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domenica 28 marzo 2021

Il giudice, la politica e la sottrazione internazionale di minore

 


Link alla registrazione del convegno: https://youtu.be/_bHflZBbS-A


Qui sotto un intervento in particolare.

La sottrazione minorile nello scenario internazionale

 Incontro di martedì 16 marzo 2021

 

Intervento e considerazioni di Marinella Colombo

IL GIUDICE, LA POLITICA E LA SOTTRAZIONE INTERNAZIONALE DI MINORE

 

Nel ringraziare gli organizzatori del Convegno, desidero esprimere loro la mia stima per l’impegno profuso nel rendere possibile questo evento. La sottrazione internazionale di minori è un problema diffuso e in continuo aumento. Non riguarda solo le poche centinaia di casi riportati dall’Autorità centrale che, anche a detta della stessa vice-ministro Marina Sereni, intervenuta prima di me, sono in effetti solo quelli che gli interessati hanno voluto segnalare all’Autorità centrale, a Roma. La problematica riguarda in realtà migliaia di bambini che perderanno la loro identità, lingua e cultura italiana, rendendo loro la famiglia italiana allargata nient’altro che un gruppo di estranei con i quali non sono più neanche in grado di comunicare.

 

Da un punto di vista istituzionale va innanzi tutto evidenziato come, quando si parla di sottrazioni internazionali di minori, l’azione della nostra Autorità centrale del Ministero di Giustizia (autorità preposta a questo genere di problematiche, come già ben spiegato dalla Presidente della Camera Minorile di Brindisi, l’avv. Simonetta de Carlo) si concentri purtroppo esclusivamente sulle sottrazioni relative a bambini portati in Italia dall’estero ad opera del genitore italiano del minore. Per i bambini italiani portati dall’Italia all’estero si demanda completamente all’autorità straniera omologa. E’ questo il motivo per il quale la problematica delle sottrazioni internazionali di minore non ha mai registrato iniziative che abbiano inciso positivamente e risolutivamente, nonostante i numerosi “vademecum” e le task force tra ministeri sempre continuamente rinnovate almeno negli ultimi tredici anni. L’uso dei pochi, eppure esistenti, strumenti di prevenzione e anche di sostegno al connazionale viene ignorato. Il genitore italiano che chiede aiuto viene troppo spesso percepito dalle nostre autorità consolari come un elemento fastidioso e di disturbo.

Questo modo di procedere del sistema italiano è ormai definito da molti come “auto-razzista” ed “autolesionista”. Tenterò di spiegare cosa porta a questa amara definizione dei fatti.

1. Una fattispecie di sottrazione è il caso del cittadino italiano (non importa se padre o madre) emigrato all’estero con la convinzione di trovare una sorta di “eldorado”, sia per cercare lavoro, sia per seguire il/la compagno/a che ama. Quando l’unione fallisce, scopre di essere completamente privo/a di diritti anche nei confronti dei figli.

2. L’altra fattispecie è quella del cittadino italiano (non importa se padre o madre) che ha avuto un figlio in Italia con un/a cittadino/a straniero/a. Quando si rende conto che lui/lei vuole andarsene cerca, senza successo, di tutelare il bambino e quando il bambino è ormai all’estero si ritrova completamente solo, perseguitato dai tribunali (tra l’altro diventa un bancomat) ad assistere impotente alla cancellazione del suo ruolo genitoriale.

 

Le Autorità italiane ignorano completamente il fatto che, nel caso 1, se un genitore italiano fa rientro in Italia con la prole, lo fa solo perché ha dovuto sperimentare a sue spese come nei tribunali esteri il fatto di essere italiano sia una pregiudiziale nella possibilità di ottenere e continuare ad esercitare i suoi diritti/doveri di genitore. Tornando in Italia, nel suo paese, crede di poter ritrovare una giustizia equa che sentenzi in base ai fatti e non ai pregiudizi e che tuteli il diritto alla bigenitorialità della prole. La risposta italiana (e solo italiana!) è invece sempre la stessa: decreto di rimpatrio immediatamente esecutivo con la forza dopo il primo grado di giudizio. Mentre cioè ogni cittadino è innocente fino all’eventuale condanna in terzo grado, i bambini, dopo un procedimento sommario che si conclude con una sola udienza, vengono prelevati a casa o a scuola con enorme dispendio di uomini e mezzi, dunque di preziose risorse, per essere letteralmente impacchettati e rispediti all’estero presso un genitore che, nel migliore dei casi si adopererà per cancellare la loro parte italiana di identità e dove il tribunale toglierà al genitore italiano la potestà (oggi responsabilità genitoriale) anche senza neppure averlo mai incontrato. Queste sono, secondo le autorità italiane, i casi di sottrazione nei quali esse intervengono, risolvono in modo rapido e delle quali riferiscono con orgoglio in relazioni e convegni. In effetti Convenzioni e regolamenti non lasciano molto spazio d’azione, ma anche quel poco che si può fare (per esempio invocare l’Art. 13b della Convenzione per negare il rimpatrio) non viene praticamente mai fatto. L’Associazione Centro Servizi interdisciplinare, con il suo Sportello Jugendamt (sportello del quale sono responsabile nazionale) e l’avvocata che collabora con noi, l’avv. Irene Margherita Gonnelli, ha lavorato con i governi precedenti, preparando proposte concrete e di relativamente semplice attuazione per modificare questa situazione, sia con provvedimenti legislativi che amministrativi. Pare sia mancata la volontà di risolvere tale problematica dovuta, a mio modesto parere, ad una profonda mancanza di dignità in quanto Popolo e Stato italiano. Relativamente alla ratifica italiana della Convenzione dell’Aja, inspiegabilmente articolata contro i cittadini e soprattutto i bambini italiani, rimando al mio libro La tutela oltre la frontiera. Bambini bilingue senza voce – Bambini binazionali senza diritti, edito da Bonfirraro.

