre straniera, invocando una Kindeswohlgefährdung, che viene dal semplice fatto che la madre non sia tedesca
e non sia sposata. (art 1666 – BGB).
Lo Jugendamt è anche il tutore (Vormund) della madre
minorenne e del bambino (art 1791c BGB, codice civile tedesco) che il Tribunale
familiare deve informare quando decide di istituire una tutela (Vormundschaft)
d’altronde imposta dallo Jugendamt stesso. Lo Jugendamt
è l'istituzione che l’ufficio dell’anagrafe deve informare quando nasce un
bambino da genitori non sposati. Lo Jugendamt è inoltre l'istituzione
che deve proporre alla madre non sposata, alla nascita del bambino, consiglio ed appoggio per farne stabilire la
paternità, in modo da fare del padre non sposato (ma anche di quello sposato)
il debitore nei confronti del Land
(art 52a SGB VIII, art 1712 BGB), senza garantirgli l’esercizio dei suoi
diritti genitoriali (lo Jugendamt contribuisce a fare in
modo che egli non possa esercitarli). L’esercizio della responsabilità genitoriale
congiunta è in realtà estremamente
relativo in Germania perché se il genitore tedesco
– padre o madre – decide di imporre la sua volontà al coniuge o al suo partner straniero, gli basta separarsi da
lui/lei, tenere il bambino fisicamente con sé, senza
decisione giuridica („Obhut“ art 1713, §1 BGB).
Può poi chiedere allo Jugendamt di implementare un
provvedimento di Beistandschaft per
ottenere gli alimenti, adducendo una separazione duratura dal coniuge o dal
partner, senza doverlo provare o doverne dimostrare la durata (§ 1567
BGB). Lo Jugendamt crea il fatto compiuto quando propone unilateralmente al genitore tedesco –
padre o madre – la garanzia del pagamento degli alimenti (Unterhaltsleistung),
senza precisare che si tratta in realtà degli anticipi sui pagamenti degli alimenti non ancora fissati dal tribunale (anche la Legge li definisce Unterhaltsleistung) che esigerà, in qualità di Stato (Land)
dall’altro genitore (straniero) a due condizioni: che non viva più insieme
all’altro genitore (straniero) e che non accetti il pagamento degli alimenti
(che l’altro genitore deve invece versare direttamente allo Jugendamt).
Così facendo lo Jugendamt
crea le condizioni affinché i genitori non possano trovare un accordo pacifico.
Il suo interesse non è quello di preservare il legame genitore
(straniero)-bambino, bensì di preservare il Kindeswohl, l’interesse
della comunità tedesca relativamente ai bambini (Kindeswohlprinzip – art §1697a BGB). Una volta integrata la
situazione con il provvedimento di Beistandschaft,
per il genitore tedesco è pura
formalità ottenere tutti i diritti sui figli (§ 1671 BGB), poiché lo Jugendamt,
in qualità di genitore di Stato plenipotenziario e terza parte in causa davanti
al giudice familiare, “raccomanda” sistematicamente di trasferire “una parte
della cura genitoriale” al genitore tedesco e costruisce in questo senso i suoi argomenti. La finalità è
trattenere i bambini in Germania, servirsi di loro per appropriarsi della forza
lavoro, dei contributi pensionistici, degli alimenti, degli assegni di
mantenimento, del patrimonio e più tardi dell’eredità del genitore straniero. Il riconoscimento
del bambino da parte del padre, fortemente consigliato alla madre non sposata,
conferisce innanzi tutto dei diritti allo Jugendamt,
tra cui quello di utilizzare il bambino contro il padre straniero, di sfruttare
l’amore di quest’ultimo per suo figlio per farsi finanziare il versamento degli
alimenti, indipendentemente da una qualsiasi decisione giuridica e
indipendentemente dai suoi introiti, facendo in modo nello stesso tempo che
questi non possa esercitare i suoi diritti genitoriali o per lo meno solo in
modo umiliante, sempre in Germania e
comunque sotto il rigido controllo del personale dello Jugendamt.
[4] Kindeswohl
nel testo originale, concetto che in nulla coincide con l’interesse superiore
del fanciullo (in tedesco beste Interesse
des Kindes), così come presente nelle convenzioni internazionali.
