Per il genitore italiano di un bambino binazionale richiedere o rinnovare il proprio passaporto può diventare un incubo.
Il tema è oggetto di una petizione al Parlamento europeo e viene spiegato in questo intervento radiofonico:
Per il genitore italiano di un bambino binazionale richiedere o rinnovare il proprio passaporto può diventare un incubo.
Il tema è oggetto di una petizione al Parlamento europeo e viene spiegato in questo intervento radiofonico:
Achtung,
binational babies: il padre, il padre-sociale e il postino
Storie di genitori discriminati e
di bambini con due nazionalità, ma metà diritti
Riproponiamo un articolo
pubblicato nel giugno del 2014, per comprendere la ragione di questa
ripetizione, leggete fino alla fine.
Succede ogni giorno
decine di volte, nel cuore dell’Europa teoricamente senza frontiere, ma con una
barriera attorno alla Germania, dove i bambini entrano, ma non ne escono mai.
Ecco una delle tante
vicende e dei tanti genitori al fianco dei quali mi sto battendo.
Una donna tedesca si
trasferisce in Italia, dove trova lavoro. Conosce un ragazzo italiano. Dopo un
certo periodo di fidanzamento, quando hanno ormai deciso di sposarsi, lei resta
incinta. Grande gioia di entrambi, acquisto della casa e progetti per il
futuro. Lei dice di voler partorire in Germania, lui cerca di comprendere e
asseconda. Il bambino nasce, ma lei ha intanto deciso che il padre di questo
bambino non sarà italiano (peccato che è con un italiano che ha procreato) e
dunque glielo lascia riconoscere perché così potrà chiedergli gli alimenti, ma
non gli dà la possibilità di avere la potestà genitoriale sul figlio (in Germania è la madre tedesca non sposata
che decide tutto ciò, dunque lei sta agendo in perfetta legalità). Poi
chiede al padre-italiano-senza-diritti
che si era recato in Germania per il parto di sparire.
Preso atto della penosa
situazione, dopo essere stato ingannato da diversi avvocati sia italiani che
tedeschi, sia in buonafede (gli avvocati italiani non conoscono necessariamente
il codice di famiglia tedesco) che in malafede (gli avvocati tedeschi sono
sinceramente convinti che crescere senza contatti con l’Italia, un paese “problematico”,
sia la soluzione migliore per il bambino), questo padre intraprende la via del
tribunale per riuscire almeno ad incontrare
ogni tanto suo figlio, per il quale comunque paga gli alimenti.
Precisiamo che si
tratta di una persona educata e pacifica e che non è né violenta, né affetta da
disturbi.
Mentre spende migliaia
e migliaia di euro in avvocati, spese processuali e viaggi (ovviamente di far
venire il bambino in Italia non se ne parla neanche), riesce a vedere suo
figlio, nell’arco di sei anni, solo una manciata di ore, sempre sotto la
supervisione di altre persone. Infatti, essendo lui italiano, potrebbe rapire
il bambino, quindi meglio tenerlo d’occhio. Forse superfluo aggiungere che la famiglia italiana è completamente esclusa,
così come l’utilizzo della lingua
italiana è strettamente da evitare.
Dopo anni di
procedimenti, il suo caso è ancora in prima istanza (quindi molto lontano dal
poter adire la Corte per i Diritti umani), sia perché ogni volta che la signora
tedesca cambia casa, cambia la competenza territoriale del tribunale e si
ricomincia daccapo, sia perché quando il giudice stabilisce un calendario di
incontri (tipo un’ora ogni due mesi), una volta esaurite le data indicate,
quest’uomo deve ricominciare un procedimento in tribunale per ottenere altre
date. Per capirci, il giudice non sentenzia mai stabilendo una volta per tutte,
o fino all’accadimento di fatti nuovi, l’intervallo degli incontri, ma scrive
invece “dalle ore tot alle ore tot del giorno tale, del tal mese e del tal anno”.
Passato quel giorno, si ricomincia da zero. Questo padre deve cioè ogni volta
tornare a dimostrare di essere eccezionale affinché gli vengano concessi dei
contatti con il figlio. In pratica il contrario del buon senso e della legge di
natura: non sono eventuali accuse, vere o false, a togliergli la possibilità di
vedere suo figlio; si parte dal
principio che la possibilità di incontrare suo figlio lui non ce l’ha e solo
se dimostra di essere fantastico, forse gentilmente gli concedono qualche ora.