Mentre per un altro esempio, l’assurdo obbligo – soltanto italiano – di chiedere l’autorizzazione al genitore straniero (spesso il sottrattore) per conseguire il proprio passaporto di cittadino adulto italiano, rimando alla Petizione presentata al Parlamento europeo; qui http://jugendamt0.blogspot.com/2019/01/la-petizione-che-riguarda-tutti-i.html e qui il link per accedere e firmare (è sufficiente iscriversi al sito del Parlamento e firmare digitalmente):

https://www.europarl.europa.eu/petitions/it/petition/content/0610%252F2018/html/Petition-No-0610%252F2018-by-Marinella-Colombo-%2528Italian%2529-on-the-discriminatory-practice-of-the-Italian-State-in-relation-to-the-issue-and-renewal-of-the-passport-of-the-Italian-parent

 

Nel caso 2, quello delle sottrazioni di bambini portati via dall’Italia ad opera del genitore straniero, le autorità italiane sottolineano come sarebbe doveroso prevenire e leggere una delle numerosissime ristampe del “vademecum” del Ministero sulla sottrazione. In effetti prevenire, in quasi tutti gli ambiti, è estremamente saggio. Ma nelle Procure e nei Tribunali italiani il genitore italiano che tenta di prevenire una sottrazione si sente rispondere “non è possibile fare processi alle intenzioni”. Dunque non viene messa in atto praticamente nessuna misura atta a prevenire e, se è la madre ad essere italiana, si apre la strada all’accusa di essere una madre “malevola” e di inventarsi accuse per tenere i bambini per sé.

In mancanza di misure preventive, troppo spesso un genitore si ritrova all’improvviso con una casa vuota. La prole è ormai all’estero. Il giudice italiano, quello del luogo di residenza abituale, non ha ora a che fare con un “processo alle intenzioni”, ma con una sottrazione che si è ormai realizzata.

Potrebbe ancora salvare la situazione, potrebbe emettere un decreto inaudita altera parte certificante che la residenza abituale del bambino è in Italia (Art. 15 Conv. Aja). Con tale decreto, il tribunale del paese nel quale è stato condotto il minore, sarà praticamente costretto a decretarne il rimpatrio. Il resto del procedimento su affido ed eventuale trasferimento autorizzato devono aver luogo in Italia.

In pratica succede invece questo: l’avvocato, non necessariamente specializzato in casi di famiglia internazionale (o comunque non a riportare in Italia i bambini – ci sono avvocati che si vantano di aver mandato all’estero bambini italiani in modo estremamente veloce!) invece di presentare al giudice tale richiesta, presenta istanza di separazione. Oppure inizia procedimenti penali contro il genitore non-italiano, finalizzati a condanna ed estradizione, ignorando che non pochi Paesi non estradano i loro concittadini. Dunque anche l’eventuale “vittoria” nei tribunali penali italiani non riporta a casa il figlio.  Passano mesi e anni, il bambino – indipendentemente dall’esito del procedimento di separazione – resta all’estero. Oppure l’avvocato è al corrente e presenta istanza ex art. 15 della convenzione. Qui la situazione è ancora più tragica (e purtroppo ben documentata) perché il giudice del Tribunale per i minorenni si dichiara non competente e rimanda al tribunale ordinario. Il giudice del tribunale ordinario rimanda invece a quello per i minorenni. Se poi uno dei due decide di dar seguito all’istanza, ignora comunque la richiesta di urgenza e di inaudita altera parte (cioè senza notifica alla controparte) e fissa il termine entro il quale il genitore italiano deve notificare all’estero al genitore che spesso non sa neppure dove si sia nascosto!!! Con il bambino ormai all’estero l’azione italiana si risolve con l’invio di qualche mail e qualche fax all’Autorità centrale omologa estera. Nel 99% dei casi questi bambini non tornano più. Vengono mantenuti all’estero con soldi italiani. Va riconosciuto che in questo ambito le Autorità italiane sono molto efficaci e velocissime: vengono sequestrati in Italia stipendi, case e risparmi a tempo record e gli importi vengono mandati all’estero.

L’esempio che rinchiude entrambi le fattispecie di comportamenti dell’Autorità centrale italiana è quella del papà italiano (colui che ha chiesto poi di intervenire nel presente dibatto e che darà così ulteriori dettagli) che permette alla moglie, stabilmente residente in Italia da anni, di andare a partorire nel suo paese. Dopo il parto, lei rimanda continuamente il rientro e costringe il marito a inoltrare richiesta di rimpatrio della piccola, ma il giudice italiano, territorialmente competente per quel nucleo famigliare, glielo nega. L’Italia dunque preferisce smembrare una famiglia lasciando una cittadina di domani crescere all’estero senza padre. Quando però dall’estero arriva la richiesta di integrazione del pagamento degli alimenti (che il padre ha sempre pagato, ma secondo la controparte non a sufficienza) allora l’Autorità centrale italiana diventa più che attiva nel perseguire il proprio concittadino, sia nella scelta delle parole che nei fatti. Tutto ciò è di davvero difficile comprensione e accettazione.

 

Se il Ministero di Giustizia si è dotato di un’Autorità centrale, il Ministero degli esteri, dunque lo Stato italiano, ha delle rappresentanze consolari negli altri Paesi. Il loro ruolo di sostegno al cittadino e genitore italiano è fondamentale. Non solo il Console ricopre tra l’altro funzioni di giudice tutelare del minore italiano, ma può evitare, con la sua presenza in udienza, che il genitore italiano venga denigrato insieme a tutto il suo Paese e che quindi al bambino venga negato in maniera completa il suo diritto a mantenere rapporti con entrambi i genitori. Purtroppo la situazione fattuale ci trasmette un’immagine ben diversa di questi alti funzionari. Spesso il Console si appella ad ogni genere di motivazioni per non presentarsi in udienza, non informarsi dei procedimenti relativi a minori suoi concittadini, insomma non sostenere il proprio concittadino.

 

Come invece evidenziato anche dalla vice-ministro, il ruolo dei Consoli è fondamentale, pertanto auspichiamo, anzi chiediamo formalmente che il Ministero degli Esteri prenda buona nota e dia precisa indicazione a Consolati ed Ambasciate di seguire e rispettare quanto previsto dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 29 novembre 2018 ed in particolare quanto previsto al punto 30 che cito “[Il Parlamento europeo] ricorda agli Stati membri l'importanza di attuare sistematicamente le disposizioni della convenzione di Vienna del 1963 e di assicurarsi che le ambasciate e le rappresentanze consolari siano informate fin dalle prime fasi di tutti i procedimenti di presa in carico dei minori riguardanti i loro cittadini e abbiano pieno accesso ai relativi documenti; sottolinea l'importanza di una cooperazione consolare affidabile in questo settore e suggerisce che alle autorità consolari sia consentito di partecipare a tutte le fasi del procedimento

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2018-0476_IT.pdf?redirect

 

A conclusione di questo mio intervento desidero infine sottolineare che la risoluzione della problematica “sottrazioni internazionali” si risolverà quando, senza cercare complicate soluzioni anche di difficile attuazione, lo Stato italiano – le sue cariche, amministrazioni e tutti i suoi apparati – ritroverà la propria dignità. Solo in condizione di tale ritrovata dignità potrà efficacemente difendere i propri concittadini, soprattutto quelli di domani, i nostri bambini.