[5] Una delle
motivazioni più spesso addotte in questo tipo di procedimento è che non ci sia
dialogo tra i genitori (non importa se per volontà di uno solo); la mancanza di
dialogo tra i genitori viene addotta dal tribunale quale motivazione per negare
l’esercizio della cura genitoriale congiunta.
martedì 12 maggio 2015
Jugendamt e Commissione Petizioni - seduta del 5 maggio 2015
La commissione petizioni del Parlamento europeo si trova costretta - nonostante i tentativi di ostracismo di alcuni rappresentanti della Commissione europea e di alcuni eurodeputati - a rivelare che ci sono 225 petizioni contro lo Jugendamt tedesco e a segnalare violazioni dei diritti da parte della repubblica federale tedesca con i suoi 6.000 Jugendamt ...
L’Europa unita nel diritto?
Con l’On. Cristiana Muscardini e Marinella Colombo si parlerà di Jugendamt e regolamenti europei
15/04/15
Domani, giovedì, 16 aprile, presso l’Istituto Zaccheria di Milano, in via della Commenda 5, si svolgerà il convegno Europa unita nel diritto, realtà o utopia? La questione dello Jugendamt tedesco organizzato dall’associazioni Vivimi, al quale parteciperanno l’On. Cristiana Muscardini, la dott.ssa Marinella Colombo, l’Avv. Laura Cossar, l’Avv. Laura Irene Gonnelli, l’Avv. Laura Tusa Salvetti. Di Jugendamt in Italia se ne parla da pochissimo, spesso in maniera sommaria data la scarsità di conoscenza dell’istituzione, da quando, nel 2009, alla dott.ssa Marinella Colombo sono stati sottratti dalla Germania i due figli a lei affidati dal tribunale tedesco dopo la separazione dal marito tedesco. Della vicenda se ne occupò tra i primi l’On. Cristiana Muscardini, eurodeputata, che con interrogazioni e interventi in aula portò all’attenzione del Parlamento europeo la questione che non riguardava solo la dott.ssa Colombo ma centinaia di genitori non tedeschi che si erano visti sottrarre dallo Jugendamt, dopo la separazione dal coniuge tedesco, i figli. La cosiddetta “Amministrazione per la gioventù”, Jugendamt appunto, opera da oltre 20 anni in Germania e controlla i tribunali familiari di quel paese e, attraverso i regolamenti europei, anche i nostri e quelli dei restanti paesi dell’Unione. Nessuno ne sa nulla e soprattutto dicono di non saperne nulla i nostri giuristi e magistrati che dunque consegnano ingenuamente, o in modo volontariamente inconsapevole, i nostri bambini, cioè il nostro futuro e supportano le autorità tedesche nel processo di criminalizzazione dei genitori italiani che perdono i figli, la relazione con loro, ma anche ogni avere e la futura pensione. Giovedì sarà affrontato questo tema per permettere ai giovani avvocati di reperire gli strumenti per difendere efficacemente i loro clienti italiani e ai media di svelare una realtà provata, ma fino ad ora troppo ben dissimulata. L’ingresso è libero e aperto al pubblico.
La Redazione
Fonte: http://www.ilpattosociale.it/news/3384/L%E2%80%99Europa-unita-nel-diritto-.html
Il bambino portato via dal padre marocchino non è diverso dal bambino portato via dalla mamma tedesca! Questo dovrebbero capire gli amici che a volte fanno discorsi sull’immigrazione.
Il discrimine è all’interno dell’Europa. Non possiamo pensare solo a discrimini con altre religioni o con altre cultura, il discrimine è all’interno della stessa cultura europea, della stessa religione e della stessa Unione politica ed economica.
Come fai ad avere ragione del terrorismo se non sei capace di avere ragione del terrorismo psicologico di un paese che si fa forza del proprio potere economico per costringere il resto dell’Europa a cedere i propri figli nell’interesse della grande Germania? Questo quesito va posto alle autorità politiche e alla stampa (che tace) …
Va formulata una richiesta al Santo Padre affinché si affronti questo tema per fare chiarezza … perché non è possibile che i Cristiani si facciano la guerra all’interno dell’Unione europea … “
Estratto dall'intervento di Cristiana Muscardini, europarlamentare per 5 legislature, veramente impegnata nel sostegno dei suoi concittadini, anche contro lo Jugendamt:
"“Dobbiamo cominciare a dire, noi europeisti, che gli Italiani non devono sposare nessuno che sia di lingua tedesca? Dobbiamo cominciare a dire che non ci sia può fidare, all’interno dell’Unione europea, di un paese che è nostro alleato?Il bambino portato via dal padre marocchino non è diverso dal bambino portato via dalla mamma tedesca! Questo dovrebbero capire gli amici che a volte fanno discorsi sull’immigrazione.