Poi la signora tedesca
si sposa con un tedesco. A questo punto il bambino ha finalmente un padre (!)
sociale, un padre tedesco. Allora il vero
padre, per di più italiano,
diventa del tutto superfluo. Ma lui
insiste, dice di voler bene a suo figlio e il bambino, pur incontrandolo
raramente, mostra di essergli affezionato. Soluzione: si dispone una perizia
psicologica familiare.
Non mi soffermo
sull’impegno di tempo, risorse e denaro necessari allo svolgimento della
perizia (siamo nell’ordine di importi a cinque cifre, ovviamente a carico del
genitore non-tedesco), né sul fatto che la signora tedesca non ritenga di
doversi sempre presentare, né di ottemperare a quanto disposto dal giudice, lei
ha tutti i diritti in maniera esclusiva sul bambino e dunque le si perdona
tutto. Passo direttamente all’esito di questa perizia di quasi 100 pagine:
· il bambino percepisce che la madre non
approva che lui instauri una relazione con suo padre [ndr. e d’altronde non gli
ha mai permesso di chiamarlo papà]
·
per questo il bambino vive un conflitto di
lealtà
·
il conflitto di lealtà crea stress nel bambino
·
per eliminare lo stress del bambino si annulla
ogni contatto con il papà italiano per almeno un anno
Il tribunale nomina
allora un intermediario, un estraneo che durante questo anno dovrà parlare del
padre al bambino e del bambino al padre, consegnando anche lettere, fotografie
e regali;
anche questo
intermediario non ottempera e si rifiuta di conoscere il padre, mentre al padre
dice di suo figlio banalità del tipo “pare gli piaccia il gelato”, lui stesso
si definisce un semplice “postino”[1];
avvisato il giudice di
questo comportamento da parte dell’intermediario e delle sue non ottemperanze,
così come di quelle della madre, il giudice ritiene che vada bene così.
Ora l’anno è passato,
il rapporto padre-figlio è stato finalmente reso inesistente; qualsiasi cosa
pensi di volere questo genitore italiano deve ricominciare daccapo, con
l’aggravante che, essendo il rapporto con il bambino ormai inesistente, sarà
impossibile dimostrare che mantenere i contatti con il papà giovi al bambino.
Ma deve pagare! Deve pagare gli alimenti, le
spese processuali, gli psicologi, e tutti gli altri “personaggi” intervenuti ad
allontanare suo figlio. Non è più in grado di far fronte a questi costi, così
diventerà anche lui un “criminale” –come tutti coloro che hanno tentato di
opporsi a queste ingiustizie- contro il quale verrà spiccato un mandato
d’arresto?
Cosa farà l’Italia a
difesa di questi suoi due concittadini, un adulto e un minorenne?
Questo è quello che succede in Germania ogni giorno centinaia di volte,
contro i padri e le madri non tedesche, ma soprattutto a discapito dei bambini
binazionali.
Questo è quello che non posso e non possiamo più accettare, è la palese
negazione dei diritti fondamentali e naturali, è l’arroganza fatta legge e
sistema, è la distruzione dei valori sui quali -ci hanno fatto credere- avrebbe
dovuto essere costruita l’Europa della pace.
Non possiamo cambiare la Germania, ma possiamo tutelare gli Italiani.
Chiedo un impegno ed un incontro a breve con i Ministri degli Esteri e della
Giustiza.
Dopo otto anni nulla è cambiato. Il sistema
tedesco ha affilato ancor più le unghie e quello italiano è sempre più confuso
e cieco.
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus –
Roma
Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera
Membro dell’Associazione Enfants Otages - Francia
[1] “What you still want to know in detail about your son? What should I ask
him or his mother at the next meet? I do not think it makes sense that you come
to Germany to talk to me. it would change nothing in the situation. I'm just the mailman”.
Recentemente abbiamo spiegato come
in Germania nelle separazioni binazionali vengono usati alternativamente alcuni
stratagemmi, a seconda che la madre o il padre sia il genitore italiano e
straniero in genere (qui).
In questo articolo desideriamo mostrare come anche l’ascolto del minore non sia un elemento che assicura
l’imparzialità delle decisione, o meglio il raggiungimento di quella che
dovrebbe essere la finalità nei procedimenti familiari, l’interesse superiore del
bambino. L’ascolto, così come avviene in Germania, è un ulteriore strumento di
quel sistema per allontanare il bambino dal suo genitore non tedesco.