Dott.ssa Marinella Colombo

 

 

 



mercoledì 24 febbraio 2021

La doppia faccia della giustizia familiare

 Non sei una buona madre se sei Italiana


La settimana scorsa abbiamo illustrato come un trasferimento in Germania possa comportare la perdita dei figli, portando ad esempio il caso concreto di un papà italiano. Oggi vogliamo illustrare, sempre basandoci su storie vere e ben documentate, ciò che succede se invece è la mamma del bambino ad essere italiana e il padre è tedesco. L’inizio della vicenda non ha nulla di particolare, i due si conoscono in Italia, si innamorano, si sposano, dal loro amore nasce un bambino. Poi lui la convince a trasferirsi in Germania ed è così che tutta la famiglia si trova sottoposta alla giurisdizione tedesca. Lei, come la maggior parte delle persone, ovviamente non sa nulla del sistema familiare di quel paese, inoltre pensa che tutto ciò non la riguardi, perché loro tre sono una famiglia unita. Quando però il comportamento del marito cambia e lei scopre con orrore il passato, ed ora anche il presente nascosto dell’uomo che ha sposato, dovrà scoprire anche come funziona il sistema familiare tedesco. Il marito era tossicodipendente ed è ora ricaduto nella dipendenza, ecco il motivo del suo cambiamento. La vita in comune si fa insostenibile e per tutelare sia se stessa che il bambino, si separa. Resta in Germania e continua a far frequentare al figlio il padre, cercando di nascondere al piccolo la triste dipendenza. Si adopera in tutti i modi affinché il piccolo continui a guardare il padre come il suo eroe, affinché i legami con la famiglia paterna si mantengano forti, affinché loro due genitori continuino a dialogare per il bene del bimbo. Lui si dimostra riconoscente nei confronti della moglie, lodandola spesso per come educa il bambino e per come ha imparato a gestire la sua vita in un paese straniero. Sembrerebbe che i due adulti siano riusciti in modo lucido e responsabile a gestire la nuova situazione e, tra un ricovero in clinica e l’altro, la famigliola si incontra per far sì che papà e figlio si vedano, ma i due non restano mai da soli, bensì sempre con almeno un membro della famiglia paterna presso cui la mamma porta il bambino. Ma quest’uomo, questo padre, mentre da un lato continua a dire e scrivere alla moglie quanto apprezza il suo operato, dall’altra la trascina in tribunale, sostenuto da un’avvocatessa decisa a far passare questa mamma per una, come oggi si dice, “madre malevola”.

Poiché non le si può oggettivamente rimproverare nulla e per fare in modo che la sua accondiscendenza vacilli, le si chiede di dar via a degli incontri in cui padre e bambino restino da soli. Di fronte ai problemi del marito, la donna non se la sente di avvallare tale modalità e chiede con forza la presenza di una terza persona che si prenda la responsabilità di quanto potrebbe accadere o meglio, che impedisca si concretizzino situazioni problematiche. Lei non vuole assolutamente essere sempre presente, ma chiede che gli incontri si svolgano con un parente (della famiglia paterna, visto che la sua è in Italia!) o con la persona che il giudice vorrà designare ed alla quale conferirà la responsabilità degli incontri. Il padre è unanimemente riconosciuto come affetto da dipendenza da sostanze e, secondo quanto scrive la sua stessa avvocata, in maniera irreversibile ed è forse per questo che nessuno vuole assumersi tale responsabilità. Il giudice non è stato fino ad ora in grado di nominare nessuno che svolga questo ruolo e le udienze in tribunale continuano. In quelle aule si procede lentamente ma inesorabilmente al capovolgimento dei fatti: il problema non è più il padre con dipendenze che entra ed esce dalle cliniche, ma la madre italiana che impedirebbe il rapporto padre-figlio. La spiegazione sintetica di quanto accade è una sola: la mamma è italiana e il padre è tedesco e questa è la giustizia equa e giusta del 2021 in Germania, Europa.

Dott.ssa Marinella Colombo

Fonte: https://www.ilpattosociale.it/rubriche/achtung-binational-babies-la-doppia-faccia-della-giustizia-familiare/





mercoledì 17 febbraio 2021

Missione o massacro? Un trasferimento in Germania può trasformarsi da avanzamento di carriera a incubo per la perdita dei figli


