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martedì 20 marzo 2018

Le perizie familiari in Germania ...








In Germania le perizie familiari sono redatte solo raramente da psicologi.

I periti incaricati non hanno necessariamente questo titolo.


Certo è che il 75% delle perizie non rispondono ai necessari requisiti scientifici!


Non è un'affermazione nostra, ma di professionisti tedeschi. Questo video, che idealmente segue quello relativo alla dichiarazioni del giudice familiare in pensione che affermava, "anche mia nonna potrebbe essere nominata perito familiare, non serve nessuna preparazione specifica".


Di sicuro, nei casi binazionali - che la TV tedesca si guarda bene dal presentare - la perizia serve sempre ad allontanare il genitore non-tedesco, indipendentemente dai fatti e dalle prove!

mercoledì 26 luglio 2017

Ecco come la Germania finanzia il furto dei bambini stranieri

Ecco come la Germania finanzia il furto dei bambini stranieri: si trattengono i bambini in Germania, tagliando completamente i legami con la madre (o il padre) straniera (o che risiede al di fuori della Germania) senza nessun motivo, se non il fatto che così desidera il padre (o la madre) tedesco*. Poi si emette un decreto che condanna il genitore straniero (qui la madre) a pagare alimenti molto elevati e che non considera la disponibilità economica di quel genitore e neppure se ha altri figli da mantenere (i bambini non tedeschi e residenti al di fuori della Germania hanno evidentemente meno diritti di quelli in Germania). Data l’impossibilità e l’assurdità di pagare per dei figli che non ti riconoscono più come madre/padre, viene aperto un procedimento penale, facendo ben attenzione a indicare che la pena prevista sia superiore ad un anno, in modo da poter poi utilizzare il mandato d’arresto europeo e chiedere l’estradizione di detto genitore!
E il gioco è fatto, hai perso i figli e tutti i tuoi averi. Impossibile rifarsi un’esistenza!

* non gioiscano i padri italiani, perché di fronte ad una madre tedesca saranno loro ad essere discriminati. E’ solo il genitore tedesco ad essere tutelato!

Qui il documento originale e la traduzione:
























Traduzione: 

"Ogg.: istruttoria contro di Lei
Comunicazione circa l’avvio del procedimento istruttorio e possibilità di esprimersi in forma scritta come da §§ 163a comma 1, 136 comma 1 del Codice di procedura penale tedesco in combinato con l’art. 52 comma 1 dell’accordo di Schengen


Egregia signora X
Conduco contro di Lei un’istruttoria per sospetto di violazione del dovere di mantenimento nei confronti di Z. e L. Questo procedimento istruttorio si basa sui seguenti fatti:

Lei è la madre di Z. e L., nati il […] e il […]. Secondo il decreto [ndt.: emesso inaudita altera parte] della pretura di […], Lei non paga per i suoi figli, per lo meno dal novembre 2015, l’assegno di mantenimento di 696,00 euro. Le loro necessità non sono in pericolo solo perché provvede il padre dei bambini, presso il quale Z. e L. vivono.

In base all’attuale situazione dell’istruttoria, esiste il sospetto che Lei sia perseguibile, per la violazione continuata del dovere di mantenimento in due casi di concorso materiale ex §§ 170 comma 1 e 53 del codice penale [tedesco].

Il § 170, comma 1 del codice penale recita:
“Chi si sottrae al dovere legale del mantenimento e mette così in pericolo il sostentamento di coloro che ne hanno diritto o le cui necessità sarebbero in pericolo senza l’aiuto viene punito con una pena detentiva fino a tre anni o con una pena pecuniaria.”

Le faccio presente che la legge prevede che Lei possa scegliere di esprimersi in relazione all’accusa oppure di non rendere dichiarazioni; Lei ha anche il diritto di consultare in ogni momento un avvocato di sua scelta, anche per una consulenza. Inoltre potrà chiedere di ottenere singole prove a sua discolpa.

La dichiarazione deve essere resa entro il 31.07.2017.