Attenzione dunque ad avvocati e psicologi italiani che pensano di potervi dare
dei consigli in questo ambito, potrebbero mettervi in ulteriori difficoltà
perché la prassi italiana è completamente diversa. Analizziamo il caso di una
perizia disposta dal tribunale. In Italia, oltre al perito nominato dal giudice
(CTU o Consulente Tecnico d’Ufficio), è permesso alle parti di nominare ognuna
un consulente appunto detto di parte (CTP o Consulente Tecnico di Parte). Il
bambino incontrerà i tre consulenti che potranno tra di loro interagire,
suggerendo anche le domande da porre. Gli incontri vengono registrati (audio o
video) e saranno a disposizione delle parti. In Germania la figura del
Consulente di Parte non è prevista, mentre le registrazioni audio e video sono,
nella maggior parte dei casi vietate, e comunque mai accessibili alle parti. Alleghiamo
a riprova la risposta di un perito forense, nominato dal tribunale, che
testualmente dice al genitore che chiede tali documenti: “Con riferimento al suo fax del 3 marzo 2020, desidero precisare quanto
segue: Come già informato con mia lettera del 16 ottobre 2019, tutti i
documenti relativi al suo caso familiare sono già stati distrutti - comprese le
registrazioni video e audio.
Pertanto
non possono essere consegnati. Inoltre ogni professionista renderebbe tali
registrazioni disponibili solo al tribunale in quanto committente, ma non alle
parti coinvolte.
I
dati personali dei suoi figli sono stati trattati nel corso della perizia - lei
aveva segnalato il suo consenso a questo proposito. Dopo la conclusione del
procedimento peritale, come già detto, i dati sono stati cancellati e non sono
stati raccolti altri dati.
Cordiali
saluti (segue timbro e firma)” - Il documento è l’immagine
che pubblichiamo:
In questo modo, con perizie e audizioni
completamente segrete e praticamente sempre arbitrarie, si può dare parvenza di
legalità a qualsiasi decisione. Se non è possibile motivare la decisione di
allontanamento con la nazionalità del genitore è invece estremamente agevole
costruire motivazioni apparenti manipolando il bambino con domande suggestive,
o addirittura – caso per nulla raro – completare a piacimento le risposte del
bambino. Poiché non esiste neppure la trascrizione di quanto è stato chiesto e
risposto e solo un riassunto compare nel fascicolo (il riassunto esiste solo se
l’audizione è fatta dal giudice stesso e non da un perito) è facile comprendere
come, nel riassumere, si possa modificare il senso di ogni affermazione.
Anche per questo non si può parlare in
Germania di “interesse superiore del bambino” (in tedesco, beste Interesse des Kindes) così come tutelato dalle convenzioni
internazionali, ma esclusivamente di bene
della comunità dei tedeschi attraverso il bambino, ciò che nei documenti
tedeschi viene indicato come Kindeswohl. Chiunque sia passato per
un tribunale di famiglia tedesco potrà ritrovare questa parola nei suoi
documenti, purtroppo quasi sempre tradotta erroneamente in italiano.
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus –
Roma
Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera
Membro dell’Associazione Enfants Otages – Francia
Questa settimana cerchiamo di dare ai
nostri lettori un paio di esempi pratici di ciò che succede in Germania ai
bambini binazionali, per esempio italo-tedeschi (ma non solo), quando i
genitori si separano. Le due categorie da prendere in considerazione sono: mamma italiana / papà tedesco, oppure mamma tedesca / papà italiano. Ovviamente
non sorge nessun problema se la coppia si separa ma entrambi gli adulti
mantengono il dialogo tra loro e la capacità di svolgere e lasciar svolgere
all’altro il suo ruolo genitoriale. Purtroppo è sufficiente che uno dei due non
si comporti in questo modo per rompere questo difficile equilibrio. Nella quasi
totalità dei casi vengono dunque coinvolte le amministrazioni e le autorità
tedesche che portano, nel breve o medio termine, alle situazioni che andiamo ad
illustrare.