Negli articoli precedenti di questa rubrica abbiamo ripetutamente evidenziato come i bambini binazionali con un genitore tedesco ed uno straniero, nel nostro caso italiano, vengano sempre affidati al genitore tedesco, anche se con tutta evidenza inidoneo. Se, pur risiedendo in Germania, entrambi i genitori non sono tedeschi, l’affido andrà a colui che intende rimanere in Germania ed è più legato a lingua, mentalità e cultura di quel paese. Se nessuno dei due ha i requisiti necessari, il bambino viene dato, a breve o medio termine, ad una delle famiglie affidatarie selezionate dallo Jugendamt, l’ormai nota Amministrazione (tedesca) per la gioventù. Tutte le iniziative vengono rivestite con una buona dose di legalità, poiché ogni decisione viene presa, come indicato dalla legge, sia tedesca che internazionale, nel nome del “bene del bambino” (Kindeswohl). Ovviamente nessuna Autorità non tedesca – quelle italiane purtroppo brillano per la solitudine nella quale lasciano spesso i propri connazionali - si è mai preoccupata di indagare a fondo e sulla base di prove ed evidenze, in che cosa consista questo Kindeswohl. Consiste nel permettere alla Germania di impossessarsi di ogni bambino che abbia risieduto per almeno sei mesi sul suo territorio. Per quanto incredibile questo possa sembrare, succede anche di peggio. Il trasferimento che il datore di lavoro propone, o addirittura la missione all’estero a cui vengono chiamati alcuni militari dello Stato italiano rischia di trasformarsi, da riconoscimento e gratificazione, nel peggiore incubo della propria vita. Può succedere - e succede! - che il militare che si trasferisce con moglie e prole faccia rientro in Italia, dopo 3-4 anni, al termine della missione, spogliato di ogni diritto sui propri figli e spogliato anche dei propri averi che ha dovuto lasciare alla ormai ex-moglie che vuole rimanere in Germania. Le accuse lanciate contro il genitore italiano, in questi casi di solito il padre, non hanno bisogno di essere provate davanti al giudice tedesco ed hanno per conseguenza il suo allontanamento dalla casa e dai figli. L’avvocato in Germania - purtroppo la quasi totalità di quelli residenti in quel paese con nazionalità italiana o conoscenza della nostra lingua - non solo non difende efficacemente il proprio cliente, ma arriva a dirgli “Lei tornerà in Italia, sua moglie vuole restare qui ed è libera di farlo, mentre il bambino ormai si è abituato e non può essere sradicato, il bambino ormai è tedesco, rimarrà in Germania”. Inutile precisare che stiamo parlando di bambini interamente italiani o comunque senza una sola goccia di sangue tedesco. Per descrivere i sentimenti che affollano l’animo di un genitore che si sente dare una simile spiegazione, oltretutto dal proprio avvocato, non basterebbe lo spazio di questo articolo. Se l’atteggiamento delle autorità tedesche è inaccettabile, la reazione italiana lo è, se possibile, ancora di più: lo Stato Italiano, che il militare è andato a rappresentare e servire in Germania, non solo non supporta il proprio concittadino, non solo non previene mettendo in guarda del pericolo chi ancora non è partito, ma non sostiene chi di questi genitori tenta, purtroppo da solo, di non perdere quanto gli è più caro nella vita, i propri figli. Non solo i tribunali tedeschi considerano tedeschi questi bambini italiani, anche i tribunali italiani, che restano territorialmente competenti per molti aspetti delle problematiche familiari, trovano però molto più “comodo” delegare quelli tedeschi persino per quegli aspetti legali che, secondo i regolamenti europei, restano inequivocabilmente di competenza italiana. Chi si rivolge a Consolati ed Ambasciata, almeno per informare delle distorsioni e dei soprusi subiti, viene liquidato con lettere di circostanza nelle quali un elemento ricorre sempre: ha ragione la parte tedesca, noi qui siamo ospiti, il consolato non può intervenire nelle vicende giuridiche, ecc…

Ovviamente nessuno si aspetta né auspica ingerenze della politica nei tribunali. Ma ci si aspetta che venga fatto quello anche per cui il personale italiano all’estero è stipendiato: sostenere e restare al fianco del proprio concittadino, chiedere ed esigere dalle autorità locali informazioni precise e dettagliate, essere presente alle udienze, far valere il ruolo del Console quale giudice tutelare del minore, ecc.. Certamente ciò che ci aspettiamo è anche la spiegazione pubblica ed ufficiale del fatto che nell’ufficio del consolato che si occupa del sociale e di famiglia vengano assunti come capufficio dei cittadini tedeschi. Qualcuno potrebbe avere la sgradevole sensazione che non siano l’aiuto più indicato.

 Dott.ssa Marinella Colombo

Fonte: https://www.ilpattosociale.it/rubriche/achtung-binational-babies-missione-o-massacro/


venerdì 27 settembre 2019

Bambini sottratti ai genitori in Germania ad opera dello Jugendamt – Le cifre








































Poiché mi vengono ripetutamente chieste le statistiche relative ai bambini sottratti ai loro genitori in Germania, ripropongo le cifre ufficiali dell’Ente di statistica tedesco, Destatis, e mi permetto di evidenziare il totale: dal 2008 al 2018 sono stati sottratti ai genitori più di mezzo milione di bambini, dei quali una bassissima percentuale ha fatto ritorno a casa, la maggior parte è rimasta in strutture o affidata ad altre famiglie.
Per chi ritiene che questo non ci riguardi, ricordo pochi fatti:
  • Un’altissima percentuale di questi bambini ha almeno un genitore di origine straniera.
  • Gli italiani residenti in Germania, sia quelli registrati all’AIRE, sia quelli senza registrazione, si avvicinano al milione.
  • A queste cifre vanno aggiunti i genitori italiani residenti in Germania che si sono separati da un partner/coniuge tedesco e che sempre, solo perché italiani, vengono ritenuti genitori inidonei.

Questo è il modello di “tutela” del minore a cui si ispirano le varie Bibbiano d’Italia!

Le conclusioni possibili sono solo due:
  • la Germania è un paese di persone incapaci di occuparsi della prole ed è dunque un paese che andrebbe tenuto a debita distanza

oppure
  • siamo di fronte ad un sistema che ha mercificato il bambino a scopo soprattutto di lucro; si tratta dello stesso paese di fronte al quale l’Italia troppo spesso si inchina, anziché tutelare i propri connazionali; si tratta del paese che l’Italia prende volentieri a modello e che cerca di emulare.


Marinella Colombo 






mercoledì 28 agosto 2019

Diritto familiare in Germania e la sua applicazione in tutta l'Unione europea


Intervento della Dott.ssa Marinella Colombo il 20 luglio 2019 a Carry-Le-Rouet (Francia).
Speriamo di poterlo pubblicare presto anche in italiano.




Nell'ambito del convegno:

Préliminaires linguistiques

Concentrons-nous d’abord sur certains termes qui sont à la base de notre problème, c’est-à-dire à la base du problème que représente l’Allemagne dans le contexte européen.
Si on ne donne pas aux mots la même signification, la confusion est programmée. L’Allemagne profite de cette confusion pour nous faire croire que les problèmes que nous avons avec le système familial allemand par rapport, par exemple, aux enlèvements d’enfants, nous les avons aussi avec d’autres pays, comme les pays de l’est ou les pays arabes.
Il n’y a rien de plus faux et c’est faire le jeu de l’Allemagne de le croire.
Précisons enfin que lorsque nous parlerons d’Allemagne, nous ferons référence au système familial allemand contrôlé par le Jugendamt qui a forgé, au cours des générations, la société et la mentalité allemande actuelle.