Cordiali saluti
Dr. […]
Procuratore"

venerdì 21 luglio 2017

Incompatibilità tra diritti di famiglia italiano e tedesco

Incompatibilità tra diritti di famiglia italiano e tedesco: ricadute sul processo nostrano per reati endofamiliari. 
Brevissime note a cuta di F. Trapella

La famiglia è un valore che rientra nell’ordine pubblico europeo: sia il diritto dell’Unione, sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo la pongono a fondamento del tessuto sociale, quale luogo di crescita e di formazione dell’individuo.
            Nel 1993, ad esempio, nel caso Hoffman, la Corte di Strasburgo si è concentrata sull’idea di educazione, come diritto/dovere dei genitori ad indirizzare i figli e, al contempo, diritto dei figli ad essere guidati verso un traguardo di convinzioni etiche, sociali o religiose che permetta loro un proficuo accesso alla vita associata.
            Ancora, e sempre procedendo per esempi, l’art. 33 della Carta di Nizza protegge espressamente la vita familiare, facendo seguito alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 14 marzo 1984, alla Convenzione dell’Aja del 1996 o alla Decisione del Consiglio 2003/93/CE (19 dicembre 2002) che si occupano di tutelare le relazioni tra genitori e figli.
            Insomma, i diritti europei si occupano della famiglia, nelle sue molteplici sfaccettature: l’educazione dei giovani, il ruolo dei genitori (di entrambi: quindi viene esaltato il valore della bigenitorialità), la posizione – personale e patrimoniale – dei figli, ecc.
            Da questa premessa deriva che tutti i Paesi che aderiscono ora all’Unione europea, ora alla Convenzione dei diritti riconoscono e tutelano la famiglia. Se così non fosse, gli ordinamenti nazionali si porrebbero in contrasto con quelli europei, con successivo stravolgimento delle regole gerarchiche tra le fonti.
            Quanto appena detto, però, non significa che tutti gli Stati europei prevedano per la famiglia identici meccanismi di salvaguardia o, più in generale, che regolino allo stesso modo il rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini.
            Esempio di ciò si ha nel confronto tra gli artt. 30 e 31 della nostra Costituzione e l’art. 6 della Grundgesetz tedesca.
Il lessico del legislatore costituente nostrano è ricco di verbi che rimandano al campo semantico della protezione: “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” (art. 30 Cost.); “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia” (art. 31, comma 1, Cost.);protegge l’infanzia, la maternità, la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” (art. 31, comma 2, Cost.).
Diversa è la scelta terminologica compiuta dalla Legge fondamentale tedesca: “il matrimonio e la famiglia godono della particolare protezione dell’ordinamento statale. La cura e l’educazione dei figli sono un diritto naturale dei genitori ed un precipuo dovere che loro incombe. La comunità statale sorveglia la loro attività” (art. 6, §§1 e 2, Grundgestez); Contro il volere degli aventi il diritto all’educazione, i figli possono essere separati dalla famiglia solo in base ad una legge, nel caso in cui gli aventi il diritto dell’educazione vengano meno al loro dovere o nel caso che, per altri motivi, i figli corrano il rischio di essere trascurati” (art. 6, §3, Grundgesetz).
            Protezione nel senso di agevolazione della crescita familiare, da un lato; protezione come sorveglianza dello Stato sui doveri genitoriali, dall’altro.
            Tanto basta a rendere legittima, in Germania, una struttura statale con ampi poteri di ingerenza sulle famiglie, che partecipa ai giudizi di fronte al tribunale per i minorenni o all’autorità giudiziaria civile in qualità di parte. Ne deriva – volendo esemplificare – che in contenziosi del genere, i genitori dinanzi al giudice sono tre: i due biologici, e l’Amministrazione per la gioventù (in lingua tedesca, Jugendamt).
            Il lungo preambolo conduce al tema in argomento: immaginando, in Italia, un processo penale per reati endofamiliari a dimensione sovranazionale che coinvolga un nostro cittadino e uno tedesco, quali sono le ricadute che derivano su di esso dalla diversità dei due diritti di famiglia? L’esempio tipico è la sottrazione di minore: di due genitori, uno è italiano e l’altro tedesco; quest’ultimo conduce il figlio in Germania; si apre il processo in Italia per il reato previsto dall’art. 574-bis c.p.. A questo punto, ad esempio, la difesa dell’imputato vuole produrre alcune relazioni dello Jugendamt che attestano come il minore si sia integrato bene nel contesto tedesco, con ciò tentando di provare lo stato della necessità: il ragazzino è stato portato oltralpe perché era quella per lui la migliore soluzione possibile e l’Amministrazione per la gioventù tedesca lo conferma.
            Il giudice italiano deve porsi una duplice questione in ordine ai documenti che, in un caso del genere, gli vengono forniti dall’imputato: a) deve compiere il vaglio previsto dall’art. 190 c.p.p., arricchito, stavolta, dalla necessità di acclarare se quelle relazioni siano autentiche e, quindi, quale siano la loro provenienza e il loro contenuto; b) visto che l’art. 190 c.p.p. impone al giudice, tra le altre cose, di escludere prove vietate dalla legge e il successivo art. 191 c.p.p. dichiara inutilizzabile la prova illegittima, egli deve chiedersi se i documenti dello Jugendamt siano o meno conformi alla legge e ai principi costituzionali nostrani.
            Sotto quest’ultimo profilo, quindi, il giudice italiano dovrà compiere le medesime considerazioni svolte in queste pagine, apprezzando il divario tra le previsioni costituzionali italiane e il disposto della legge fondamentale tedesca sulla famiglia.
Altrimenti detto, l’idea di protezione in quanto sorveglianza è estranea all’ordinamento italiano, così come lo sono i poteri invasivi che l’Amministrazione per la gioventù tedesca esercita sulle famiglie.
            Ecco, quindi, che il giudice nostrano non può acquisire le relazioni dello Jugendamt: utilizzarle significherebbe, infatti, trarre informazioni utili al processo da un soggetto che è titolare di poteri sconosciuti al nostro ordinamento. Le attività svolte dall’Ufficio d’oltralpe sono ignote al diritto e al processo civili italiani; del pari ignote sono le relazioni che esitano da quelle attività.
            È dal 1973 che la Consulta ha stabilito che attività compiute in spregio dei diritti inviolabili del cittadino non possono essere assunte a giustificazione di atti processuali: è la nota sentenza 34/1973, da cui la dottrina ha mutuato la definizione di prova incostituzionale. Ed è ad essa che andrebbe ricondotto il documento redatto dallo Jugendamt, in quanto – si ripete – avulso dal sistema in Italia vigente per la regolamentazione dei rapporti intrafamiliari.
Francesco Trapella
(Avvocato a Rovigo – Assegnista di ricerca in