La mamma italiana, se anche apparentemente ben integrata in Germania, nel momento in cui si separa è l’elemento straniero che continua a vivere con i figli dopo la separazione. Essa non potrà, proprio perché italiana, crescere i bambini nella più pura mentalità tedesca. Il sistema (Jugendamt – Verfahrensbeistand – Umgangspfleger – Sachverständiger – Giudice) cercherà dunque di costruire qualsiasi tipo di sospetto o accusa contro di lei in modo da allontanarne sempre più i bambini. Superfluo ricordare che le prove sono inutili in un paese in cui è mentalità corrente considerare la mamma italiana una madre non equilibrata e sicuramente con moltissimi difetti. Se il papà tedesco non è in grado o non vuole far passare ai bambini dei bei momenti insieme e i piccoli si rifiutano o non sono particolarmente felici di vederlo scatta l’accusa della madre malevola: se i bambini non vogliono vedere il papà è perché la mamma non li ha preparati ed invogliati a stare con il padre o addirittura li ha manipolati contro di lui. E’ dunque una madre alla quale i bambini vanno tolti. Togliere l’affido o anche la responsabilità genitoriale (già chiamata potestà) è qualcosa che succede con estrema facilità e leggerezza nei tribunali tedeschi. A volte i bambini sono invece davvero manipolati, ma in Germania questa accusa viene sistematicamente usata contro e soltanto contro le madri non-tedesche, anche quando il poco entusiasmo dei figli non è dovuto a manipolazione materna, ma a gravi problematiche paterne. Abbiamo fascicoli riguardanti bambini chiusi dal papà per tutto il giorno in bagno, o con papà apertamente e ufficialmente tossicodipendenti e che per questo motivi registrano difficoltà nel rapporto con il genitore tedesco, ma per questa stessa difficoltà vengono tolti alla mamma non-tedesca.
Ben diversa,
anzi diametralmente opposta, è la condizione della madre tedesca. Lei può fare
ciò che vuole e può anche manipolare i bambini poiché il genitore da
allontanare è il papà non-tedesco. La manipolazione serve al sistema, pertanto
non è identificata come tale. Se i bambini non vogliono incontrare il papà
italiano, pur in mancanza di qualsiasi motivazione concreta e dell’incapacità
del bambino di giustificare il suo rifiuto, gli incontri non ci saranno. Il
sistema si appella al Kindeswille, il
voler del bambino. Detto volere diventa legge e su di esso si basa la decisione
del giudice che cancellerà, non solo ogni incontro, ma anche qualsiasi tipo di
contatto, cioè telefonate e messaggi. Spesso il papà italiano non può neanche
inviare un regalo o gli auguri di compleanno e di Natale. Per facilitare
l’attuazione di questo sistema finalizzato alla realizzazione di un Kindeswohl, cioè di un bene del bambino
che coincide con il “benessere della
comunità dei tedeschi attraverso il bambino”, germanizzandolo, dobbiamo
ricordare come avvengono le audizioni in Germania. La legge vieta qualsiasi tipo di registrazione. Il bambino viene
“ascoltato” senza testimoni e senza che domande e risposte vengano fissate in
un protocollo e, come ricordato, neppure registrate. Nelle note relative
all’audizione (una sorta di riassunto estremamente conciso) che vengono poi
inviate alle parti gli autori della germanizzazione posso scrivere ciò che
vogliono e possono omettere, come d’uso, il tenore delle domande sempre
suggestive. Lo stesso succede con le cosiddette “perizie psicologiche
familiari” che altro non sono se non la maniera di fornire al giudice le motivazioni da indicare in sentenza per la
cancellazione dei rapporti con il genitore italiano. Nessuna possibilità di
contraddittorio, nessun perito di parte, nessuna controperizia ammessa.
Fate infine attenzione a chi vi dirà
“conosco un bravo avvocato che ha aiutato tante mamme”, oppure " un “ti
posso consigliare ottimo avvocato bilingue”. In Germania l’unica domanda preliminare
da fare all’avvocato è: “quanti bambini binazionali ha ricondotto al genitore
non-tedesco?”. Se la risposta è sincera, difficilmente sarà di vostro
gradimento.