Commençons donc par expliquer la signification des deux termes contenus dans le titre de cet exposé, « subsidiarité » et « confiance mutuelle » qui empêchent entre autres la reconnaissance des décisions de justice.




Le principe de subsidiarité.
Dans notre contexte, et dans celui des règlements européens, le principe de subsidiarité protège les droits de chaque pays membre de gérer à sa façon et selon ses propres lois, le droit de la famille.
En d’autres termes, chaque Etat se dote de son droit de la famille qu’il applique comme il l’entend, selon ses propres principes et sa conception de la famille. En effet, il n’y a pas de droit de la famille européen. Il y a des règlements et des conventions et il y a la notion de « confiance mutuelle » abordée plus bas en détail. La confiance mutuelle se base sur le fait que les pays européens devraient avoir écrit leur droit de la famille en se basant sur des principes communs. Ils le devraient, mais ils ne sont pas obligés de le faire et surtout, on ne peut pas les condamner s’ils ne le font pas.
Autrement dit, toutes les décisions juridiques de tous les Etats devraient avant tout tenir compte de l’intérêt supérieur de l’enfant et donc aussi des droits de l’enfant inscrits dans l’article 24 de la Charte des droits fondamentaux de l'Union européenne. En cas de violation manifeste, voilà ce que la Commission européenne nous répond : « La Charte des droits fondamentaux de l'Union européenne, et en particulier son article 24 concernant les droits de l’enfant[1], ne s'applique pas dans chaque cas individuel de violation alléguée des droits fondamentaux. Conformément à l'article 51, paragraphe 1, de la Charte, celle-ci ne s'applique aux États membres que lorsqu'ils mettent en œuvre le droit de l'Union » (Martin Selmayr, à l’époque Chef du cabinet de la Commission pour la Justice et les droits fondamentaux)

[1] 
1. Les enfants ont droit à la protection et aux soins nécessaires à leur bien-être. Ils peuvent exprimer leur opinion librement. Celle-ci est prise en considération pour les sujets qui les concernent, en fonction de leur âge et de leur maturité. 2. Dans tous les actes relatifs aux enfants, qu'ils soient accomplis par des autorités publiques ou des institutions privées, l'intérêt supérieur de l'enfant doit être une considération primordiale. 3. Tout enfant a le droit d'entretenir régulièrement des relations personnelles et des contacts directs avec ses deux parents, sauf si cela est contraire à son intérêt.


Le principe de confiance mutuelle.
Il s’agit de la confiance que les juges d’un pays devraient avoir dans les juges d’un autre pays européen, évidemment par rapport aux décisions de justice. Si confiance il y a, un juge ne doit jamais penser devoir rejuger une décision étrangère et encore moins rejuger sur le fond. Les exemples du manque de confiance des juges allemands abondent. En rejugeant sur le fond, ils affirment qu’ils ont dû le faire parce que le bien-être de l’enfant le nécessitait. Comme le bien être d’un enfant qui a vécu peu de temps en Allemagne est d’y rester à jamais, les juges statueront que les conditions de vie de l’enfant auront changés par rapport à sa vie à l’époque de la décision étrangère et diront donc qu’ils sont « forcés » de rejuger, par exemple, pour modifier les visites et les contacts avec le parent étranger ou vivant à l’étranger. Après avoir ainsi respecté « la forme », ils rejugeront les décisions étrangères ou ne les appliqueront pas, mais en toute légalité allemande. Pour cette raison, les dénonciations par rapport au non-respect d’une décision étrangère n’aboutissent à rien à la CEDH ou dans tout autre tribunal.
Un exemple : la Cour d’Appel de Hamm nous fait savoir, avec un communiqué de presse concernant la décision du 15.09.2014, que « Un tribunal de la famille allemand peut modifier une décision étrangère concernant la garde ». La Cour d’Appel précise : «Un tribunal de la famille allemand est autorisé à modifier une décision étrangère concernant la garde si le bien-être de l'enfant l'exige. Cette décision a été rendue par la troisième section de la famille de la cour d'appel de Hamm par un arrêt rendu le 15.09.2014, confirmant ainsi le jugement rendu en première instance par le tribunal de la famille ». En principe donc, la décision d'un tribunal étranger peut être modifiée par un tribunal de la famille allemand, bien qu'elle remplisse toutes les conditions de reconnaissance, si cette modification est faite dans l'intérêt de l'enfant !











Encore un peu de terminologie pour mieux comprendre le problème que pose le droit allemand de la famille.
























Le Jugendamt
Dans toutes les procédures dans lesquelles un enfant est concerné, il y a un troisième parent qui apparait dans le dossier, le Jugendamt. Il n’est pas là pour mener une enquête sociale à la demande du juge, il est dans la procédure en tant que partie, exactement comme les deux parents. Dans les affaires binationales, le parent non allemand devra donc s’opposer au parent allemand et à un autre parent allemand bien plus puissant, l’administration de la jeunesse, le Jugendamt. En même temps le Jugendamt devra donner au juge une recommandation, (Empfehlung), qui correspond à ce que le juge devra statuer.
La Commission des Pétitions du Parlement européen a récemment demandé au Ministère allemand des statistiques concernant le nombre des décisions qui ne correspondent pas à la recommandation du Jugendamt. Le Ministère a refusé de donner cette information.
Dans ce cas aussi, il faut respecter la « forme » et donc faire croire que la décision correspond à l’intérêt supérieur de l’enfant. Pour cela d’autres intervenants apparaissent dans la procédure. A la différence du Jugendamt, ils sont nommés par le juge. Ils sont là pour aider le juge à donner l’apparence de légalité à la décision qui a été prise bien avant le début de la procédure.
Ces intervenants sont :

Le Verfahrensbeistand
L’expert psychologue 
Le Umgangspfleger ou bien le Jugendamt pour surveiller les visites.












Le Verfahrensbeistand.