Il discrimine è all’interno dell’Europa. Non possiamo pensare solo a discrimini con altre religioni o con altre cultura, il discrimine è all’interno della stessa cultura europea, della stessa religione e della stessa Unione politica ed economica.
Come fai ad avere ragione del terrorismo se non sei capace di avere ragione del terrorismo psicologico di un paese che si fa forza del proprio potere economico per costringere il resto dell’Europa a cedere i propri figli nell’interesse della grande Germania? Questo quesito va posto alle autorità politiche e alla stampa (che tace) …
Va formulata una richiesta al Santo Padre affinché si affronti questo tema per fare chiarezza … perché non è possibile che i Cristiani si facciano la guerra all’interno dell’Unione europea … “
La finalità del diritto di famiglia tedesco non è il “bene del bambino”, ma il “bene della comunità dei tedeschi attraverso il bambino”, quindi la possibilità di trattenere tutti i bambini in Germania.
Estratto dall’intervento del 16 aprile 2015 all’incontro “Europa unita nel diritto, realtà o utopia? La questione dello Jugendamt tedesco”
Estratto dall’intervento del 16 aprile 2015 all’incontro “Europa unita nel diritto, realtà o utopia? La questione dello Jugendamt tedesco”
Ciò che per noi è illegale, è legale in Germania, cioè deutsch-legal.
Intervento dell’avvocato Irene M. Gonnelli
con il contributo del dott. A. Ferragni
Un sentito grazie all’avv. Laura Tusa Salvetti che ha confermato i nostri timori, riportandoci le parole dei magistrati di Milano in relazione ai casi italo tedeschi:
“Speravo in una smentita, almeno parziale da parte dei tribunali italiani, sull’essere pedissequi a questo tipo di scempio giudiziario che viene perpetrato ai danni di persona come la dott.ssa Colombo. Purtroppo mi è stato risposto, con un mezzo sorriso sulle labbra: “quello che noi stiamo cercando di comprendere e di approfondire è la cosiddetta teoria partecipativa”. Mi si è aperto un mondo. La teoria partecipativa è una modalità attraverso la quale i nostri tribunali, le nostre corti di merito e, in tendenza, la Corte di Cassazione, desiderano conformarsi, nel rispetto della normativa e dell’applicativa dei tribunali di famiglia di tutti i vari stati membri, ma che poi sostanzialmente devono ridursi ad una adesione pedissequa al diktat dello Stato membro più forte. Questa è la teoria partecipativa. Alla mia domanda “ma voi concretamente che cosa fate?” è stato risposto
“Cerchiamo di temperare le necessità contingenti e stiamo facendo dei corsi di tedesco”
“Speravo in una smentita, almeno parziale da parte dei tribunali italiani, sull’essere pedissequi a questo tipo di scempio giudiziario che viene perpetrato ai danni di persona come la dott.ssa Colombo. Purtroppo mi è stato risposto, con un mezzo sorriso sulle labbra: “quello che noi stiamo cercando di comprendere e di approfondire è la cosiddetta teoria partecipativa”. Mi si è aperto un mondo. La teoria partecipativa è una modalità attraverso la quale i nostri tribunali, le nostre corti di merito e, in tendenza, la Corte di Cassazione, desiderano conformarsi, nel rispetto della normativa e dell’applicativa dei tribunali di famiglia di tutti i vari stati membri, ma che poi sostanzialmente devono ridursi ad una adesione pedissequa al diktat dello Stato membro più forte. Questa è la teoria partecipativa. Alla mia domanda “ma voi concretamente che cosa fate?” è stato risposto
“Cerchiamo di temperare le necessità contingenti e stiamo facendo dei corsi di tedesco”
martedì 17 febbraio 2015
Situazioni aberranti risultato del diritto di famiglia tedesco
M. Jean-Claude Juncker
Presidente della Commissione europea
– Bruxelles –
Milano, 17
novembre 2014
Signor Presidente,
desidero attirare la
sua attenzione sui numerosi casi di bambini figli di coppie bi-nazionali, che
si trovano costretti, a causa di decisioni assunte dai tribunali minorili del
Paese di un solo genitore, a rinunciare de
facto alla nazionalità, alla lingua e alla cultura del Paese dell’altro
loro genitore. Vi sono numerosissimi casi, tra l’altro già esaminati anche
dalla commissione per le petizioni del Parlamento europeo, in cui i figli non
possono più nemmeno incontrare l’altro loro genitore. Queste aberranti
situazioni sono il risultato concreto di
normative del diritto di famiglia nazionale che, come lei sa, non rientra nelle
competenze dell’Unione europea. E’ vero che esistono la Convenzione dell’Aja ed il Regolamento UE n. 2201/2003 detto
Bruxelles II, che dovrebbero essere punti di riferimento precisi per le coppie
bi-nazionali europee e per i loro figli, ma attraverso l’applicazione del
principio di sussidiarietà, alcuni Paesi sfuggono a queste norme e creano
situazioni di fatto in cui la seconda nazionalità viene negata. Molti bambini
quindi vengono impoveriti intellettualmente da questa sottrazione e defraudati
di un diritto che i principi giuridici europei gli riconoscono: quello della
nazionalità dell’altro loro genitore.