Purtroppo, come ho già scritto, i bambini binazionali sono bambini senza
voce e senza diritti (ved. il libro:
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello
Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus - Roma
Membro dell’Associazione European Children Aid
(ECA) - Svizzera
Membro dell’Associazione Enfants Otages -
Francia
Achtung, binational babies: bambini
germanizzati, economia e conferenza sul futuro dell’Europa
Questa rubrica si occupa di bambini binazionali e del sistema tedesco che si appropria di tutti loro per germanizzarli. Purtroppo il problema viene spesso circoscritto a quello delle sottrazioni internazionali, mentre la maggior parte delle sottrazioni avviene in territorio tedesco. In quel Paese il genitore non tedesco, in particolare quando si separa, è sistematicamente privato del suo ruolo genitoriale, gli viene impedito di trasmettere lingua e cultura del suo paese e viene ridotto a mero pagatore. In Europa molte associazioni di diversi Paesi si sono avvicinate e lavorano insieme per sottolineare il fatto che non si tratta di un problema italo-tedesco, o franco-tedesco, o polacco-tedesco, bensì del problema che rappresenta il sistema tedesco stesso e la sua peculiarità di esportare tale prevaricazione ben oltre i suoi confini. La finalità di germanizzare i bambini non è solo culturale, come potrebbe in un primo momento apparire, bensì economica. L’Unione europea, che con le sue istituzioni si erge a modello di democrazia, di uguaglianza e di rispetto dei diritti fondamentali, è fino ad ora rimasta sorda a tutti gli appelli, incapace di riconoscere che le più gravi violazioni dei diritti umani avvengono al suo interno. Togliere ad un bambino parte (o interamente) la sua identità è un crimine gravissimo, togliere futuro e risorse economiche ad altri paesi dell’unione non è da meno.
Il 18 gennaio
l’Associazione “Alienation free zone” di Marsiglia ha diffuso un contributo
alla Conferenza sul futuro dell'Europa.
Nel testo si legge: La nostra iniziativa
è mossa da una constatazione: la disfunzione istituzionale per cui i meccanismi
dell'Unione Europea non sono oggi in grado di preservare la continuità del
legame familiare e dunque l'interesse superiore del bambino, che va di pari
passo con quello dei genitori. Il legame genitore-figlio è sistematicamente sradicato in alcune giurisdizioni - il
bambino è tenuto prigioniero e strumentalizzato per ottenere pagamenti da uno o
entrambi i genitori, privati arbitrariamente della loro genitorialità. Un
importante tema correlato è quello dell'equità
davanti ai tribunali. Riteniamo –
continua il comunicato - questo tema
centrale e decisivo per la coesione dell'Unione europea, sia nella sua
dimensione giuridica che nella sua trasposizione nei campi economico, sociale
e/o del mercato del lavoro. Non dimentichiamo che il bambino di oggi sarà la risorsa di domani. Più avanti
l’Associazione si chiede anche: La
Garanzia europea per l'infanzia sarà, a lungo andare, un'incarnazione dei
principi del diritto tedesco che danno alle amministrazioni tutti i poteri di
ingerenza nella famiglia e nel rapporto genitori-figli? O sarà in grado di
salvaguardare la continuità del legame familiare, così come i diritti dei
genitori, quelli di cui godevamo originariamente nelle nostre società non
germaniche? I deputati di tutti i partiti vengono poi sollecitati a
presentare la seguente interrogazione scritta alla presidenza del Consiglio
dell'Unione europea:
-
Quale calendario e quali misure concrete intende adottare il Consiglio dell'UE
per porre fine alle discriminazioni perpetrate in nome di una nozione che non
può essere assimilata all’interesse superiore del fanciullo: il
"Kindeswohl", in altre parole, "l'interesse superiore della comunità economica tedesca attraverso il
bambino"?
-
Come intendono le autorità europee garantire l'esercizio effettivo di una
bigenitorialità non discriminatoria a livello dell'Unione europea, mentre oggi
questo rimane ancorato al principio di sussidiarietà? Ciò implica la delega dei
poteri decisionali a livello federale locale e lascia così libero sfogo
all'arbitrio di una rete di organismi istituzionali, politico-amministrativi,
ma anche privati e semi-privati che agiscono al di fuori di qualsiasi struttura
di controllo; controllo che dovrebbe invece farsi garante anche degli interessi
non tedeschi. Sinceramente nutriamo molti dubbi sul
fatto che le istituzioni europee e nazionali vogliano davvero riflettere sulle
conseguenze di queste germanizzazioni che da decenni non solo non cessano, ma
si ampliano in modo sempre più veloce, grazie ad accordi e trattati. Riteniamo
però che l’opinione pubblica debba essere informata, che ogni cittadino debba
sapere del rischio che corre nel procreare un bambino italo-tedesco e che solo
la conoscenza possa aiutarci nell’arginare questa vergognosa deriva.