Ce terme, qui signifie littéralement « assistant de la procédure », est faussement traduit par « avocat de l’enfant ». On ne doit pas penser que le Verfahrensbeistand est investi d’une charge comme celle du procureur. Le Verfahrensbeistand n’est pas forcément un avocat, il ne représente pas l’enfant au tribunal, n’est ni tuteur ni un curateur (ce qui correspondrait au Vormund). Le Ministère allemand l’a confirmé en répondant à la Commission des Pétitions du Parlement européen : « Le contrôleur de la procédure [Verfahrensbeistand] est chargé de déterminer l'intérêt supérieur de l'enfant et de le faire respecter dans les procédures judiciaires. Toutefois, cela ne fait pas de lui le représentant légal de l'enfant ». Les Droits de la famille des autres pays européen prévoient aussi l’intervention d’un représentant légal de l'enfant, le tuteur ou le curateur, mais seulement dans le cas où le tribunal a retiré aux parents leur responsabilité parentale, entièrement ou en partie. En faisant donc passer le Verfahrensbeistand pour l’avocat de l’enfant ou pour le tuteur, on est en train de faire croire aux juridictions étrangères que les parents sont des « parents à problèmes » qui ont perdu pour cela la responsabilité parentale sur leur enfant. Ce qui n’est presque jamais le cas.






Quand le juge allemand statue sur les droits parentaux, il les limite ou les retire généralement au parent non-allemand. Si les deux sont étrangers, celui qui est plus lié à l’Allemagne sera privilégié. Ce dernier est celui qui garantit que l’enfant restera sur le territoire allemand, qu’il sera éduqué à l’allemande et qu’il deviendra plus tard un contribuable allemand pour les caisses allemandes. Souvent, pour ne pas se tromper dans son choix du parent à favoriser ou à écarter, le juge décide que l’enfant d’origine non-allemande doit vivre dans une famille d’accueil ou dans un foyer, sous prétexte que les deux parents se disputent, alors que la dispute est provoquée par les intervenants dans la procédure, y compris les avocats des deux parties.

Evidemment le juge ne peut pas écrire une telle liste de motivations dans sa décision. Il devra démontrer que c’est exactement l’intérêt de l’enfant qui correspond à tout cela.
Pour le faire, il décidera de nommer un expert, un psychologue qui devra rédiger une expertise psychologique de la famille. Le choix de l’expert, qui souvent n’est même pas un psychologue, est à la discrétion du juge qui choisit en fonction du parent qu’il veut éloigner de l’enfant.
si le parent étranger est la mère, il choisira un psychologue qui a l’habitude de défendre les pères et faire passer les mères pour des manipulatrices ; si le parent étranger est le père, il choisira un psychologue qui a l’habitude de défendre les mères et qui expliquera que le père est un violent, ou que l’enfant (même si manipulé par la mère allemande) ne veut pas le voir. Dans ce cas il affirmera qu’il faut respecter la volonté de l’enfant.
Aucun autre psychologue ne peut participer à l’expertise, les tests auxquels les parents se sont soumis tout au long de l’expertise ne pourront pas être vus et on ne pourra pas en discuter. Bref, comme dans toute la procédure allemande, le principe du contradictoire est toujours absent.
En théorie, les parents ne sont pas tenus de se soumettre à une expertise qui de toute façon est toujours négative pour le parent non-allemand. Mais l’avocat du parent non-allemand menacera de ne plus le défendre s’il refuse ou bien l’accusera d’avoir « quelque chose à cacher ». Suite à l’expertise négative, il pourra prétendre son honoraire sans avoir vraiment défendu son client.
Les conclusions de l’expertise seront les motivations de la décision du juge, qui rendront la décision conforme au principe du bien-être de l’enfant, d’apparence légale.











Le Umgangspfleger 

Pour collecter d’autres éléments contre le parent non-allemand, le juge peut également nommer un Umgangspfleger, un contrôleur des visites. Celui-ci n’est pas là pour contrôler un parent qui pourrait avoir des comportements violents contre l’enfant, mais pour humilier et même criminaliser le parent non-allemand.
En même temps, en rendant les visites désagréables pour l’’’enfant, on pourra facilement l’amener à dire qu’il ne veut plus voir son parent non-allemand. On pourra alors affirmer qu’il faut respecter la volonté de l’enfant !
Ce contrôleur rédigera des comptes-rendus pour le juge. fondés sur ses impressions, voir sur ses préjugés, et non sur des preuves, surtout parce que le parent non-allemand n’a aucune possibilité de se défendre des accusations. C’est sa parole d’étranger contre celle d’un intervenant nommé par le juge !
La situation est encore plus difficile pour le parent non-allemand lorsque c’est le Jugendamt (ou l’un de ses freie Träger) qui prend en charge le contrôle des visites. Souvent plusieurs personnes sont présentes lors des visites et il y aura donc plus d’une voix qui s’élèvera pour critiquer le parent non-allemand. Dans l’impossibilité de se défendre, ce parent devra aussi payer pour être contrôlé.
C’est le cas du parent victime d’un enlèvement qui, s’il veut revoir son enfant tant que la procédure est en cours, doit se soumettre à ce genre de visite justifiées par le fait que … il pourrait enlever son enfant, surtout s’il a une décision de justice de son pays en sa faveur !












Enlèvements.
Les déplacements de l’Allemagne vers l’étranger sont toujours illicites. Les déplacements de l’étranger vers l’Allemagne sont soit légaux, soit le deviennent à posteriori, ou encore permettent à l’enfant de rester en Allemagne grâce à une médiation. Six mois après la médiation la juridiction allemande annulera toutes les promesses, les visites et les contacts avec le parent à l’étranger.





Les déplacements de l’Allemagne vers l’étranger sont toujours illicites parce que la juridiction allemande ne reconnait jamais de droits exclusifs à un parent non-allemand ou à un parent qui a des liens avec l’étranger. Dès lors, s’il part avec l’enfant, l’autre parent qui détient des droits conjoints pourra toujours demander le retour de l’enfant. S’il ne le fait pas, c’est le Jugendamt qui intervient et le pousse à le faire. Le droit de la famille qui reconnaissait la responsabilité parentale exclusive aux mères célibataires a été modifié pour cela. Non pas, comme on nous le raconte volontiers, pour protéger les droits des pères non mariés, mais pour empêcher les mères célibataires de quitter l’Allemagne. En effet, la jurisprudence nous confirme que le père étranger qui demande au juge la reconnaissance de la responsabilité parentale conjointe ne l’obtient jamais, par exemple parce qu’il n’y a pas de communication entre les parents, même si c’est la mère allemande qui refuse tout contact. Dans le cas inverse, pour le bien-être de l’enfant, la responsabilité conjointe est reconnue et si la mère étrangère ne favorise pas les contacts père-enfant, on lui retire l’enfant tout en l’accusant de l’avoir manipulé et donc d’être une mauvaise mère.
Les déplacements de l’étranger vers l’Allemagne sont licites ou le deviennent par la suite. Si les parents ne sont pas mariés et la mère allemande est rentrée en Allemagne avec l’enfant, on essaiera d’appliquer, frauduleusement, la Loi allemande qui donne à la mère les droits exclusifs sur l’enfant.
Alternativement, on croira sur parole les accusations de la mère (père menaçant, violent, alcoolique) et on la gardera avec l’enfant en Allemagne pour la protéger. Dans ces cas, le rôle du Jugendamt et du Verfahrensbeistand est très important : Tous deux reprendront les accusations de la mère en s’exprimant autrement (l’enfant a peur du père, il veut rester en Allemagne, il a beaucoup de nouveaux amis, dans le pays étranger les femmes ne sont pas protégées, etc.) et le père, plutôt que d’affirmer sa volonté de faire rapatrier l’enfant, pensera devoir se défendre des accusations de trois différents personnes. La procédure change ainsi de sujet, au détriment du parent étranger.