Da notizie di stampa
apprendo che la Commissione avrebbe avviato studi per modificare il Regolamento
2201/2003. Sarebbe l’occasione buona per definire finalmente una normativa che
sia valida ed applicabile a tutti i bambini degli Stati dell’UE, per garantire
la loro tutela ed il rispetto dei diritti legati alla bi-nazionalità per i
bambini figli di coppie bi-nazionali separate o divorziate. Negare questi
diritti è un delitto che non trova compensazioni. Affermarlo de iure negli
Stati dell’UE non basta, infatti, anche oggi tutte le convenzioni e le carte
dei diritti fondamentali lo riconoscono, ma in alcuni Paesi questo diritto non è
riconosciuto de facto, defraudando i bambini di un valore non negoziabile.
Signor Presidente,
la nuova Commissione
nel suo website afferma di essere
“una squadra forte ed esperta per il cambiamento”. Abbia la forza ed il
coraggio di porre mano al cambiamento che vedrebbe tutti i bambini europei
posti sullo stesso piano e titolari veri di diritti che ora ad alcuni di loro
sono negati, come quello della seconda nazionalità. Migliaia di famiglie si
riconcilierebbero con l’Europa e la riconoscerebbero davvero come la patria dei
diritti umani e si aprirebbe finalmente la strada per la riconciliazione con la cittadinanza europea.
La ringrazio per
l’attenzione che vorrà dedicare a questa questione e La prego di gradire i miei
migliori saluti ed auguri.
Cristiana
Muscardini
Il Ministro Orlando difenda i bambini italiani!
MUSCARDINI:
il Ministro Orlando difenda i bambini italiani e smetta di inchinarsi davanti
allo Jugendamt tedesco
Martedì
21 Ottobre 2014
“Constatare
che il genitore italiano, padre o madre che sia, viene privato della potestà
genitoriale o dell’affido e costretto a pagare gli alimenti dei figli,
obbligati a loro volta a vivere in Germania con il genitore tedesco, anche
contro la loro volontà”. E’ quanto Cristiana Muscardini, presidente del
Movimento Conservatori Social Riformatori, torna a chiedere, al Guardasigilli
Andrea Orlando in merito allo Jugendamt, l’ente per l’infanzia e la gioventù
tedesco cui la Germania demanda anche le questioni inerenti i minori con
cittadinanza doppia e non solo tedesca.
Sollecitato
lo scorso 19 giugno sui poteri coercitivi che lo Jugendamt esercita anche nei
confronti di minori di nazionalità non esclusivamente tedesca, il ministero
della Giustizia ha fornito una risposta che secondo Cristiana Muscardini,
eurodeputata per 5 legislature, “sarebbe stupefacente ed incredibile, se non
fosse tragicamente vera ed esemplarmente corrispondente allo stato del rapporto
di docilità e condiscendenza delle autorità italiane nei confronti della
Germania in merito al diritto di famiglia”.
“Non
sono emerse criticità nel rapporto con le Autorità tedesche in merito al
diritto di famiglia” la risposta fornita
il 2 settembre dal ministero alla segnalazione di Cristiana Muscardini,
quest’ultima si è nuovamente rivolta per lettera al ministro riproponendo la
questione sollevata già nei mesi scorsi (e in diversi interventi da
europarlamentare): “Cosa è necessario fare per porre un freno a questa
disgraziata deriva? Prima di tutto sarebbe necessario che il suo Ministero
fosse consapevole e cosciente dei danni materiali e morali subiti da cittadini
italiani e dai loro figli per opera dello Jugendamt. Con un po’ di buona
volontà le criticità apparirebbero immediatamente e mostrerebbero tutta la loro
gravità. Pensi alla situazione di una madre alla quale vengono sottratti i
figli – sia pure con la violenza dell’apparente legalità – o ai bambini
costretti a vivere in Germania contro la loro impotente volontà”.
lunedì 9 febbraio 2015
Tempo di statistiche e di chiarezza
E’ tempo di fare chiarezza: in Italia i bambini sottratti
ai loro genitori sono sicuramente troppi, strappati ai loro affetti, nella
stragrande maggioranza dei casi, senza validi e provati motivi.