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello
Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus - Roma
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Quante volte
leggiamo titoli di questo tipo che rimandano ad articoli nei quali si narrano
le vicende di genitori italiani la cui compagna/o se ne è andata/o in Germania
portando con sé la prole. Si tratta di vicende che sono la premessa a drammi
ben più gravi di quelli già tremendi della sottrazione internazionale, perché
la Germania tutela così tanto i propri concittadini da arrivare a privare
sistematicamente i bambini binazionali della loro identità italiana. In altre
parole il genitore italiano – e con lui tutta la sua famiglia - è destinato a
perdere ogni contatto con il proprio figlio che dunque finirà per non parlare
più neppure la lingua italiana. Peggio ancora, al bambino verrà trasmesso un
senso di sospetto e quasi di disprezzo per quel paese e quella cultura che
dovrebbero essere invece amati proprio perché parte integrante del proprio
essere.
Ma perché la
denuncia alla polizia o ai carabinieri non serve a riportare a casa il bambino
e può addirittura essere negativa? Senza entrare in disquisizioni troppo
tecniche e giuridiche, basterà ricordare che la denuncia, e dunque il correlato
procedimento penale, viene fatta nei confronti dell’altro genitore e
dell’illecito commesso, ma non è finalizzata al rimpatrio del bambino. Ed ecco
l’errore ulteriore: la legge tedesca non prevede l’estradizione del cittadino
tedesco che dichiari di non voler essere estradato! A che pro dunque la
denuncia e la successiva richiesta di estradizione se inevitabilmente non
produrrà che un diniego? Dovremmo sicuramente chiedere a chi ha firmato a nome
del popolo italiano gli accordi sul mandato d’arresto europeo perché lo ha
fatto, dato che manca completamente la reciprocità, il cittadino tedesco non
viene estradato, quello italiano sì. Ma torniamo al caso concreto. Per il
rimpatrio del bambino bisognerà attivare il procedimento civile in Convenzione
Aia, o meglio, per i paesi europei, la richiesta di rimpatrio in base al
regolamento 2201/2003, al quale hanno aderito sia l’Italia che la Germania.
Purtroppo non tutti gli avvocati hanno dimestichezza con questo strumento, ma
soprattutto pochissimi sanno come in generale si svolgono le udienze in
Germania e in particolare in questo genere di procedimenti. Anche a chi ha
contatti con un collega in Germania sarebbe meglio chiedere quanti bambini ha
concretamente riportato in Italia.
A questo
proposito, permettetemi di ricordare che, stando alle statistiche ufficiali del
Ministero, l’Italia è ai primi posti tra i paesi che inviano i bambini
all’estero e tra gli ultimi per bambini riportati in Italia. Tutto ciò al netto
del fatto che solo una piccola parte dei casi di sottrazione viene comunicata e
registrata dal Ministero. Nei casi che per la statistica si sono conclusi
positivamente con un accordo tra le parti è successo in realtà quanto segue.
Quando la richiesta di rimpatrio giunge in Germania e il giudice tedesco che
deve decidere se rimpatriare il bambino si rende conto che il piccolo – secondo
leggi e regolamenti - dovrebbe senz’altro tornare in Italia, si mette allora in
moto in maniera più o meno conscia il meccanismo di tutela degli interessi
tedeschi e del Kindeswohl, il bene
del bambino inteso come sua completa germanizzazione. Tutto il sistema spingerà
per una mediazione ed un conseguente accordo. In tale sistema sono inclusi:
giudice, Jugendamt, controllore del procedimento (Verfahrensbeistand, falsamente tradotto come avvocato del bambino),
avvocati ed eventuale organizzazione di mediazione internazionale. L’accordo prevedrà
una autorizzazione al genitore tedesco a rimanere in Germania con il figlio e
ampie visite per il genitore italiano. In questo modo la sottrazione viene
derubricata e chiusa. Dopo sei mesi la competenza passa ufficialmente al
giudice tedesco che, su richiesta del genitore tedesco e con un nuovo
procedimento, cancellerà ogni accordo precedente e soprattutto ogni contatto
tra il bambino e il suo genitore italiano. Così si concludono moltissimi dei
“casi risolti” riportati nelle statistiche ufficiali dei nostri ministeri.
Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello
Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus - Roma
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