La conception et la définition différentes des droits parentaux entre l’Allemagne et les autre Pays européens et la difficulté des traductions, qui généralement faussent la signification juridique des mots, aident la partie allemande à rester en Allemagne en toute légalité malgré l’enlèvement.
Dans la plupart des cas on n’aboutit donc pas à une décision de rapatriement.
Dans les affaires qui pourraient tourner mal pour la partie allemande, par exemple un rapt dont les conditions ne laissent pas beaucoup de possibilité de détourner les règlements, la partie allemande propose une médiation. On abordera par la suite les pièges de la médiation.












Enfin, dans les affaires, très rares, dans lesquelles la procédure se termine par une décision de rapatriement, il est presque impossible de la faire exécuter.
D’abord la décision doit mentionner si elle peut être exécutée, dans combien de temps elle pourra l’être et si on pourra l’exécuter par la force. Généralement, le délai entre le prononcé de la décision et la date d'exécution suffit au parent allemand pour déposer au Greffe du Tribunal une communication d’intention de recours à la Cour d’Appel et la requête de suspension de l’exécution. Le parent allemand obtient tout de suite la décision de suspension de l’exécution et seulement plus tard, il présentera son recours. Si la Cour d’Appel confirme la décision de première instance, le parent allemand pourra gagner encore du temps en présentant à nouveau un recours à la haute Cour, dans les mêmes conditions qu’on vient de décrire. Lorsque cette Cour traitera l’affaire, des années auront passé et elle dira par arrêt qu’effectivement il y a eu enlèvement, que l’enfant aurait dû être rapatrié, mais qu’entre temps il a construit son centre d’intérêts en Allemagne et qu’un rapatriement lui causerait un traumatisme. Finalement l’enfant reste en Allemagne et des milliers et des milliers d’euros sont entrés dans les caisses allemandes, grâce aux procédures pour que le parent non-allemand continue à payer une pension alimentaire pour un enfant qu’il ne reverra plus. S’il veut le rencontrer, il doit engager une nouvelle procédure et dans la meilleure des hypothèses, il obtiendra des visites surveillées pendant peu de temps (le temps que les visites deviennent désagréables) parce que l’Etat allemand doit protéger cet enfant qui pourrait être …. enlevé.








La médiation.
Le Ministère de la Justice français écrit : « Dans un but d’apaisement des conflits familiaux, l’Autorité centrale offre la possibilité d’engager une médiation familiale internationale ». Et encore : « une mission d’aide à la médiation internationale pour les familles a été créée au sein du Ministère de la Justice, la Cellule de Médiation Familiale Internationale (CMFI) ».
Dans les faits, si l’enfant a été déplacé de l’Allemagne vers l’étranger, le parent allemand refusera la médiation et si il l’accepte, il le fera uniquement pour découvrir où se trouve l’enfant et le faire rapatrier par la force, tout en ignorant la médiation et les accords. Si par contre le déplacement a été illicite vers l’Allemagne, le parent allemand sera favorable à une médiation, pour le bien-être de l’enfant. Le parent étranger, qu’il accepte ou qu’il refuse, sera « bombardé » d’appels de Berlin, de l’Association MIKK e.V. (ou ZAnK). Il devra se rendre en Allemagne à ses frais, payer les médiateurs allemands, on lui promettra tout un tas de visites et de contacts avec son enfant, à condition qu’il accepte que son enfant reste définitivement en Allemagne. La médiation terminée, on fera valider les accords par le tribunal. La procédure de rapatriement sera close. Le déplacement illicite deviendra alors légal. Six mois plus tard le parent allemand saisira le tribunal pour faire annuler tous les accords, limiter les contacts entre l’enfant et son autre parent, jusqu’à le faire disparaitre de sa vie, sous prétextes que les conditions de vie de l’enfant auront changé, qu’il aura des difficultés à l’école à cause de l’autre langue, qu’il ne devrait parler qu’allemand, qu’il devra s’engager à fond et qu’il n’aura donc plus de temps à dédier aux visites et aux voyages. Le parent étranger aura alors perdu son enfant.









Compétence des tribunaux.
En Allemagne les tribunaux compétents pour les enlèvements et les retours sont au nombre de 22. Si on ne saisit pas le bon tribunal, on risque de se retrouver dans une procédure sur la garde, parce que les juges allemands ne refusent jamais de décider sur la garde d’un enfant. Si on s’est donc adressé au tribunal local, qui n’est pas compétent pour les enlèvements et les rapatriements, celui-ci ne refusera pas de s’occuper de l’affaire et il ouvrira une procédure sur la garde. Dans la procédure sur la garde en Allemagne, le parent étranger, ou qui réside à l’étranger, est perdant par définition. L’avocat allemand du parent étranger fait trop souvent cette erreur.











Code civil § 1626 Soins parentaux, principes
(1) Les parents ont le devoir et le droit de s'occuper de l'enfant (elterliche Sorge). Les soins parentaux comprennent le soin de la personne (Personensorge) et le soin du patrimoine de l'enfant (Vermögenssorge).
BGB § 1626 Elterliche Sorge, Grundsätze
(1) Die Eltern haben die Pflicht und das Recht, für das minderjährige Kind zu sorgen (elterliche Sorge). Die elterliche Sorge umfasst die Sorge für die Person des Kindes (Personensorge) und das Vermögen des Kindes (Vermögenssorge).