Ciò che non possiamo accettare è leggere che questo è “un
problema italiano”, oppure “una vergogna tutta italiana”. Peggio ancora, ci
capita di leggere che gli altri paesi sarebbero più rispettosi dei diritti dei
bambini e come al solito, con atteggiamento esterofilo ad oltranza (questo sì,
tutto italiano), vengono presi ad esempio i “civili” paesi del centro e del
nord dell’Europa.
Invece, di fronte a queste ufficialissime statistiche
tedesche, redatte dai precisissimi tedeschi, che ci comunicano che SOLO nel
2012, cioè in un anno, sono stati tolti alle famiglie 40.227 bambini, i casi
possono essere solo due:
ci siamo sbagliati e i civilissimi paesi presi a
modello, soprattutto la Germania, sono dei barbari che usano i bambini come
fonte di introiti
oppure
la Germania è un paese civile e se 40.227 bambini in
un solo anno sono stati tolti ai loro genitori è perché i bambini erano in
pericolo e andavano allontanati; in pratica la Germania è un paese di pazzi
pericolosi, neppure in grado di amare e accudire quanto di più importante si
può avere nella vita, i propri figli.
Come la Germania si appropria dei nostri figli e dei figli di tutta Europa
Attualmente, il
vero problema in Europa, non è
quello delle separazioni e dei divorzi binazionali, bensì quello dei bambini binazionali o stranieri che
risiedono per almeno sei mesi in Germania. Grazie al regolamento europeo
2201/2003, dopo sei mesi di residenza in un Paese, la competenza
giurisdizionale di tutte le cause relative ai bambini passa al giudice
familiare del Paese di residenza.
Quindi dopo soli
sei mesi di residenza in Germania, è competente il giudice familiare tedesco a
decidere della sorte dei bambini.
Tutti i giudici di
tutti i paesi devono emettere decisioni finalizzate alla salvaguardia del
benessere del minore. Ma cos’è il “benessere del minore”? Se riflettiamo
sull’evoluzione avvenuta e il cambiamento che si è realizzato anche nel nostro
paese del concetto di educazione, constatiamo che ciò che era positivo solo
cent’anni fa, oggi non lo è più. Eppure, oggi come allora, si agiva per il
“bene del bambino” per educarlo in modo ottimale. Se queste differenze enormi
si producono all’interno dello stesso paese e della stessa cultura, come è
possibile pensare che i paesi europei, con linguaggi, tradizioni e storie
differenti, possano intendere allo stesso modo il concetto di benessere del
bambino? Eppure su questo si basano regolamenti e convenzioni che impongono
agli Stati il riconoscimento reciproco delle sentenze, proprio perché tutte
motivate dallo stesso interesse, la
tutela del minore.
In realtà ogni
cultura ha una visione propria di questo concetto, anche se in modo molto
simile tra un paese e l’altro dell’Europa. Un
caso a parte è però rappresentato dalla Germania. La società tedesca ha una
concezione molto particolare del bene del bambino che potremmo forse tentare di
comprendere tenendo in considerazione la sua storia, la sua cultura, la sua
lingua e le sue tradizioni. Quella tedesca è una società nella quale si dà
molta importanza all’obbedienza e all’accettazione delle regole, è la società
nella quale il capo ha sempre ragione e ciò che prevede la legge è sempre
giusto, al di là di ogni considerazione etica o morale. È la società che spinge
tutti a fare la spia, ma nella quale gli spioni non esistono, bensì solo
cittadini dotati di senso civico. In cambio lo Stato si occupa con zelo dei
suoi cittadini. Li aiuta economicamente e distribuisce sussidi per i motivi più
disparati. Lo Stato aiuta in tutto e controlla tutto, anche l’educazione che
viene impartita ai bambini. Per questo in Germania, unico paese dell’Unione
europea, la scuola parentale o homeschooling è categoricamente vietata, proprio
perché lo Stato deve poter controllare il tipo di educazione impartita. I
genitori che si oppongono, in pratica eludono il controllo statale e perciò
vengono multati, messi in prigione e privati dei figli. Sono noti i casi di
famiglie tedesche scappate per questo negli Stati Uniti.