Diritto processuale penale, Università di Ferrara)


L'intervista su questo tema all'avv. Trapella: 




sabato 1 luglio 2017

Un altro strumento del sistema familiare tedesco ...

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, per aiutare l’opinione pubblica ad informarsi relativamente al diritto di famiglia tedesco ed alla sua applicazione.


Ci auguriamo che la nostra attività di prevenzione possa evitare a tanti bambini italiani, figli di genitori che emigrano, di crescere nelle famiglie affidatarie tedesche, perdendo completamente ogni contatto con i propri affetti, la propria lingua e la propria cultura.

La vignetta del cartellone “Jugendamt? Nein, Danke”, presente in rete, soprattutto in Germania, è stata realizzata nel 2009 da Alfio Riccardo Krancic, in occasione della deportazione in Germania dei figli di Marinella Colombo.

Questa e la traduzione del messaggio di una mamma francese. La figlia, non restituita dal padre tedesco dopo un fine settimana passato da lui, vive in Germania da anni [sottrazione legalizzata], con il padre e la di lui moglie tedesca. La ragazzina porta il cognome francese della madre (i genitori non erano sposati), ma questo disturba molto il sistema di germanizzazione, quindi …

“Un avvocato tedesco ha fatto istanza, nel maggio del 2016, a nome di mia figlia [minorenne] chiedendo la sostituzione del cognome (lei porta il mio cognome) con quello dell’attuale moglie del padre. Nel luglio 2016 ho risposto evidenziando che mia figlia è minorenne e che la responsabilità genitoriale è congiunta e che dunque lei non può avviare procedimenti in tribunale! La giudice [tedesca] ha avviato e continuato il procedimento come niente fosse. Ho informato il Consolato di Monaco di Baviera che ha contattato lo Jugendamt di N. Ho presentato una Petizione al Parlamento europeo. La Commissione europea ha inviato il fascicolo allo Jugendamt di Berlino per avere spiegazioni. Quest’ultimo ha chiamato la giudice di N. Nel settembre del 2016 ho dovuto prendere anch’io un avvocato in Germania. Abbiamo ribadito più volte alla giudice che l’istanza introduttiva del procedimento non era ricevibile, ma lei continuava imperterrita.
Seguendo i consigli di Marinella, con l’insistenza del mio avvocato, le telefonate a Monaco e Berlino, la giudice alla fine ha scritto alla controparte chiedendo il suo parere [dellacontroparte!] circa il fatto che mia figlia è minorenne e che “sembrerebbe che la legge non permetta ad un minore di essere parte richiedente in un procedimento di questo tipo”. L’avvocato [di fatto incaricato dal padre tedesco di mia figlia] si è alla fine trovato costretto a ritirare la richiesta, ma ha già annunciato che ne presenterà una nuova.
Bilancio: nel processo della mia cancellazione amministrativa hanno perso un anno.
Speriamo che aver messo qualche ostacolo sul loro cammino li calmi, almeno per un po’!”

venerdì 20 gennaio 2017

Vademecum del rimpatrio - estratto
















Per ottenere il rimpatrio di un minore illecitamente portato o trattenuto all’estero, bisogna innanzi tutti agire sul piano civile e presentare istanza di rimpatrio.