Comme on le constate, on ne parle pas en Allemagne de Sorgerecht, c’est-à-dire ce que nous appelons chez nous, le droit de garde. Le droit de garde n’est mentionné nulle part dans les codes allemands, mais évoqué dans les décisions. Cela provoque une énième confusion dans les traductions et la possibilité de tout manipuler.
De plus, le soin de la personne et le soin du patrimoine sont divisées à leurs tours en sous-catégories (le droit de choisir le lieu du séjour, celui lié au choix de l'école et de l'éducation, le droit de décider des soins de santé, ainsi que le droit de choisir quel sera le nom de famille de l'enfant, le droit de demander les allocations familiales et en général les aides sociales, etc.).
En conséquence, les parents qui par exemple ne soumettent pas leurs enfants à des examens pédiatriques réguliers comme le requiert la loi allemande, risquent de se voir soustraire une partie de leurs « soins » sur leurs enfants : celle concernant le soin de santé (Gesundheitsfürsorge).
De même, les parents qui ne suivent pas activement leurs enfants dans leurs parcours scolaires ou qui seraient incapables de le faire parce que, bien que vivant en Allemagne, ils ne maîtrisent pas la langue, risquent de se voir retirer la partie du soin qui concerne leur éducation (Schulangelegenheiten). 








Cette façon allemande de concevoir et appliquer la loi concernant les droits et les devoirs des parents transforme le « droit » en « soin » et ne définit pas le droit de garde (le « Sorgerecht » n’est pas présent dans les codes allemands). La confusion juridique, déjà présente au niveau des traductions, est donc programmée, surtout dans les affaires d’enlèvement ou de litispendance.
Un exemple : la mère allemande non mariée vit en France, se sépare du père de l’enfant, le juge français attribue la garde conjointe aux deux parents, dit que l’enfant vit chez la mère qui (réside en France) et établit un calendrier de visites et contacts père-enfant. Quelque temps plus tard la mère disparait et on la retrouve en Allemagne. On sait qu’elle est en Allemagne car dès son arrivée elle a probablement ouvert une « Beistandschaft », c’est-à-dire que le père recevra du Jugendamt (ou du Job Center ou d’autres administrations semblables) une lettre menaçante qui lui impose d’abord de payer une pension alimentaire, qui l’accuse de ne pas s’occuper de son enfant et qui lui donne un très court délai pour envoyer au Jugendamt copie de ses revenus, de sa déclaration d’impôt et de tous ses avoir. Tout cela est généralement écrit en allemand, sans traduction, en violation des règlements européens. De plus, tout cela arrive quand le pauvre parent non-allemand essaie de comprendre comment faire rapatrier son enfant. Sans mentionner toutes les étapes à suivre pour demander le rapatriement, abordons directement l’audience en Allemagne pour décider sur ce point. La partie allemande dira, si les parents n’étaient pas mariés, qu’elle détient la garde exclusive. Elle essayera donc d’appliquer le droit de famille allemand dans une affaire où il faut sans aucun doute appliquer le droit français. Ensuite elle argumentera de la manière suivante : comme l’enfant vivait chez la mère par décision de justice, cela signifie qu’elle détient le « Aufenthaltbestimmungsrecht » de manière exclusive et qu’elle donc peut se déplacer où elle veut. Pire, elle argumentera que, même si elle n’aurait pas dû partir et qu’il s’agit effectivement d’un enlèvement, la Convention de la Haye et le RE Bruxelles IIbis empêchent de rapatrier l’enfant. En effet, cet enfant vivait avec sa mère en France. Maintenant on ne peut pas imposer à une personne adulte d’aller vivre dans l’un ou dans l’autre pays et la mère veut rester en Allemagne. Si l’enfant devait rentrer en France, il irait vivre chez son père et donc le principe, selon lequel le rapatriement doit rétablir les conditions de vie de l’enfant précédentes au déplacement, n’est pas respecté. Il vaut mieux, selon les tribunaux allemands, laisser l’enfant chez la mère en Allemagne et réorganiser les visites pour le père qui vit en France. Ceci est seulement un petit exemple du détournement des Conventions et des Règlement mis en place par le système allemand.











Code civil § 1627 Exercice des soins parentaux
Les parents exercent les soins parentaux sous leur propre responsabilité et d'un commun accord pour le bien de l'enfant. En cas de désaccord, ils doivent tenter de parvenir à un accord.
§ 1627 Ausübung der elterlichen Sorge
Die Eltern haben die elterliche Sorge in eigener Verantwortung und in gegenseitigem Einvernehmen zum Wohl des Kindes auszuüben. Bei Meinungsverschiedenheiten müssen sie versuchen, sich zu einigen.






Code Social (SGB X) § 25 Accès au dossier par les parties
(1) L'Autorité permet aux parties d'examiner les dossiers [du Jugendamt] concernant la procédure, dans la mesure où leur connaissance est nécessaire pour faire valoir ou défendre leurs intérêts juridiques. La première phrase ne s'applique pas aux projets de décision [=ébauche de la recommandation du Jugendamt que le juge devra suivre !] et aux travaux préparatoires jusqu'à la conclusion de la procédure administrative [celle du Jugendamt, qui peut continuer après la décision du juge]. [omissis]
(3) L'autorité n'est pas tenue d'autoriser l’accès au dossier si la procédure doit rester secrète en raison des intérêts légitimes des parties [par ex. l’enfant] concernées ou des tiers.
SGB Buch 10 § 25 Akteneinsicht durch Beteiligte
(1) Die Behörde hat den Beteiligten Einsicht in die das Verfahren betreffenden Akten zu gestatten, soweit deren Kenntnis zur Geltendmachung oder Verteidigung ihrer rechtlichen Interessen erforderlich ist. Satz 1 gilt bis zum Abschluss des Verwaltungsverfahrens nicht für Entwürfe zu Entscheidungen sowie die Arbeiten zu ihrer unmittelbaren Vorbereitung. [omissis]
(3) Die Behörde ist zur Gestattung der Akteneinsicht nicht verpflichtet, soweit die Vorgänge wegen der berechtigten Interessen der Beteiligten oder dritter Personen geheim gehalten werden müssen.




















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