Un altro esempio
recente sono le lezioni di educazione sessuale. Contestate per i contenuti
espliciti e, per alcuni genitori, immorali, queste lezioni vanno comunque
accettate. I genitori dei bambini che si sono sentiti male (e che perciò non
hanno più voluto assistere a quelle lezioni) sono stati incarcerati per non
aver obbligato i propri figli all’obbedienza e per aver loro stessi criticato
quelle lezioni.
Il sistema
sanitario assicura medici, specialisti e medicine per i bambini in maniera
completamente gratuita. Ma se un genitore non presenta il figlio ai controlli
periodici stabiliti dallo Stato rischia seriamente di vedersi sottrarre
l’affido o per lo meno una parte di esso (“diritto di decidere della salute del
bambino”).
Chi trasmette ai
figli questo modo di concepire la vita è un buon genitore, altrimenti diventa
un genitore che “mette in pericolo il benessere del bambino”. A questo tipo di
genitori vanno tolti i figli.
La posizione del
genitore non-tedesco che vive in Germania è molto particolare perché, per
quanto possa adattarsi e integrarsi, spesso non arriva a pensarla sempre
esattamente così. E’ una persona cresciuta in un’altra cultura, con altre
regole e abitudini, un altro modo di considerare il mondo e la vita. Pertanto il genitore non-tedesco è per definizione
un genitore che rappresenta un pericolo per il bene del bambino (Kindeswohlgefährdend)
o che potrebbe, un giorno, rappresentarlo. Lo Stato deve esercitare la sua funzione di controllo-tutela e lo fa
attraverso lo Jugendamt. Questo è
molto importante perché ne va del futuro della società tedesca che è, da un
punto di vista tedesco, il migliore dei mondi possibili.
In pratica avviene
questo: la Germania è il paese con un tasso di disoccupazione molto basso, il
paese dove è ancora possibile trovare lavoro e dove arrivano continuamente
immigrati, desiderosi di stabilirvisi. Spesso e volentieri queste persone
trovano il lavoro ma perdono i figli che vengono “protetti” dallo Stato tedesco. Per esempio, nella sola comunità
turca, si registrano ogni anno 4.000 bambini tolti ai loro genitori. Ma oltre
ai Turchi ci sono anche mezzo milione di Italiani, e poi i Polacchi, i Greci, i
Serbi, gli Sloveni, ecc… A tutto ciò che è positivo viene data visibilità,
mentre le decisioni sui bambini avvengono nelle udienze a porte chiuse dei
tribunali e prima ancora nelle stanze chiuse dello Jugendamt, completamente
sotto giurisdizione tedesca, dunque in perfetta legalità. Intanto i media
continuano a presentarci la Germania come l’Eldorado e ci invitano a partire e
a recarci proprio là. Quando si racconta
ciò che avviene veramente in Germania non si viene creduti, perché il lato
oscuro è ben celato e lo si scopre solo quando è troppo tardi.
Dissimulare
l’intrusione dello Stato nella vita privata e soprattutto il concetto di
proprietà statale sui bambini è molto più facile in presenza di una separazione. Lo Jugendamt dovrà intervenire
d’ufficio nel procedimento, per legge (SGB VIII), per “proteggere il bambino
che in caso di separazione viene usato e quindi maltrattato dai genitori che si
fanno la guerra”. E’ lo Jugendamt che dirà al giudice cosa deve fare e non in
qualità di consulente, ma come parte in causa e terzo genitore.
Quando poi uno dei
due genitori è tedesco e l’altro no, tutto diventa più facile: il genitore
tedesco sarà sicuramente quello più idoneo e a lui verrà dato l’affido del
bambino. Tutto ciò è stabilito prima
ancora che inizi il procedimento, è nella testa dei funzionari dello
Jugendamt ed in quella dei giudici, ma anche di psicologi e avvocati. Il procedimento giuridico serve piuttosto a
trovare o meglio costruire la motivazione plausibile di detta decisione. E’
importantissimo far sembrare che ogni decreto o sentenza sia stato emesso a
tutela dell’interesse del minore. I vari personaggi coinvolti ne sono persino
convinti. Il genitore privato dei diritti genitoriali sarà semplicemente il
genitore meno idoneo o addirittura non idoneo, colui che, incapace di accettare
tale decisione verrà inoltre giudicato come incapace di adeguarsi alla realtà e
indirizzato verso uno psicologo o uno psichiatra.