Questo non impedisce di agire anche sul piano penale, fatto che però non porta necessariamente al ritorno del minore. In altre parole, la polizia non può, sulla base di una denuncia penale, andare all’estero a riprendere il bambino.

L’istanza di rimpatrio va attivata con una procedura civile, soprattutto in applicazione della Convenzione dell’Aja 25.10.1980
(
http://www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/tutelaconsolare/minori/convaja_251080.pdf) ratificata con Legge 15 gennaio 1994, n. 64 (http://www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/tutelaconsolare/minori/conlus200580.pdf) e, per i paesi europei (tranne la Danimarca) del Regolamento europeo 2201/2003, detto Bruxelles II bis (http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32003R2201:IT:HTML).

Va precisato che si parla di sottrazione internazionale quando un minore avente la residenza abituale in un determinato Stato è condotto in un altro Stato senza il consenso del genitore che esercita la responsabilità genitoriale.
Anche il trattenimento del minore in uno Stato diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso dell’altro genitore che esercita l’affidamento è equiparato ad una sottrazione.

▲ Ai fini dell’applicazione della Convenzione, per richiedere dunque il rimpatrio, la nazionalità del minore e degli adulti è irrilevante: quello che conta è la residenza abituale del minore al momento della sottrazione.

Il modulo per l‘istanza di rimpatrio va richiesto al Ministero della Giustizia, Ufficio II - Autorità centrali convenzionali, Area I - Protezione minorenni e diritto di famiglia in ambito internazionale
Via Damiano Chiesa,24 – 00136 Roma
tel. +39 06.68188326-331-535
fax +39 06.68808085
e-mail: autoritacentrali.dgm@giustizia.it

L’istanza andrà compilata (e corredata degli allegati richiesti) dal genitore vittima della sottrazione (che potrà avvalersi di un avvocato, ma può anche farlo da solo) in italiano e nella lingua del paese nel quale il minore è stato portato o trattenuto (o in altra lingua accettata dal paese) entro un anno dal trasferimento/sottrazione.

Se l’indirizzo estero presso il quale si trova il minore non è noto
bisogna chiedere all’autorità centrale, tramite la sua omologa estera, di provvedere al rintraccio.
Una volta ottenuto l’indirizzo, si deve trovare un avvocato in loco (la maggior parte dei paesi aderenti prevede la possibilità del gratuito patrocinio in caso di basso reddito) che apra un procedimento di rimpatrio.
Il giudice straniero adito non deve decidere dell’affido, ma solo confermare o meno che il minore è stato effettivamente sottratto e in questo caso ordinarne il rimpatrio (attenzione: in alcuni paesi, come per esempio la Germania, l’esecuzione della decisione di rimpatrio può essere sospesa per anni, inficiando così la finalità della Convenzione e del Regolamento).
Dall’apertura del procedimento di rimpatrio, il tribunale estero ha a disposizione 6 settimane per emettere il decreto (di rimpatrio o meno).

Se l’indirizzo estero presso il quale si trova il minore è noto
si può agire allo stesso modo appena descritto, ma si può anche adire direttamente il tribunale estero tramite avvocato in loco.

Attenzione! Solo alcuni tribunali sono abilitati ad aprire un procedimento per il rimpatrio, bisognerà pertanto presentare correttamente istanza solo al tribunale competente.

Sul sito della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato (HccH) è presente un elenco dei Paesi aderenti e soprattutto il profilo di ogni paese con tutte le caratteristiche specifiche e importanti indicazioni e indirizzi necessari ad avviare e gestire il procedimento di rimpatrio.
Purtroppo tutto ciò non è disponibile in italiano, ma solo in francese e inglese

Nel caso di sottrazione verso la Germania, il giudice tedesco che dovrà decidere sul rimpatrio farà molte difficoltà, utilizzando tutti gli strumenti messi a sua disposizione dal codice di procedura tedesco per negarlo.

In questo caso, consigliamo vivamente di chiedere sostegno professionale inviando una mail a: sportellojugendamt@gmail.com