I genitori vittime
di questo sistema, i genitori
non-tedeschi tutti privati dell’affido dei figli e quasi sempre anche della
potestà hanno da mostrare solo documenti che attestano le loro manchevolezze.
Le scorrettezze, le falsità, le frasi distorte, i verbali delle udienze che non
coincidono con le relazioni sono tutti fatti avvenuti, ma impossibili da
provare. Questi genitori, quando si rivolgono ai tribunali del loro paese o
alle corti europee, intenzionati a dimostrare la falsità e la malafede di un
sistema che, oltre tutto, ha fama internazionale di essere efficiente e
corretto, non vengono creduti. Anche di fronte all’evidenza (per es. una
traduzione falsificata), i funzionari (ma anche i cittadini) dei nostri paesi
non riescono a capacitarsi del fatto che in Germania possano verificarsi
scenari di manipolazione e corruzione che assomigliano molti a quelli di tipo
mafioso e dunque si presume siano sconosciuti in Germania. Questi
genitori si sono rivolti anche al Parlamento europeo, ma la Commissione
Petizioni del Parlamento è controllata dagli eurodeputati tedeschi che, oltre
ad essere più numerosi, sono anche sempre presenti (e questo è davvero un loro
merito) e soprattutto lavorano esclusivamente nell’interesse del loro paese. Le
petizioni sono pertanto, nove su dieci, ritenute irricevibili. Anche la CEDU,
la Corte europea per i diritti umani, è sotto controllo tedesco: la
ricevibilità dei ricorsi è stabilita da un giudice monocratico (un solo
giudice) che conosce bene il diritto del paese contestato (quindi è austriaco,
svizzero tedesco o di un paese dell’est ma ha fatto carriera in Germania) e che
non è tenuto a motivare la sua decisione. La CEDU pertanto risponde ai genitori
affranti con lettere di questo tenore: “il suo ricorso non è ricevibile. Non
siamo tenuti ad illustrarne le motivazioni. Non cerchi di ripresentare ricorso
su questo argomento. I suoi documenti non saranno restituiti, ma verranno
distrutti a breve. Distinti saluti”.
In sintesi, tutto ciò che avviene sotto giurisdizione
tedesca non è contestabile. I giuristi tedeschi nascondono bene – direi
perfettamente – ciò che stanno facendo per il loro governo (in Germania non
esiste la divisione dei poteri, caratteristica di ogni Stato democratico).
Se invece un bambino per metà tedesco si trova all’estero, è sufficiente che il
genitore tedesco lo porti in Germania (non importa se in modo legale o
illegale) e reclami lì tutti i diritti genitoriali. Il fatto che il
trasferimento possa essere illegale non costituisce un problema e neppure che
il giudice del paese di residenza abituale, quello precedente, possa aver
emesso un divieto di espatrio. Il giudice tedesco che sentenzia in nome del
Kindeswohl, il concetto tedesco di bene del bambino, saprà trovare una
soluzione. D’altronde a questo bambino appena arrivato in Germania non poteva
succedere di meglio, ora potrà finalmente crescere in Germania (il migliore dei
mondi possibili) con il suo genitore tedesco, libero dall’influenza (sempre
negativa) di un’altra lingua, un’altra nazionalità e un’altra cultura. Sappiamo
infatti che è legalmente possibile rifiutare un rimpatrio, basandosi sul bene
del bambino.
Inoltre il codice
penale tedesco scrive chiaramente che la sottrazione è un reato che si compie
portando un minore dalla Germania verso l’estero e non dall’estero verso la
Germania (§235 StGB). Dunque non ci
saranno conseguenze penali per il genitore sottrattore, né verrà dato corso ad un mandato di
arresto europeo poiché il delitto (sottrazione dall’estero verso la
Germania) non è contemplato dal codice penale tedesco.
Sul piano civile
sarà relativamente semplice, lo abbiamo visto, utilizzare il regolamento
europeo a favore del genitore tedesco con la motivazione dell’interesse del
minore. Resta solo un problema da risolvere, quello della credibilità
internazionale e a questo i tedeschi tengono molto.
Soprattutto nei
casi frequenti con l’Italia, dove le ragazze tedesche vanno volentieri a
cercarsi un padre per il figlio che intendono avere (assicurandosi così un
introito mensile e una eredità immobiliare per il figlio), bisogna dissimulare la sottrazione (di solito
la ragazza tedesca non si sposa e rientra in Germania prima o subito dopo il
parto). La questione, se il bambino dovrà crescere in Italia con il genitore
italiano non si pone neppure: il bambino è portatore di diritti suoi propri e
pertanto anche di quello di crescere nel migliore dei mondi possibili, in
Germania; inoltre in Germania “sanno” che i padri italiani hanno tutti la
tendenza ad essere violenti, così come le madri italiane, se non sono un po’
squilibrate, sono per lo meno tutte delle chiocce, dunque madri negative per la
crescita e lo sviluppo equilibrato del minore. Eppure troppe richieste di
rimpatrio negate, anche se legalizzate dal giudice, andrebbero ad incidere
negativamente sulle statistiche e metterebbero in cattiva luce il sistema
tedesco, offuscandone la fama di paese onesto e corretto. Era necessaria una
soluzione e i tedeschi l’hanno trovata nella mediazione.
Non a caso la
mediazione familiare internazionale è oggi monopolio dei tedeschi che, ancora
una volta, sono i migliori, danno lezioni, tengono congressi e conferenze a
Bruxelles.
Appena il bambino
(sottratto) arriva in Germania, nel giro di 24-48 ore succedono molte cose: la
madre tedesca chiede allo Jugendamt di confermarle che detiene, in quanto madre
nubile, la potestà esclusiva. Cambia l’indirizzo di residenza del minore (se
non lo ha già fatto prima). Lo Jugendamt attiva un procedimento di
Beistandschaft (procedimento amministrativo con il quale lo Jugendamt si
sostituisce al genitore privato di suo figlio) e pretende immediatamente dal
genitore non-tedesco il pagamento degli alimenti per il bambino e sovente anche
il mantenimento per la madre. La madre cambia molto spesso anche il cognome del
bambino poiché la legge tedesca glielo permette. Se l’altro genitore – il padre
non-tedesco nel nostro esempio, ma potrebbe essere anche una madre – presenta
istanza di rimpatrio, denunciando la sottrazione, viene subito bloccato
dall’autorità centrale tedesca che gli chiede di anticipare un acconto di
1.500,- € per spese di avvocato e lo informa che dovrà anche pagare interamente
le spese processuali (nulla è a carico del genitore tedesco che ha sottratto il
bambino, perché lo Stato tedesco sa fare i conti meglio di quello italiano e
difende ad oltranza il suo cittadino). Senza il versamento dei 1.500,- € non si
muove neanche una foglia. Se questo padre è deciso a far rimpatriare il bambino
e ha le possibilità economiche per sostenere le spese, fa cioè inoltrare la sua
istanza al tribunale competente, verrà allora immediatamente contattato, con
una lettera, una mail o direttamente al telefono, da una associazione di Berlino che gli proporrà (o meglio cercherà di
imporgli) una mediazione. I suoi avvocati gli consiglieranno di accettare,
perché in effetti, di solito, un accordo tra i genitori è meglio di una guerra
senza fine. Ciò che i non-tedeschi non sanno è che in fase di mediazione
verranno promessi al genitore non-tedesco frequentazioni intense con il figlio
in cambio del suo consenso al trasferimento e la rinuncia alla richiesta di
rimpatrio, ma subito dopo aver ottenuto questo consenso, cioè avere reso la sottrazione un atto legale,
in Germania (a questo punto competente per il minore) si aprirà un nuovo
procedimento sull’affido con il quale verranno tolti al genitore non-tedesco
tutti i diritti sul bambino, che mai più rivedrà. Il vantaggio della mediazione
è che tali sottrazioni non compaiono più nelle statistiche perché sono divenute
trasferimenti legali, ci sarà una sottrazione in meno a carico della Germania e
una mediazione conclusasi positivamente in più. I tedeschi continueranno a
decantare la loro bravura nelle lezioni a Bruxelles e mai nessuno, tranne il
genitore vittima e beffato, ci diranno che il bambino è diventato un tedesco
puro.
Questa
necessità di continuare a mostrare mezze-verità, solo la parte che dà lustro
alla Germania, è uno dei motivi per cui i genitori che hanno vissuto, conoscono
e sono in grado di analizzare questo sistema non vengono mai invitati a
parlare, le loro petizioni spariscono e i loro ricorsi a Strasburgo sono
irricevibili.
D’altronde la
verità della Germania del 2015 è talmente infernale che nessuno ci crederebbe…
Marinella Colombo
Membro della European Press
Federation
Responsabile dello « Sportello
Jugendamt » dell’associazione C.S.IN. Onlus
Membro dell’associazione Enfants
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